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Fra queste pagine sono raccolti consigli, ricette, riti semplici e naturali dedicati al femminile, e speciali ricerche e racconti sull'antica Via delle Donne.

 

I Meli di Avalon




Compendio nato dagli studi del cerchio I Meli di Avalon, dedicato alla Tradizione Avaloniana e a miti, leggende, e fiabe celtiche legate alla simbologia di Avalon.

 

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Il Libro del Mese




Per virtù d'erbe e d'incanti
di Erika Maderna

 

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Il Tempio della Ninfa

Viviana, la Damigella della Soglia
Venerdì, 12 Luglio 2013 - 04:48 - 16401 Letture
Avalon Nell’assenza di vento che annuncia la tempesta, nelle selve selvagge di Broceliande, alla base di una quercia secolare immensa e cava, Vivien giace ai piedi di Merlin, risoluta ad apprendere un incantesimo da eseguire con passi intrecciati e ondeggiare di braccia per chiudere un uomo fra le quattro pareti di una torre vuota. Là egli giacerà come morto, perduto alla vita e all’utilità, al nome e alla fama, senza mai poter fuggire, senza mai più poter essere trovato da nessuno e senza mai più poter vedere altri che l’artefice dell’incanto, libera di andare e di venire a suo piacimento. Da quando Merlin medesimo le ha rivelato l’esistenza di tale incantesimo, Vivien desidera gettarlo proprio su di lui per ricavarne una gloria tanto grande quanto è grande il prestigio del vecchio saggio.


Tuttavia questa terribile, spaventosa alterazione non è del tutto riuscita, perché il mito è stato tramandato da un racconto antecedente e poi compreso correttamente in epoca moderna. Infatti la Suite du Roman de Merlin riprende e deforma Lestoire de Merlin (circa 1215-1235), la quale si distingue da tutte le altre versioni perché senza dubbio riflette la narrazione più antica.

Nella Foresta di Briosque, presso una sorgente che alimentava un lago limpido e bellissimo, con la sponda di sabbia tanto sfavillante da sembrare finissimo argento, Merlin vide un giorno una fanciulla di dodici anni. Era nata là, perché tutta la foresta, molto dilettevole, buona per la caccia e abbondante di cervi, apparteneva a suo padre, Dyonas, e viveva in un castello bello e ricco alla base di una montagna rotonda al margine della foresta medesima. Era molto bella, sapeva leggere e scrivere e conosceva le sette arti. Il suo nome era Viviane. La madrina di suo padre, Diana, aveva predetto che l’uomo più saggio ed erudito del mondo le avrebbe insegnato gran parte di ciò che sapeva, come pure tutto ciò che lei stessa avrebbe voluto mediante il potere della negromanzia, il quale le avrebbe permesso di imporre persino a lui la propria volontà.

Presso la sorgente, Merlin mostrò alla fanciulla molte delle cose che sapeva fare. Fra l’altro evocò un giardino meraviglioso, la cui illusione perdurò finché lei gentilmente lo intrattenne, e così fu chiamato Rifugio per la Gioia e per la Felicità. Incantata dalle sue capacità, Viviane promise a Merlin amore e amicizia in cambio delle sue conoscenze. Egli le chiese di giurare che il suo amore e lei stessa sarebbero stati suoi, per fare tutto ciò che lui stesso avesse voluto quando avesse voluto. A sua volta ella gli chiese di giurare d’insegnarle tutto ciò che lei stessa gli avrebbe chiesto, affinché potesse imparare a farlo. Allora lui le insegnò a far comparire un fiume ovunque volesse, tale da permanere finché lei avesse voluto, e lei scrisse ogni cosa. Poi per quel giorno Merlin la lasciò. In seguito si incontrarono più volte e lui continuò a insegnarle ciò che sapeva, e lei, che lo amava profondamente e voleva averlo sempre e soltanto tutto per sé, ogni volta ancora apprese e scrisse ogni cosa.

