Il Tempio della Ninfa

Quercia

Articoli / Erbario
Inviato da Violet 26 Set 2007 - 02:10

QUERCIA
Quercus robur (Quercus peduncolata, Quercus sessiflora)

Antico inglese: ak; Antico norvegese: eik; Antico alto tedesco: eih; Teutonico: aiks; Bretone: derv; Gallese: derwen; Gaelico scozzese: darach; Gaelico: dair; Antico irlandese: duir.




Riconoscimento e proprietà terapeutiche

La quercia fa parte della famiglia delle Fagacee e sopporta bene sia i terreni molto secchi, sia quelli molto umidi. L’età che può raggiungere è colossale, infatti può vivere da un minimo di 500 anni a 2000 anni e più.
Il suo fusto è spesso abitato da parassiti, come il vischio, che si aggrappano alla corteccia senza però rovinarla in alcun modo. Questa, infatti è molto dura e spessa e questo suo spessore è in grado di proteggere l’albero non solo dal caldo ma addirittura dagli incendi, che spesso non lo intaccano in modo troppo grave.
Tuttavia il maggior pericolo a cui la quercia è sottoposta sono i fulmini, che la colpiscono molto più degli altri alberi, forse perché ama crescere su sorgenti sotterranee o perché produce scariche elettriche.
Il suo aspetto è imponente, massiccio, grandioso. La sua corteccia è grigio-bruna, ma con gli anni si annerisce lentamente; i suoi fiori sono divisi in maschili e femminili: quelli maschili, in amenti, sono raggruppati, penduli, molli e giallastri, quelli femminili hanno scaglie molto ravvicinate.
I frutti, le ghiande, sono molto importanti per gli animali, e in tempi passati, anche per gli uomini, che in periodi di carestia li mangiavano in sostituzione degli altri alimenti, nonostante il loro sapore molto amaro. Essi contengono il 6% di proteine e il 70 % di amido e zuccheri e sono amati da scoiattoli e ghiandaie, che li colgono e li nascondono sottoterra, mantenendoli come riserve di cibo ma aiutando anche, in questo modo, la diffusione dei semi.
La quercia nella sua varietà peduncolata (la più famosa) cresce in pianura e mostra foglie irregolarmente lobate, scure, opache e quasi prive di picciolo. Le ghiande invece sono dotate di un lungo picciolo e sono raggruppate a due a due.
La quercia sessiflora, invece, cresce alla base dei monti e nelle regioni collinari e mostra, al contrario della varietà precedente, foglie picciolate e lucide e ghiande attaccate al ramo (prive di picciolo).

La corteccia della quercia è molto astringente e possiede proprietà antisettiche (combatte le infezioni), sterilizzanti e febbrifughe.
Può essere utilizzata, in preparati, come tonico e combatte la diarrea per la sua proprietà costipante (provoca stitichezza).
Essa è utile per fermare le emorragie e cura le emorroidi ma anche i geloni, le gengive infiammate e sanguinanti e la leucorrea.
È anche ottima per preparare uno shampoo per capelli grassi.

Nella moderna floriterapia, Oak è l’olio tratto dalla quercia che fa parte dei fiori di Bach.
Viene usato per coloro che si dedicano troppo al lavoro e hanno un eccessivo senso del dovere, oppure si sentono indispensabili per tutti e accumulano molto stress e stanchezza.
La quercia trasmette loro calma e serenità, forza e costanza.

Ricette
(in caso di allergie consultare sempre il medico)

Polvere di quercia per fermare il sangue dal naso: ridurre in polvere alcuni pezzi di corteccia di quercia e inserire nella narice per qualche minuto. Soffiare piano il naso e se necessario ripetere l’operazione.

Decotto contro i geloni: in un litro d’acqua fredda portare ad ebollizione 50 g di corteccia di quercia e bollire per 10 minuti. Spegnere il fornello e lasciar riposare 30 minuti il decotto, poi immergere le estremità doloranti e tenerle nel liquido mezz’oretta.

Macerato per le gengive infiammate: in un litro di vino rosso lasciar macerare per 4 giorni 25 g di corteccia di quercia. Filtrare e bere un bicchierino più volte al giorno, sciacquando bene le gengive e mantenendo il più possibile in bocca.

Decotto per curare le emorroidi: bollire in un litro d’acqua 80 g di corteccia di quercia per 10 minuti e tenere a bagno la parte interessata.

