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Pagine di religione mediterranea (II)

di Uberto Pestalozza

«La grande dea mediterranea è inizialmente, fondamentalmente maga: né sembri vano gioco di parole definirla maga in quanto dea e, al tempo stesso, dea in quanto maga. È appena necessario ricordare qui ch’essa ci si presenta quale Pòtnia, cioè quale autonoma, assoluta, imperiosa signora del mondo vegetale, del mondo animale, del mondo della così detta natura inanimata (che non era tale per quegli antichissimi credenti nelle pietre genitrici) e del mondo umano. Ma questa quadruplice signoria ha il suo centro iniziale, il suo punto di partenza nella prima di esse, nel dominio sugli alberi, gli arbusti, i fiori, le erbe, a cui la grande dea si sente abitualmente così vicina, così intima, che nel mondo minoico e in quello miceneo, che fedelmente lo riproduce, accanto alla propria manifestazione antropomorfa essa predilige la epifania arborea, non disgiunta da accenni chiarissimi alla sua qualità di Pòtnia theron; ed anche in forma umana, nell’abito tipico delle sue sacerdotesse, essa né dimentica né abbandona l’albero sacro, in cui è da vedere non già un simbolo della dea e del suo potere, bensì un’altra se stessa. Giacché la dea attinge contemporaneamente la sua molteplice essenza, che a un certo momento si fa sintesi piena, ai quattro regni della natura, ed è contemporaneamente donna, albero, animale, macigno o ceppo, informe o rozzamente squadrato; simultaneità ormai vittoriosa delle vecchie preoccupazioni di precedenze cornologiche fondate sulla tramontata credenza in una evoluzione lineare.

[…]

«Si vanno così creando molteplici interdipendenze, onde la Pòtnia nelle sue epifanie vegetali diventa una condizione necessaria della vita divina di Helios, che per tal modo, intimamente legato alla Terra, ritrova nel grembo di essa le fonti inesauste del suo fecondo luminoso calore, vi diventa opulento signore di armenti e di greggi e si congiunge — originariamente almeno — in qualità di paredro con una larga schiera di divinità femminili, tutte rivelantesi, ad un attento esame, manifestazioni e varietà locali dell’unica grande dea, ma pur sempre nel quadro di quel mondo vegetale, magico perché divino e perciò magico e divino ad un tempo, in cui è il segreto del primordiale rapporto.»

Questi passi, oltre a mostrare lo stile dell’autore, rivelano molto della materia e delle tesi di questo meraviglioso volume, che attraverso Helios, le sue erbe, i suoi armenti e le sue greggi, e alcuni miti ad esso connessi (Ogygos, Kadmos, Ino, Atlas, le Peleiades, le Hesperides, Kalypso), raccoglie innumerevoli tracce che possono condurre a studiare, immaginare, e forse sentire, le arcaiche Sacerdotesse e Divinità mediante le quali si manifestava la Grande Madre.

(Uberto Pestalozza, «Pagine di religione mediterranea (II)», Milano-Messina, Principato, 1945.)


Aggiungi:  Giovedì, 25 Giugno 2009
Autore:  Alessandro
Punti:
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Language: ita

  

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