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Pruno Selvatico
Lunedì, 01 Ottobre 2007 - 21:51 - 11079 Letture
Erbario PRUNO SELVATICO
(Prunus spinosa)

Antico inglese: blace thyrne; Antico alto tedesco: sleha (bluastro), sleva; Bretone: irinenn; Gallese: draenen ddu; Gaelico scozzese: droigheann; Gaelico: draighean; Antico irlandese: straiph.




Riconoscimento e proprietà terapeutiche

Il pruno selvatico, o prugnolo, è un arbusto appartenente alla famiglia delle Rosacee che vive circa 60 o 70 anni, superando raramente i quattro metri d’altezza. Si sviluppa sia in luce che in ombra e non richiede terreni particolari o ampi spazi per crescere e ampliarsi.
I suoi rami, di un colore bruno e lucido, sono contorti e intricati e presentano delle lunghe spine sottili e molto appuntite, mentre i fiori, che compaiono in primavera, molto prima delle foglioline, hanno cinque petali bianchi punteggiati di rosa e un dolcissimo profumo di miele.
Le foglie sono piccole e ovali, seghettate ai bordi e di un bel verde scuro, e i frutti, le prugnole, sono tonde e inizialmente verdi, per poi maturare sino a raggiungere una colorazione blu-viola tendente al nero. Queste ultime maturano in autunno e, nonostante siano commestibili, hanno un sapore talmente amaro e acido da rendere un’impresa quasi impossibile la loro consumazione (a differenza dei frutti delle altre specie di prunus non selvatiche, tra cui albicocchi, pruni, ciliegi e peschi), a meno di cuocerle e dolcificarle accuratamente.
Il pruno selvatico è in grado di formare intricati boschetti che per il fitto aggrovigliamento dei rami e delle spine risultano impenetrabili a chiunque. Solo piccoli animali e uccelli riescono ad entrare nei piccoli passaggi e, una volta arrivati in punti ben nascosti, costruiscono le loro tane e i loro nidi, in cui vivono perennemente indisturbati e protetti, perché nulla di minaccioso può raggiungerli.

La proprietà di questa pianta sono soprattutto astringenti e depurative per il sangue. Stimolano l’intero metabolismo e aiutano sia in caso di diarrea che di stitichezza.
I fiori sono lassativi, se assunti in infusione, e purificanti per il sangue; i frutti, invece, sono molto astringenti. Curano i malanni, come la febbre, il raffreddore, il catarro e il mal di gola, e alleviano le infiammazioni della bocca. La polpa spalmata sul viso ha effetto astringente, è quindi ottima per le pelli molto grasse o in caso di infiammazioni (allergie, herpes, eczema).
Le foglie sono utili contro la leucorrea, ma vanno scrupolosamente rispettate le dosi.

È consigliabile cogliere le prugnole dopo le prime gelate alla fine dell’autunno, perché in questo modo saranno meno aspre e amare. Esse sono ottime in succhi, sciroppi o marmellate, ricordandosi però di dolcificarle molto.


Ricette curative
(Rispettare sempre le dosi e, in caso di allergie, consultare il medico)

Infuso di prugnolo contro l’acne: versare un litro d’acqua bollente su 50 g di fiori di pruno selvatico, lasciando in infusione per 10 minuti. Consumare due tazze al giorno, una al mattino a digiuno e una alla sera prima di coricarsi.

Cura purificante con il prugnolo: porre in infusione 20 g di fiori essiccati di pruno selvatico in un litro d’acqua bollente, lasciando riposare per 5 minuti. Bere due tazze al giorno, una al mattino a digiuno e una alla sera, per circa tre settimane.

Infuso di prugnolo contro la leucorrea: in un litro d’acqua bollente lasciare in infusione 10 g di foglie essiccate di pruno selvatico per 15 minuti. Usare l’infuso per fare lavaggi alle parti intime.

Infuso di prugnolo contro il mal di gola: porre 20 g di prugnole in un litro d’acqua bollente, lasciando in infusione per 15 minuti. Filtrare bene e fare dei gargarismi più volte al giorno.


Miti, tradizioni e usi magici

Coronato di delicati fiori bianchi, cinto di lucide e pungenti spine nere, il pruno selvatico racchiude in sé due diverse nature, amabilmente intrecciate tra loro in un unico, intricato disegno.
Luminosità e oscurità, gioia e dolore, vita e morte, si congiungono e si aggrovigliano strettamente fra loro in una perfetta armonia di opposti, un’intima unione che gli antichi amavano scrutare nella penombra dei boschi, e che saggiamente consideravano una raffigurazione della completezza dell’Essere.
Ciò che essi vedevano, era probabilmente la verità celata oltre l’apparenza delle forme, una verità che i predicatori cristiani, giunti in un Tempo di profondo mutamento, non conoscevano, e pertanto consideravano diabolica.
Questo è probabilmente uno dei motivi per cui il pruno selvatico è ricordato soprattutto per i suoi aspetti oscuri, che ne facevano un albero caro alle streghe, ambiguo e pericoloso.
Il colore scuro dei suoi frutti, il loro gusto aspro e amaro, insieme all’oscurità impenetrabile e aggrovigliata dei suoi rami, lo rendevano un arbusto inquietante e minaccioso, simile ad una creatura delle tenebre, contorta e scheletrica, che catturava i malcapitati che le si avvicinavano troppo trascinandoli nel buio ignoto dei suoi recessi spinosi.
Si credeva che le streghe usassero le sue lunghe spine per trafiggere feticci e bamboline di cera, causando dolore, malattia e, in certi casi, morte alle vittime prescelte. Il Diavolo in persona aveva insegnato loro questa pratica malefica, dopo averle a sua volta trafitte con le stesse spine. Durante i processi dell’Inquisizione, infatti, si ricercavano piccole punture o particolari nèi che rivelassero il marchio diabolico e la vera natura dell’imputato, ovvero la sua appartenenza ai terribili cortei demoniaci; ovviamente senza considerare il fatto che fosse più che normale che la pelle ne avesse per natura, e che quindi chiunque poteva possederne di simili, inquisitori compresi.
Tra gli slavi, invece, si credeva che le spine servissero per difendersi dagli stessi esseri maligni accennati poco sopra, ovvero da streghe, diavoli e spiriti malevoli, e che quindi ne tenessero lontane anche le pericolose influenze e la crudele magia.
Ciò che traspare da queste credenze, è comunque una piccola parte, seppur alterata, della vera natura del prugnolo. Esso comprende sia l’attacco che la difesa, sia l’arma affilata che la barriera protettiva.
È Guerriero verso ciò che giunge dall’esterno e Custode del luogo nascosto, profondamente, all’interno.

