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Samain. La festa del primo novembre |
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Venerdì, 01 Novembre 2019 - 13:58 - 5986 Letture |
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LA FESTA DEL PRIMO NOVEMBRE
di Marie-Louise Sjoestedt
Traduzione italiana, compendio e commento a cura di Alessandro Zabini
Il giorno in cui la stirpe degli uomini trionfò sulla stirpe degli dèi segnò la fine del periodo mitico in cui il soprannaturale dominava incontrastato la terra, e l’inizio di un nuovo periodo, in cui gli uomini e gli dèi convivono su questa terra. A partire da tale momento si pose un grande problema, il problema religioso per eccellenza: quello del rapporto fra l’uomo e gli dèi. Il mito precisa le circostanze in cui fu stipulato il contratto che regolò definitivamente tali rapporti.
***
APPENDICE
Compendio
Dopo il popolo di Partholon e il popolo di Nemed giunse in Irlanda il popolo dei Fir Bolg, sconfitto alla prima battaglia di Mag Tuired dalle Tuatha De Danann, le Tribù della Dèa Dana, le quali trionfarono perché avevano appreso la magia e le altre arti nelle remote Isole Settentrionali, da cui avevano portato la pietra di Fal, la spada di Nuadu, la lancia di Lug e la caldaia del Dagda. Alla seconda battaglia di Mag Tuired, le Tuatha De Danann sconfissero e scacciarono i Fomoire, un popolo infero arcaico e autoctono che in passato aveva sottomesso il popolo di Nemed. In seguito l’Irlanda fu invasa dai Figli di Mil, antenati del genere umano, i quali sconfissero in battaglia le sovrumane Tuatha De Danann.
Allora si convenne di dividere il paese in due parti uguali: i Figli di Mil ebbero il mondo supero, la superficie, e le Tuatha De Danann ebbero il mondo infero, le profondità della terra e delle acque. I loro regni, i «side», erano nei tumuli e nelle grotte, nei laghi e nel mare, nelle isole, ai confini del mondo umano. Erano regni al di fuori del tempo e dello spazio, in cui si poteva vivere senza invecchiare, in eterno, ma anche essere uccisi. Per la loro magia e per la loro eterna giovinezza, gli «aes side», i popoli dei luoghi oltremondani, erano come déi. Da loro, gli umani dipendevano per la fertilità e la sovranità della terra. Fra gli uni e gli altri i contatti erano frequenti, gli scambi erano possibili, e i rapporti erano talvolta di alleanza, talvolta di ostilità.
Tuttavia i loro mondi restavano sempre distinti, tranne quando si passava dalla stagione calda alla stagione fredda, a Samain, il periodo dell’anno in cui le tribù umane si riunivano in assemblea. Allora, per tre giorni prima di Samain, per tre giorni dopo e per quel giorno medesimo, esse si dedicavano esclusivamente a gare e giochi, commerci e banchetti, piaceri e divertimenti, splendori e fasti. In quella occasione esse non celebravano alcuna particolare divinità: era la festa di tutto il mondo sovrumano che si apriva al mondo umano.
Allora, in quel tempo fuori del tempo, Samain, si dischiudeva un varco fra il mondo umano della superficie e il mondo sovrumano delle profondità. Le tribù umane potevano accedere al mondo sovrumano e le tribù sovrumane potevano accedere al mondo umano. Talvolta erano incontri pacifici, talvolta erano incontri bellicosi, spesso erano incontri amorosi: sempre erano incontri accompagnati da eventi prodigiosi, di cui narrano numerosi miti. Non importava quale forma l’incontro assumesse: ciò che importava era l’incontro. Allora esisteva fra i popoli di quei due mondi un rapporto di reciprocità, fra eguali, con pari dignità e con pari diritti: un rapporto di reciprocità che consentiva agli umani di accedere al mondo sovrumano e che la concezione cristiana del mondo ha cancellato trasformando la festa degli «aes side», i popoli oltremondani, nella festa di tutti i santi.