In seguito Merlin si congedò da re Arthur, e lasciandolo sgomento «partì senz’altro dire, piangendo, e viaggiò finché giunse da Blaise, suo maestro, il quale fu molto felice del suo arrivo e gli domandò che cosa avesse fatto da quando lo aveva lasciato. Allora Merlin gli narrò parola per parola, nel loro ordine, tutte le cose accadute a re Arthur in quel frattempo. […] E quando Merlin gli ebbe detto e raccontato tutte queste cose, Blaise le mise per iscritto, l’una dopo l’altra, nel loro ordine, e per questo le sappiamo ancora. Poi Merlin partì, e disse che era per l’ultima volta, perché in seguito avrebbe sempre soggiornato con la sua amica. […] E con un breve viaggio giunse presso la sua amica, la quale ne fu molto felice, come lo fu anche lui, e così dimorarono insieme per gran parte del tempo.» In seguito Merlin le insegnò e le spiegò tutto ciò che sapeva, «e la damigella mise per iscritto tutto ciò che lui le disse. E quando lui le ebbe spiegato tutte queste cose, la damigella ne ebbe grandissima gioia e l’amò ancora di più, e si mostrò con lui molto più affettuosa del solito. Poi soggiornarono insieme per lungo tempo, e così arrivò un giorno in cui, passeggiando mano nella mano nella foresta di Broceliande, trovarono un bell’albero, verde e alto, un biancospino tutto carico di fiori, e sedettero alla sua ombra e Merlin posò il capo in grembo alla damigella, e lei incominciò ad accarezzarlo sino a quando si addormentò. E quando sentì che lui dormiva, la damigella si alzò piano piano, e fece un cerchio con il suo soggolo tutt’intorno all’albero e tutt’intorno a Merlin. Così incominciò i suoi incantesimi e poi sedette di nuovo accanto a lui e si pose in grembo la sua testa e la tenne così fino a quando lui si destò. E lui guardò attorno ed ebbe l’impressione di trovarsi nella torre più bella del mondo, e si trovò coricato nel letto più bello in cui avesse mai giaciuto. Allora disse alla damigella: “Dama, mi avete ingannato se non dimorerete con me, perché nessuno all’infuori di voi ha il potere di disfare tutto ciò”. E lei gli disse: “Caro e bell’amico, io vi sarò sovente, e voi mi terrete fra le vostre braccia, e io voi. Così farete allora e per sempre tutto ciò che è vostro piacere”. E lei lo rese molto felice, perché pochi furono i giorni e le notti in cui non fu con lui, né poi Merlin uscì mai da quella fortezza in cui la sua amica lo aveva messo, mentre lei ne usciva e ne entrava quando voleva. Così il racconto tace in questo luogo di Merlin e della sua amica» (4).

Nella sua riscrittura, Malory rivela una cosa importante, taciuta ovviamente dalla Suite, intenzionata a umanizzare del tutto Niviene, e non esplicitata da Lestoire, perché in essa tutto lo lascia intendere. L’amica di Merlino è una damigella del Lago, una delle damigelle della Dama del Lago. La Dama del Lago è una Donna Soprannaturale che insieme a numerose damigelle dimora nelle profondità di un lago, cioè nell’Oltremondo, a cui si può accedere sia attraverso le colline, sia navigando sino alle isole più remote, sia immergendosi nelle profondità delle acque. L’Oltremondo è sempre in profondità, anche dentro di noi.