In Oriente, a differenza dei paesi occidentali in cui il cristianesimo affondò prepotentemente le sue radici, il pruno selvatico rimase un albero molto amato, mentre in Estremo Oriente rappresentava il sopraggiungere della primavera, dopo il pungente freddo dell’inverno. Esso simbolizzava quindi la Rinascita dopo la Morte, la Giovinezza che colorava gli animi nonostante la vecchiaia dell’aspetto esteriore, e i suoi fiori erano spirito di purezza e innocenza.

Nonostante le cupe credenze cristiane che circondavano il prugnolo, coloro che ancora riuscivano a comprendere e a vivere la magia insita nella Natura, ritrovavano in esso insegnamenti antichi quanto la stessa esistenza, e potevano accedervi con la sottile naturalezza dell’intuito, che mutava le trasfigurate percezioni in messaggi profondi, limpidi.
Esso rappresenta il Guardiano dei Confini, oltre i quali non è possibile accedere. Il suo impenetrabile e pungente groviglio ci insegna a rispettarli, ma al contempo suggerisce l’esistenza di un unico modo per attraversarli.
Ciò che è richiesto è molto coraggio e resistenza d’animo, perché solo con queste doti si potrà raggiungere il cuore nascosto del nostro bosco interiore.
Per oltrepassare la barriera di spine, infatti, occorre ferirsi, sanguinare, sacrificarsi completamente annullando la superficiale percezione del dolore e andando oltre di essa, guidati dai candidi bagliori dei fiori, che illuminano dolcemente l’oscurità.
E una volta giunti al magico Centro, in cui tutti i segreti più nascosti sono rivelati, lo spirito del pruno ci avvolge e ci trasforma, penetra il nostro essere e muta la nostra forma, donandoci la propria.
Accogliendo lo spirito del pruno impariamo ad alimentare la duplice natura, a coltivare i bianchi fiori, la sublime purezza dell’intima Essenza, senza dimenticare di affilare le oscure spine dell’attacco e della protezione.
Perché ciò che è sacro va difeso, e il magico Centro, in cui i melodiosi canti degli uccelli rapiscono i sensi e la pura naturalezza degli animali selvatici rimane inviolata, va custodito e vegliato costantemente, come un prezioso e lucente tesoro.


Piccole magie con il pruno selvatico



Fonti

Lo spirito degli alberi, Fred Hageneder. Ed. Crisalide
Segreti e Virtù delle piante medicinali. Selezione dal Riders Digest
Florario, Alfredo Cattabiani. Ed. Oscar Saggi Mondadori
La farmacia di Gaia, Demetra Edizioni
Il libro completo delle Erbe, Deni Bown
Alberi. La Biblioteca della Natura
Erbe. La Biblioteca della Natura



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Pruno Selvatico | Login/crea un profilo | 3 Commenti
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Re: Pruno Selvatico (Punti: 1)
da Samuel_Stewart 01 Ott 2007 - 23:03
(Info utente | Invia il messaggio)
Sei così leggera a descrivere la natura nel suo insieme che quasi non sembra tu stia parlando "solo" di alberi, ma di anime reali che raccontano storie agli abitanti di un bosco accessibile a pochi.. :)
Bacino.. :-*


Re: Pruno Selvatico (Punti: 1)
da fairymoon (alphazulu@interfree.it) 05 Ott 2007 - 09:29
(Info utente | Invia il messaggio)
che meraviglia questo articolo, specie la parte finale, quando lascia intravedere che il destino, o meglio, il cammino, di chi vuol davvero conoscere e acquisire saggezza, non può prescindere dal solore, dalla spoliazione... le spine del pruno ci feriscono e ci inducono a porci in ascolto di ciò che davvero desideriamo e se lo vogliamo, il cammino deve per forza proseguire in modo che ci si spogli del superfluo, dell'ovvio, di ciò che ci portiamo addosso...
Grazie, davvero!

Re: Pruno Selvatico (Punti: 1)
da Elke 20 Lug 2009 - 15:39
(Info utente | Invia il messaggio) http://)
Non ricordo se l'avevo già letto, comunque questo articolo è proprio splendido, ed una volta ancora credo tu abbia colto e descritto in maniera splendida lo spirito di quest'albero.
Grazie e bacini-fiorellini :)



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