Rathcroghan, il Sid dove è ambientata l’avventura di Nera
Commento
Il significato etimologico di Samhain (Irlandese moderno), o Samain (Irlandese antico) non è affatto certo. Samain è stata accostata al gallico Samonios, «nome del primo mese», che sembra contenere il nome celtico e indoeuropeo dell’estate, samo-, e indica dunque un mese estivo, senza che si possa determinare se sia all’inizio, a metà, oppure alla fine della stagione. Il diciassettesimo giorno di Samonios, trinoxtion Samoni sindiu, è una festa di tre notti, come Samain, festa di tre giorni e di tre notti. Dunque entrambi i nomi, gallico e irlandese, significherebbero «fine dell’estate». Tuttavia si tratta probabilmente di un’etimologia puramente analogica, perché altri elementi suggeriscono che essi non hanno nulla a che fare con l’estate, a meno che «estate» si riferisca a tale stagione nel mondo degli immortali: quando «qui» è inverno, «là» è estate. Il significato originario di samain (che in relazione alle api significa «sciame») sembra essere stato «assemblea», nella fattispecie «assemblea, riunione, con i morti e con l’Aldilà», e lo stesso sembra valere per Samonios.
Occorre ricordare che il significato di comunicazione con i morti, oggi prevalentemente attribuito alla festa, si è sviluppato soltanto nel corso del tempo, nel folklore moderno. In origine, come è chiarito nel saggio di Marie-Louise Sioestedt, Samain era il periodo in cui le genti celtiche si riunivano in assemblea, e in cui i mortali, abitanti di questo mondo, potevano incontrare gli immortali, le Tuatha Dé Danann, che abitavano nei side, ossia nell’Oltremondo. Come si legge nel racconto delle imprese giovanili di Finn mac Cumaill, «i side d’Irlanda erano sempre aperti a Samain, giacché a Samain i side non potevano essere nascosti». Infatti per il feth fiada, dono d’invisibilità di Manannan, i side e i loro popoli erano sempre invisibili agli occhi umani, tranne a Samain, il cui grande significato, espresso in molti miti, appare evidente se si considera che, come mostra il saggio, ciò che era essenziale dipendeva dal rapporto fra mortali e immortali.
Samain è la fonte da cui scaturisce in tutte le sue forme il rapporto fra il mondo umano e il mondo sovrumano. Samain è il mito. Nella notte di Samain, narra La veglia di Fingen, un re incontra una donna del Sid e ne ascolta la voce profetica, il cui discorso è come un fiume scaturito da fonte oltremondana che trasporta la conoscenza mitica degli antichi popoli d’Irlanda, la quale deriva dalla cultura delle popolazioni preistoriche d’Europa. Se si narrasse ogni mito che emerge da questo flusso si comporrebbe una vasta raccolta.
Infatti i miti connessi a Samain che ci sono stati tramandati sono numerosi e rappresentano i temi principali della mitologia irlandese: Aideda (Morte), Catha (Battaglie), Comperta (Nascite), Dindshenchas (Tradizioni toponomastiche), Geis (Tabù), Macgnimrada (Imprese Giovanili), Scéla (Narrazioni), Suidigud (Disposizione), Tana (Razzia di bestiame), Tochmarca (Corteggiamenti), Togla (Distruzione), Uatha (Invasione o Saccheggio di luoghi oltremondani). Numerosi sono i motivi favolistici contenuti in questi miti: persone dotate di poteri straordinari, viaggi oltremondani, fate, profezie, assemblee, narrazioni, leggi, messi e mandrie, convegni amorosi, combattimenti, viaggi, fuoco, pace, silenzio.
Se si delucidassero anche soltanto concisamente le immagini mitiche che emergono dal saggio di Marie-Louise Sjoestedt, si comporrebbe un vasto compendio di gran parte della mitologia irlandese: i Figli di Mil, Amairgin, le Tuatha Dé Danann, il Dagda, Lug, Ogma, il Lago dell’Uccello, Crimthann Cas, Tir-fo-thuinn, Manannan, Tethra, Tir na n-Og, Mag Mel, Scath, Cuchulainn, Cailte, Finn, Tara, Bran, Nera, la stirpe di Nemed, i Fomoire, le Dindshenchas, Crom Cruaich, Tigernmas, la Seconda Battaglia di Mag Tuired, Muircertach mac Erca, l’ebbrezza degli Ulaid, Ailill, Aillen mac Midhna, il Dagda, la Morrigan.