Decotto per curare la leucorrea: lasciar bollire in un litro d’acqua 80 g di corteccia di quercia per 10 minuti. Fare dei bagni e sciacquare bene la parte interessata.

Miti, tradizioni e usi magici

La quercia è un albero dalla natura solare, luminosa, pervasa dall’ardente spirito del fuoco.
Rappresenta la saggezza millenaria che non si perde nel soffio del Tempo, ma che sopravvive oltre di esso, oltre le stesse piccole vite umane, per raccontare il passato e il presente delicatamente uniti in un solo istante, in un unico battito di cuore.
La sua immensa età ci parla di memorie perdute, come se da esse non ci separasse che un attimo, e sotto le sue fronde, che da infiniti secoli mormorano nella brezza delle silenziose foreste, possiamo ancora respirare la conoscenza che gli antichi proferivano alla sua ombra, intravedendo le loro diafane forme muoversi con nobile eleganza.
Appoggiati alla sua ruvida e robusta corteccia, i druidi e le splendenti sacerdotesse cercavano i contatti con i regni sottili, dimora di remoti spiriti e Divinità primigenie. Ascoltando, nel caldo meriggio, la sua voce secolare, essi giungevano a sagge decisioni che sarebbero state importanti per la vita del villaggio.
Le querce erano per loro fonte di conoscenza inesauribile, di energia proveniente dal corpo della graziosa Madre Terra, di protezione e vigore. Ma anche di cibo e di fuoco, visto che le ghiande, abilmente preparate, potevano essere usate per cucinare particolari focacce e una bevanda simile al caffé, mentre il legno dei rami caduti bruciava egregiamente a lungo.
Utilizzato per i sacri fuochi della festività di Lughnasadh, il legno di rovere fiammeggiava sulle alte colline e spandeva nel vento la sua pungente fragranza, trasportando con essa ricordi passati. Sulle sue ceneri le folli danze continuavano sino all’alba, per propiziare la forza e l’ardore di spirito così come la gioia e la fortuna di un abbondante raccolto, fosse fatto di grano dorato o di intimi apprendimenti, piccoli e silenziosi passi verso la realizzazione interiore.
E della realizzazione interiore la quercia era simbolo. Essa incarnava gli spiriti della vita, della vegetazione rigogliosa, della crescita e del raggiungimento della pienezza.
Il suo nome gaelico, “dair” o “duir”, significava anche “porta”, e la pianta era considerata una delle sottili porte che univano due dimensioni diverse presenti anche nella vita degli uomini: attraverso la Porta della Quercia l’uomo entrava nel pieno vigore della sua vita, nella sua massima forza che derivava dall’equilibrio profondo, nonché dal pieno conseguimento della completezza.
Si dice che il nome degli stessi druidi potesse derivare proprio da “duir”, la quercia, e se fosse realmente così allora i druidi potrebbero essere considerati degli “uomini quercia”, ovvero uomini completi, pieni dell’immensa Conoscenza che può essere acquisita solo attraverso la realizzazione del Sé. Solo attraverso le divine lezioni donate dalla quercia.
Essa venne a lungo chiamata “Robusto Guardiano della Porta”, perché con il suo legno si costruivano i portoni d’accesso e si credeva che il suo spirito continuasse a vivere nelle loro vicinanze, fungendo da Custode.
Inoltre, era considerata un passaggio che avrebbe permesso di incontrare gli Antenati.
Sotto ai suoi alti rami i diversi tempi non esistevano più, perché tutti erano riuniti nell’eterno presente, di cui la quercia millenaria era la rappresentazione vegetale.