La Dama del Lago rapisce Lancelot ancora neonato, lo conduce nella sua dimora in fondo al lago, e là, in quelle profondità, nell’Oltremondo, insieme alle sue damigelle, lo alleva, lo istruisce, lo addestra, e infine gli consegna le armi, come altre Donne Soprannaturali negli antichi miti celtici. Quando lo conduce alla corte di Arthur, è tutta abbigliata di sciamito bianco, come lo sono le sue damigelle e tutto il suo corteo, e porta un soggolo. Il bianco è il colore delle Donne Soprannaturali, in particolare di coloro che sono chiamate Dame Bianche, le quali dimorano sia nelle profondità dei laghi, sia nelle colline, come la Collina delle Dame Bianche in Irlanda. Il bianco e il soggolo sono loro caratteristiche dal profondo significato simbolico. Le Dame Bianche e i loro stuoli di damigelle vivono insieme e si somigliano tutte, come Caer ib Ormaith, figlia di Ethal Anbual di Side Uaman, e le sue centocinquanta damigelle, ciascuna adorna di una collana d’argento e di una catena d’oro brunito, unite a coppie da una catena d’argento, e tutte capaci di assumere forma di cigno. Inoltre Caer è capace di trasformare anche il proprio amato visitato in sogno per amarlo in forma di cigno. Sorelle che dimoravano in un’isola in cui si riunivano compagnie di donne, Fand e Liban erano simili fra loro e accompagnate a stormo dalle loro damigelle, le quali, come loro, assumevano forma di bellissimi uccelli. Il loro canto addormentava i guerrieri quando passavano in volo, unite da una catena di oro rosso, prima di scomparire nelle profondità di un lago. Unite e simili erano le Donne Soprannaturali del Side di Boinn, «cinquanta donne, tutte simili in età, in aspetto e in bellezza, in dolcezza e in leggiadria del volto, in portamento, in simmetria e in statura, tutte ugualmente avvolte nelle vesti delle donne soprannaturali, talché non vi era modo di distinguerle l’una dall’altra, e nessuna appariva diversa, nessuna superava le altre» (5).

Nella foresta in cui è nata e in cui dimora, Viviane vive fra le acque, il lago, il fiume, la fontana che frequenta, le acque sacre della Dama del Lago e delle Dame Bianche. Porta il soggolo, è istruita, è una damigella della Dama del Lago, una damigella del Lago simile a tutte le altre, dunque è una Damigella Bianca, una Fanciulla Soprannaturale. Spesso, negli antichi miti celtici, le Donne Soprannaturali conducono i loro prescelti nell’Oltremondo, per vivere insieme a loro nei luoghi più belli e nella beatitudine fuori del tempo. Spesso li incontrano e li guidano in sogno, entrando nei loro sogni, oppure addormentandoli con musica fatata, canti magici, mele incantate, e durante il sonno, in sogno, li conducono oltre il mare, alle Isole delle Donne e delle Mele, o nelle profondità dei laghi, o nelle profondità delle colline. Così, Viviane conduce Merlino a un Biancospino, confine con l’Oltremondo, albero delle Donne Soprannaturali che possono essere chiamate Dame del Rovo.

Là, sotto il Biancospino, Viviane addormenta Merlino con le proprie carezze, forse con la propria voce, in un canto sussurrato, e quando Merlino è sprofondato nel sonno, traccia con il proprio soggolo, attributo delle Dame Bianche, un cerchio, che forse è una porta oltremondana, oppure un confine al confine del Biancospino, una soglia che in sonno e in sogno può essere varcata, perché l’Oltremondo è sempre contiguo al Mondo, come il sogno è contiguo alla veglia. Nel sonno, Merlino senza dubbio sogna, e sognando varca la soglia, giunge in un Oltremondo in cui, come in sogno, il tempo scorre diversamente, o meglio non esiste, perché è un mondo fuori del tempo. Nel sogno si desta, vede di essere in una torre, e senza dubbio comprende di trovarsi fuori del tempo, perché negli antichi miti celtici la torre è immagine dell’Oltremondo, a cui soltanto una Donna Soprannaturale può condurre, perché l’Oltremondo è la Terra delle Donne, la Terra delle Donne Che Vivono in Eterno.