Tuttavia il saggio di Marie-Louise Sjoestedt presenta concisamente l’essenza di Samain senza proporsi di esporre esaustivamente ciò che vi si collega. Perciò sono sottolineati i sacrifici e i conflitti fra mondo umano e mondo sovrumano. A proposito dei sacrifici umani, occorre ricordare che le fonti principali sono i resoconti degli antichi autori greci e romani, distorti dalla visione che essi avevano dei Celti, considerati dapprima nemici primitivi e in seguito discendenti sconfitti e colonizzati. I resti archeologici sono rari e ardui da interpretare, e gli accenni nelle letterature celtiche insulari sono pochi, filtrati dalla visione che gli autori cristiani avevano delle religioni precristiane e probabilmente influenzati da motivi folklorici non specificamente celtici.
Marie-Louise Sjoestedt
La festa del primo novembre è la traduzione di La fête du premier novembre, capitolo quinto di Dieux et Héros des Celtes (Paris, Leroux, 1940, pp. 65-76), di Marie-Louise Sjoestedt. La versione italiana è stata condotta sull’originale francese, consultando inoltre la versione inglese, a cura di Myles Dillon (Celtic Gods and Heroes, Mineola [New York], Dover Publications, 2000).
Figlia di Léonie Berardini, saggista e romanziera di origini corse, e di Erik-Valentin Sjoestedt, diplomatico e giornalista svedese impiegato all’ambasciata del proprio paese a Parigi, Marie-Louise Sjoestedt nacque a Saint-Thomas, Aisne, Francia, il 20 settembre 1900.
Alla Sorbona fu allieva di Joseph Vendryes, che la descrisse come una giovane donna schietta e leale, avida di studiare e di conoscere, piena d’ardore nel lavoro e straordinariamente dotata per la ricerca scientifica, caratterizzata da solidità di pensiero e da sicurezza di giudizio. Studiò linguistica e intraprese la carriera accademica. Fornita di una cultura classica eccellente, dopo aver studiato russo, lingue slave e lingue celtiche, scelse di dedicarsi a queste ultime. In Irlanda e in Galles imparò a parlare correntemente l’Irlandese e il Gallese, e in Bretagna si iniziò al Bretone. Pubblicò due ottimi saggi sulla fonetica e la morfologia del dialetto di Dunquin, contea Kerry. Lesse e studiò tutto ciò che era stato pubblicato sulla vasta letteratura irlandese medievale. Si laureò nel 1926 con una tesi principale di linguistica pura, L'aspect verbal et les formations à affixe nasale en celtique, da cui derivò una parte dei propri studi successivi, con cui fornì un contributo fondamentale alla teoria dell’aspetto in Celtico. Quale tesi complementare di dottorato presentò Le siège de Druim Damhghaire - Forbais Dromma Damgaire, edizione e traduzione di un antico testo irlandese particolarmente arduo, in cui si mescolavano tradizioni pagane e rimembranze storiche. Quello stesso anno entrambe le tesi furono pubblicate. La tesi complementare, modello di precisione e di onestà filologiche, apparve sulla Revue Celtique, di cui lei stessa divenne in seguito condirettrice, insieme a un altro grande celtista, Joseph Loth, autore, fra l’altro, di una eccellente traduzione dei Mabinogion.
Vivacissima e animata da grande curiosità per tutte le manifestazioni della vita, Sjoestedt seguiva le più raffinate produzioni artistiche, musicali e letterarie senza trascurare la cultura popolare. Visse con gioia sincera fra le popolazioni dell’Irlanda occidentale, gli umili contadini di Dunquin e i pescatori delle isole Blasket, e fu affascinata dalla loro vita semplice e quasi primitiva per ciò che aveva di puro, di sano e di onesto. Ne imparò e ne studiò il linguaggio e le antiche tradizioni. Nel 1932 sposò lo studioso e linguista francese Michel Jonval, con cui visse per breve tempo a Riga. Purtroppo Jonval morì pochi anni più tardi, nel 1935.
Pubblicato poche settimane prima della sua morte, Dieux et Héros des Celtes rende a Sjoestedt «il più grande degli onori», come scrisse Joseph Vendryes, nel ricordo che finora è stato qui riassunto, parafrasato e citato implicitamente. «I suoi amici non potranno mai aprirlo senza una profonda emozione, poiché ciò li indurrà a misurare tutta la perdita subìta dagli studi celtici. È un libro di originalità profonda, tanto nel contenuto quanto nella presentazione. Per scriverlo era necessario possedere tutta l’erudizione da lei acquistata sulle letterature d’Irlanda e di Galles, nonché una mente possente, capace di dominare una materia tanto vasta, di districarne la complessità e di riferire tutti i dettagli a una concezione d’insieme dei caratteri propri e del temperamento della popolazione.