Sottilmente legata al potere del fulmine, per le scariche elettriche che genera al suo interno, la quercia ne è spesso preda e per questo motivo era considerata una pianta sacra agli Dei del cielo, in particolare a Taranis, il Dio della folgore celeste, o del Fuoco che viene dal cielo, dall’alto, ovvero dai regni irraggiungibili per la sola mente umana. Essa è quindi associata alla folgorazione divina, alla Conoscenza improvvisa che, pur giungendo in modi invisibili agli occhi, sconvolge profondamente e trasporta in modo quasi violento in uno stato di consapevolezza superiore. Simile alla frustata prodotta da una grande scarica di energia, essa mostra con impeto una diversa visione e spalanca gli occhi della percezione in modo quasi brutale, ma senza dubbio efficace.
E altrettanto brutale e paragonabile alla violenta folgore era il colpo sferzato dalla grande mazza del Dio Dagda, costruita unicamente con legno di quercia e intrisa del duplice potere di donare la morte o la rinascita.
Ma non solo agli Dei del cielo e del fuoco celeste era sacra questa maestosa pianta. Anche la splendente Brigid, nel suo Triplice aspetto di Donatrice della Sacra Fiamma, la amava profondamente, e questo legame sopravvisse anche col sopraggiungere del cristianesimo, quando la Dea divenne Santa Brigida e la sua dimora la chiesa di Kildare, da “cill dara”, ovvero “Chiesa della Quercia”. Qui, nella loro dolce solitudine, le diciannove sacerdotesse devote alla santa mantenevano perennemente acceso un divino fuoco, alimentato probabilmente con legno di quercia e onorato come creatura vivente, foriera di benedizione e consapevolezza femminile.
Le ghiande cadute dalla pianta e sparse sul suolo umido erano cibo molto amato dagli animali della foresta, ma soprattutto dai maiali e dalle scrofe. Questo particolare legava la quercia anche all’oscura Dea delle profondità terrestri, la Divina Scrofa Cerridwen, anziana Maestra e Custode del Fuoco del Calderone.
La quercia univa la sua dimora sotterranea alle sfere celesti, e il suo spirito fiammeggiante ardeva perennemente in cielo e in terra, fuori dal tempo e nel suo stesso centro.


Secondo le antiche leggende, all’interno della quercia vivrebbero due tipi di creature fatate, che rappresentano l’anima della pianta e sono ad essa intimamente e inestricabilmente legate. Queste entità boschive sono le driadi e le amadriadi.
Le driadi (da “dryàs”, “quercia sacra”) sono creature meravigliose che si muovono nella loro arborea dimora, pur potendo abbandonarla, se necessario. Era proibito abbattere una quercia senza che prima i sacerdoti le avessero ritualmente allontanate, per evitare che soffrissero.
Le amadriadi (da “hama”, “insieme”), invece, non avrebbero comunque potuto abbandonare la pianta perché la loro vita dipendeva dalla vita della stessa, pertanto se la quercia era minacciata i loro lamenti si sarebbero uditi in tutto il bosco circostante, mentre se questa veniva abbattuta, anche loro sarebbero morte.
Data l’età millenaria della quercia, però, queste entità erano considerate immortali. La loro memoria custodiva tutti i respiri del Tempo.

Nella Grecia antica, la quercia era la pianta sacra ad una magnifica divinità arcaica, chiamata Dione. Essa può essere considerata una delle Antiche Madri dell’area mediterranea, ed era sovente assimilata alla grandiosa titanide Rea, generatrice di tutte le divinità e Dea della vegetazione e degli animali selvatici.
Spesso chiamata Dia, “del cielo”, Dione era la protettrice della città di Dodona, conosciuta per via di un misterioso oracolo celato segretamente proprio all’interno di una quercia, le cui profetesse erano tre Donne. Coloro che umilmente desideravano ricevere consigli, si avvicinavano all’immenso albero ponendo le loro domande e, dopo un breve fremito delle sue fronde, voci femminili emergevano dal fogliame e dalla corteccia, proferendo gli enigmatici responsi.
Queste sacre donne erano chiamate pelèiades, ovvero “colombe”, perché si diceva che una colomba si era posata sulla cima della quercia e aveva detto, con voce femminile, che lì sarebbe dovuto sorgere un oracolo.
I loro nomi erano Promenia, “l’anima di prima”, Timarete, “la virtù onorata” e Nicandra, “vittoriosa sugli uomini”. Inizialmente consacrate a Dione divennero in seguito sacerdotesse di Zeus, che si fece divinità protettrice di Dodona, al posto dell’arcaica Dea (che fu a malapena ricordata), e della quercia, ora onorata come effige del dio della folgore e del fuoco celeste.