Forse Merlino continua a dormire e a sognare, forse è passato in questo mondo dal sonno alla morte, continuando a vivere nell’Oltremondo, forse Viviane lo ha trasformato in un uccello e lo tiene in una gabbia che porta sempre con sé. Comunque non è più tornato nel mondo e dimora ancora nell’Oltremondo, e Viviane, Donna Soprannaturale che può varcare le soglie fra i mondi, fra il tempo e l’assenza di tempo, si reca spesso da lui a condividere la beatitudine oltremondana, come ha ben compreso il grande poeta Algernon Charles Swinburne. Dopo l’ingiuriosa alterazione operata da Tennyson con Vivien, Swinburne ha inteso mostrare la Donna Soprannaturale nella sua verità, e con i versi che seguono, tratti dal poema Tristram of Lyonesse, ne ha cantato il mito per permettere a noi, oggi, di riscoprirlo e di comprenderlo nella sua fulgida e risanante verità.

Il poema narra che alla Gioiosa Guardia, gloriosa torre fra il mare selvaggio e le vaste terre selvagge, l’amore guidava e placava Essylt e Drystan, i quali traevano vita come vita divina da ogni vento che soffiava, e riposavano, e trionfavano. Giorno dopo giorno le brughiere possenti e le grigie mura del mare, le fosche e fulgide acque verdi, il cui frangersi cantava un canto alle rocce e ai fiori e agli uccelli in volo, vedevano la gioia e la gloria di cui gli amanti godevano, e come il mondo intero li rendeva felici, e come il loro grande amore si fondeva a tutte le cose grandi, perché la vita è bella e al tempo stesso possente come il fato. E un giorno, nel conversare, Drystan ricordò a Essylt il loro primo bacio, dopo che le loro labbra avevano bevuto la bevanda composta e versata dalle mani fosche del Fato e dell’Amore affinché nessun potere li potesse separare, l’uno e l’altro con una sola volontà, unica come sono per tutti un unico destino la morte stessa e la vita, e come nessuno che guardi il sole può non vedere l’oscurità. Allora Essylt gli rispose con una domanda.

«Ah, dunque», ella disse, «quale parola si ode fra gli uomini
Di Merlino, in qual modo uno strano, temibile destino
È stato gettato di recente su di lui oltremare,
Dolce traditore, nella tua nuziale Bretagna?
Non è forse sigillata dal sonno la sua vita,
Per la stregoneria di lui stesso e dell’amore,
Sino a quando la terra sarà fuoco e ceneri?»
«Senza dubbio», disse l’amante
Di lei, «non come chi sia vivo o morto
Il grande mago buono, beneamato e benevolmente
Predestinato dal cielo che scaccia l’inferno
A guiderdone assai più dolce del fato di tutti gli uomini,
Unico dispensato fra tutti i predestinati,
Coglie il suo strano riposo nel cuore della terra del sonno,
Più profondamente addormentato nella verde Broceliande
Dei dormienti naufragati nel morbido mare verde
Sotto il peso dei flutti vaganti; eppure lui
Quale quei tetti d’acqua, alta sulla sua testa,
Ha sempre tutta la folta vastità dell’estate
O tutto il gemere dell’inverno; oppure le dolci
Tardive foglie tinte di rosso dai passi ardenti dell’autunno,
Oppure appassite dal piangere di lui, pioggia
Intorno al veggente, e non vede, né può ascoltare o udire
La testimonianza dell’inverno: però in primavera
Ode sopra di sé tutti i venti alati in volo
Attraverso l’alba azzurra fra le fulgide fronde
E sugli occhi chiusi e sulla fronte sommersa dal sonno
Sente nell’aria il mutamento avvolgente e il sole rinvigorito,
E sente l’anima che era la sua anima unita
A quella del mondo ardente, e nello spirito della terra
Il suo spirito di vita rinato a nascita più possente
E fuso a cose di vita più antica della nostra;
Con versi di uccelli, e fiammeggianti lampade di fiori,
E voli e canti di venti, e fruttifera luce
Di raggi solari, e il remoto vago respiro della notte,
E flutti e boschi al mattino: e in tutto, morbido
Quale a mezzogiorno il lento fluire e rifluire del mare,
Ode in ispirito un canto che nessuno se non lui
Ode dalla mistica bocca di Nimue,
Effuso come una consacrazione; e il suo cuore,
Nell’udire, è reso in forza dell’amore parte
Di quel remoto cantare, e la sua vita parte
Di quella vita che nutre il mondo con amore:
Sì, il cuore al cuore è fuso, quello di lei e quello di lui,
Nel cuore del mondo e nell’anima, oltre senso
O visione; e il loro respiro che sommuove
Le tenere fonti della vita senza morte e della morte,
Morte che reca la vita, e mutamento che reca il seme
Della vita alla morte e la morte alla vita, in verità,
Come il sangue che scorre di nuovo nelle vene insondate della terra e del cielo con tutte le loro gioie e le loro sofferenze.
Ah, che anche noi, quando l’amore non riderà più né più piangerà,
Anche noi si possa udire quel canto e dormire!» (6)