«Marie-Louise Sjoestedt era una celtista completa. Abbracciava tutta l’estensione geografica del mondo celtico, giacché di recente aveva iniziato a studiare il gaelico di Scozia e il cornico, che si proponeva di approfondire. Conosceva alla perfezione le letterature celtiche, incluse le più recenti. […] Ci si poteva attendere da lei opere d’importanza capitale e definitiva, sia sulla grammatica del medio irlandese, ancora poco conosciuta per molti aspetti, sia sulle grandi correnti e le grandi opere della letteratura. Era ugualmente abile nelle ricerche originali, nelle sintesi solide e concise, nelle divulgazioni eleganti e precise. Con tanta maestria era arrivata al punto di poter intraprendere qualunque opera concernente le lingue, le letterature e le civiltà celtiche. Si era dotata di spirito celtico sino a divenire celta lei stessa.
«Troppo celta, purtroppo, si potrebbe dire, se è vero che l’anima celtica, malgrado tante prove di energia indomabile e di volontà sfrenata, è soggetta ad accessi di depressione e di rinuncia che inducono a desiderare e a chiamare il nulla. La morte circonda perennemente gli eroi dell’epopea irlandese. In questo mondo tutto pervaso dei misteri della magia, le fate attirano coloro che sono giovani e belli per strapparli con fascino irresistibile ai loro più cari affetti terreni. Tutta la tragedia di certi racconti celtici dall’epilogo straziante rivive nella spaventosa catastrofe di un destino privilegiato a cui sorrideva la Fortuna, nella brusca scomparsa di una giovinezza a cui la natura aveva dispensato i suoi doni più belli».
Nel giugno 1940, con l’invasione nazista della Francia, la depressione di cui Sjoestedt soffriva si aggravò. Il 26 dicembre dello stesso anno, poco dopo l’arresto da parte dell’esercito nazista del suo secondo marito, sposato di recente, Marie-Louise Sjoestedt si suicidò.
Alessandro Zabini
Bibliografia
Ancient Irish Tales, a cura di Tom Peete Cross e Clark Harris Slover, New York, Henry Holt and Company, 1936.
Carey, John, Sequence and Causation in Echtra Nerai», Eriu, Vol. 39, 1988, pp. 67-74.
Celtic Culture: A Historical Encyclopedia, a cura di John T. Koch, Santa Barbara (California)-Denver (Colorado)-Oxford (England), ABC-CLIO, 2006, «sacrifice,human», pp. 1549 ss.; «Samain», pp. 1556-1558.
Delamarre, Xavier, Dictionnaire de la langue gauloise, seconda edizione riveduta e accresciuta, Paris, Errance, 2003, «samoni(o)s», p. 267.
Galbari, Allison, Samhain’s Place on the Sacred Landscape, Muncie (Indiana), Ball State University, 2015.
Guyonvarc’h, Christian-J., e Le Roux, Françoise, Les Druides, Rennes, Ouest-France, 1986, «Samain», p. 416.
Lambert, Pierre-Yves, Sjoestedt (-Jonval), Marie-Louise, Dictionary of Irish Biography.
Marie-Louise Sjoestedt, Wikipedia.
Marie-Louise Sjoestedt-Jonval, Wikipedia.
Meyer, Kuno, The Voyage of Bran Son of Febal, London, David Nutt, 1895.
Nutt, Alfred, The Celtic Doctrine of Re-birth, London, David Nutt, 1897.
Tales of the Elders of Ireland, a cura di Anne Dooley e Harry Roe, Oxford, Oxford University Press, 2008.
Vendryes, Joseph, Marie-Louise Sjoestedt (necrologio), Études Celtiques, volume IV, fascicolo 2, 1948, pp. 428–33.
Traduzione italiana, e Appendice a cura di Alessandro Zabini. Nessuna parte di questo articolo può essere riprodotta o utilizzata in alcun modo e con alcun mezzo senza il permesso scritto dell'autore e senza citare la fonte.
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