A Roma la quercia era simbolo di immortalità e sovranità. Corone fatte con le sue foglie erano offerta gradita agli antenati e coronavano la fronte dei Re di Roma, che erano considerati vere e proprie personificazioni dello spirito vegetale della pianta.
Il leggendario Ramo d’Oro del mito di Diana Nemorensis era colto da una quercia e simboleggiava la legittima sovranità del Re Sacerdote. Questa era dimostrata dalla sua nobile abilità nell’essere sopravvissuto ad ostacoli e prove mortali e nell’aver ucciso il suo predecessore che, forse per stanchezza, forse per vecchiaia, non era riuscito a tenere testa al nuovo pretendente, segno che egli non era più adatto a proteggere il bosco sacro. Attraverso il nuovo Re, il dio della vegetazione tornava nel pieno del suo vigore.
Anche in area celtica un simile rituale era celebrato annualmente. Il Re Quercia, che personificava lo spirito della vegetazione rigogliosa e fruttifera, veniva ucciso (spesso solo simbolicamente) nel momento in cui era nel pieno delle sue forze. Solo in questo modo l’energia che animava il suo corpo e il suo spirito avrebbe potuto nutrire la terra e il popolo.
Sempre a Roma, un fitto bosco di querce circondava il tempio femminile della Dea del Fuoco, Vesta. In questo luogo sacro, in modo simile alle celtiche sacerdotesse devote a Brigida, le vestali vegliavano amorevolmente sulla sacra Fiamma, e la nutrivano solamente con legno di quercia.
Altri tipi di legno erano proibiti perché solo la quercia poteva dare il giusto nutrimento. Solo la quercia avrebbe mantenuto il fuoco puro.

Con l’avvento delle religioni monoteiste la quercia, come molte altre specie di alberi, venne demonizzata e si cercò di distruggerne la presenza in moltissimi boschi, cari ai culti pagani.
Milioni di querce vennero abbattute dagli evangelisti cristiani per dimostrare l’inutilità e l’inesistenza degli antichi spiriti e delle Divinità primitive che abitavano le foreste secolari, ma ciò che si rivelò veramente inutile fu proprio questo tentativo di cancellare l’amore che albergava nel cuore dei devoti alle loro tradizioni. Il culto, infatti, proseguì segretamente e tutto ciò che i cristiani poterono fare fu appropriarsi, anche questa volta, di ciò con cui non potevano competere, e che mai avrebbero potuto eliminare.
La quercia allora divenne, o ritornò, simbolo dell’immortalità dell’Anima e della vita eterna, perché il suo legno era considerato incorruttibile, e comparì sull’elsa delle spade e sugli scudi dei cavalieri, a rappresentare forza e buon augurio.
La Madonna ne divenne protettrice e iniziò a comparire fra le sue foglie fruscianti, mentre la tradizione del fuoco sacro, acceso con legno di quercia, sopravvisse nell’usanza del Ceppo di Natale [1].

Il ricordo degli antichi culti sopravvisse in piccoli gesti e credenze ancora presenti nella nostra vita corrente.
Fu la quercia a trasmetterli ai popoli che continuarono ad onorarne la presenza, narrando ciò che né il Tempo né gli uomini poterono cancellare.
Ciò che sopravvive nelle querce più vecchie è per noi fonte inesauribile di Conoscenza. Di fronte ad una quercia millenaria possiamo riconoscere l’essenza stessa dell’Essere eterno.
Essa è per noi la Narratrice, la Custode dei ricordi ancestrali.
È la divina Antenata che visse l’Origine del Tutto e ne vedrà anche la Fine. E oltre la Fine vivrà l’alba del nuovo Inizio.
L’infinito viaggio dell'esistenza è scalfito nel suo centro.
Il cerchio dell’intera vita è racchiuso nella sua memoria.


Piccole magie con la quercia [2]



Fonti

Lo spirito degli alberi, Fred Hageneder, Ed. Crisalide
Il Vischio e la Quercia, Riccardo Taraglio, Ed. L’Età dell’Acquario
Le erbe officinali, antica medicina dei celti, Plinio il Vecchio, Diancecht, Ed. Keltia
Segreti e Virtù delle piante medicinali, Selezione dal Riders Digest
Il ramo d'oro, James Frazer. Grandi Tascabili Economici Newton
Florario, Alfredo Cattabiani, Ed. Oscar Saggi Mondadori
Il grande libro delle piante magiche, Laura Rangoni, Ed. Xenia
La farmacia di Gaia, Demetra Edizioni
Il libro completo delle Erbe, Deni Bown
Alberi, La Biblioteca della Natura
Erbe, La Biblioteca della Natura
Il grande libro delle piante medicinali, Roberto Michele Suozzi. Grandi Manuali Newton


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