Note:

1. Malory, Le Morte Darthur, pp. 78, 79; Malory, Works, pp. 76, 77. Sono qui riprodotti fol. 45r e fol. 45v del Winchester MS, a cui corrisponde il Capitolo I del Libro IV dell’Edizione Caxton.

2. La Suite du Roman de Merlin, pp. 313, 315-320, 327-334, 379-388.

3. Jesi, Il simbolismo dell’impiccagione, p. 197.

4. Lestoire de Merlin, pp. 451-452.

5. Tain Bo Fraich, pp. 43-46.

6. Tristram of Lyonesse, pp. 97-99.



Fonti

Ancient Irish Tales, a cura di Tom Pete Cross e Clark Harris Slover, New York, Henry Holt and Company, 1936.

Jesi, Furio, Il simbolismo dell’impiccagione, in Comunità, Anno XXVI, n. 167, Settembre 1972, pp. 195-207.

La Suite du Roman de Merlin, edizione critica di Gilles Roussineau, Geneve, Droz, 2006.

Le Livre de Lancelot del Lac (Part I) , a cura di H. Oskar Sommer, The Vulgate Version of the Arthurian Romances, Vol. II, Washington, The Carnegie Institution of Washington, 1910.

Lestoire de Merlin, a cura di H. Oskar Sommer, The Vulgate Version of the Arthurian Romances, Vol. II, Washington, The Carnegie Institution of Washington, 1908.

Malory, Works, a cura di Eugene Vinaver, Oxford, Oxford University Press, 1991.

Malory, Sir Thomas, Le Morte Darthur, a cura di Stephen H. A. Shepherd, New York and London, W.W. Norton & Company, 2004.

Swinburne, Algernon Charles, Tristram of Lyonesse, London, William Heinemann, 1917.

Tain Bo Fraich, in Heroic Romances of Ireland, a cura di A. H. Lehay, 2 voll., London, David Nutt, 1905, Vol. II, pp. 1-68.

Tennyson, Lord Alfred, Merlin and Vivien, in Poems of Tennyson, 1830-1870, London-NewYork-Toronto, Geoffrey Cumberlege/Oxford University Press, 1946, pp. 589-610.

Immagine: Viviane and Merlin, di Eleanor Fortescue-Brickdale


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Viviana, la Damigella della Soglia | Login/crea un profilo | 3 Commenti
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Re: Viviana, la Damigella della Soglia (Punti: 1)
da mausci 12 Lug 2013 - 20:00
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che meraviglia Alessandro..spettacolo..

Re: Viviana, la Damigella della Soglia (Punti: 1)
da Danae 22 Ago 2013 - 00:03
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Da quando lessi il ciclo di Avalon della Bradley mi sono sempre interrogata sulla vera natura dell'amore fra Viviana e Merlino. Tra le righe si intuiva qualcosa, ma veramente poco! E soprattutto niente di così storico e accurato. E' un capolavoro Ale, complimenti davvero! Hai reso in maniera limpida tutto ciò che poteva essere spolverato.
E Viviana rifulge come non mai!
Per queste profonde ricerche... grazie! :))

Re: Viviana, la Damigella della Soglia (Punti: 1)
da Iulianus 31 Ago 2013 - 14:20
(Info utente | Invia il messaggio)
Bell'articolo, complimenti.



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