Il Tempio della Ninfa

Il canto delle Sirene

Articoli / Archetipi
Inviato da ValerieLeFay 03 Set 2007 - 14:27

Soave si innalza dall’oceano il canto,
blandendo orecchie e cuore,
iniettandosi nell’anima.
Con note di persuasione eterna
ti chiama:
all’amore ed al piacere,
all’onore, ed alla gloria,
al trionfo ed al suo lucente banchetto,
alla morte ed alle sue rosse colline.
Ed alle ossa. Del mutamento il monito.



Poiché questa è l’essenza delle sirene. Tutto è metamorfosi. Mescolanza degli opposti.
Secondo un antico mito esse, giovani fanciulle al servizio della Dea Persefone, furono trasformate dalla Dea Demetra (o vollero essere trasformate esse stesse) in uccelli dal viso da donna e dal melodioso canto, come punizione per non essere riuscite ad evitare il rapimento della divina fanciulla. Col loro nuovo, ibrido, aspetto, avrebbero dovuto trovare Persefone, ed essere per sempre sue ancelle e messaggere nel cupo Averno.
In contrapposizione con le Arpie, il cui gracchiare rappresenta la morte improvvisa e violenta, orribile, da fuggire, le sirene rappresentano la dolce melodia che trasporta ad una morte serena e senza affanni, dolce, quasi desiderata.
E le loro ali rappresentano il loro essere creature infere, che trasportano i corpi in luoghi remoti, dove sussurra il Lete profondo.

La loro discendenza è oscura.
Il padre viene sempre designato come il Dio fluviale Acheloo. La madre è Gea, la Terra. Ma soventemente è di volta in volta una delle muse.
Sirene e muse sono infatti accomunate dall’armonia che sgorga dalle loro morbide labbra.
Simili eppur rivali, in perenne contrapposizione.
Non solo la metamorfosi, ma anche la sfida, fa parte dell’essenza delle sirene.
E la perdita è la loro compagna.
Il loro canto non potè superare quello delle muse.
E due esseri mortali, due uomini, Orfeo ed Ulisse, superarono indenni il loro scoglio, provocando in esse di nuovo il mutamento. Non potendo accettare l’onta della sconfitta, non essendo riuscite a blandire le orecchie ed i cuori di quei due marinai, si gettarono in mare e, morendo, divennero scogli.

La dimora delle donne uccello è infatti un’isola in mezzo alle marine acque, che pare si trovi presso gli scogli di Scilla e Cariddi, in Sicilia.
Essa viene descritta come un paradiso, colmo di frutti e fiori.
Ma nella danza degli opposti anche l’orrore trova il suo posto, e sulla rive giace il cimitero di ossa degli uomini irretiti dal languido canto e periti sotto gli artigli affilati di quei bei corpi sinuosi.
La loro isola, muliebre crocevia di morte, è l’isola dei defunti che accoglie in sé Re ed eroi. È l’isola di Avalon che cura e rigenera, l’isola delle donne con la loro saggezza.
E le sirene, nell’armonia del loro canto, sono i dolci uccelli di Rhiannon che resuscitano i morti ed addormentano i vivi.
In loro sono uniti Eros e Tanathos, sono esseri seduttivi e mortiferi, saggi e crudeli. La voluttà dell’abbraccio della morte.
È infatti il canto che strega, a dispetto della visione mortifera che invade gli occhi.
Vi è un profondo dualismo tra il canto melodioso e bellissimo e la vista della loro isola con la spiaggia coperta delle ossa dei morti.
L’orrore visivo viene cancellato dal piacere che procura l’udito. Ma anche nel silenzio la visione pare non avere importanza, non ha alcun effetto sul cuore del viaggiatore che si ritrova al loro cospetto.
Il silenzio, la stasi.
Ecco ciò che accade quando Ulisse arriva in prossimità della loro isola. Nessun suono. Il mare placa le sue onde. Il vento diviene un live sussurro afono ed immoto.
Preludio che apre la mente. E da esso si innalza il divino canto.

Ma cos’è il canto delle sirene?
Cosa in esso affascina ed incanta?
Esso è il ricordo dolce di ciò che è stato e non è più, lo struggimento per il passato, il mutamento, l’avvenire.
È l’ AOIDÉ, il canto magico che seduce e conduce alla rovina. Tramite esso si dispiega la sapienza remota e nascosta che esse preservano.
Esse sono la prova che l’eroe deve superare per compiere l’iniziazione.
Con il loro canto le sirene attirano, rapiscono, legano.
Ed il loro nome infatti potrebbe derivare da “Serazein”, con il significato di legare con una corda, oppure prosciugare.
Prosciugare ogni volontà. Ogni moto dell’animo.
Portare alla morte che conduce ad una nuova, lucente, vita.
Le ossa dei morti che giacciono in bella vista sulla loro isola potrebbero infatti essere un monito. Potrebbero rappresentare quegli uomini che, tentando di percorrere la strada che li avrebbe condotti alla saggezza arcaica e muliebre delle sirene, avessero fallito la prova, ritrovandosi, quindi, nella morte senza fine.
Il simbolo delle sirene è lo specchio, oggetto mistico che conduce alla conoscenza di se stessi. Solo tramite essa, si può superare il canto d’amore e mutamento delle sirene, e scorgere nello specchio il riflesso divino presente nella nostra anima immortale.

In epoca post-classica le sirene subirono un’ ulteriore metamorfosi e da donne uccello divennero donne pesce.
Il loro essere ibride rimase intatto, ed in tal modo nessuno spazio veniva a loro precluso.
Esse potevano muoversi tanto in cielo quanto sulla terra ferma, ed anche il mare diveniva loro dominio attivo.
La loro sorellanza non fu distrutta (esse appaiono sempre in gruppi di tre, i cui nomi variano di volta in volta) ed alcuni marinai, saggi uomini di conoscenza, continuarono a solcare in mare in cerca di quell’isola incantata di femminile sapienza, temuta eppure sempre amata.



Fonti

Miti Greci, Robert Graves. Edizioni Adelphi
Il mito delle sirene, Bettini-Spina. Edizioni Einaudi
Le nozze di Cadmo e Armonia, Roberto Calasso. Edizioni Adelphi
Il mito di Edipo, Bettini-Guidorizzi
Itaca, Eva Cantarella. Edizioni Feltrinelli
La Dea Bianca, Robert Graves. Edizioni Adelphi
Atlante dei miti dell’antica Grecia e di Roma antica. Edizioni Demetra

Immagine: Sirens, di Herbert James Draper, 1909

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