Il Tempio della Ninfa

La Sorellanza delle Nove

Articoli / Avalon
Inviato da Violet 30 Giu 2007 - 01:29

LA SORELLANZA DELLE NOVE
Tra Mito e Realtà


Introduzione

Le tradizioni celtiche sono costellate da manifestazioni della Dea Madre nel suo triplice aspetto. Ella si presenta come Vergine, Madre e Anziana, come Dea della Luna crescente, piena e calante, come Madre terrestre, celeste e dell’Altromondo, come Signora della nascita, della procreazione e della morte, e in molti altri modi. Alcune delle sue manifestazioni sono formate da nove elementi piuttosto che da tre, perché si ritiene che il nove sia un numero ancora più magico e misterioso rispetto al tre stesso, in quanto si potrebbe descrivere come una sua triplicazione, un tre ancora più potente, perché “tre volte tre”.

Tra le nonuple rappresentazioni della Dea rientrano i sacri ordini femminili, formati da nove Sacerdotesse-Dee in possesso di un’immensa Conoscenza e potere magico, nei quali molti scettici ripongono poche e dubbiose credenze, ma che, fino a prova contraria, esistettero già dalle epoche arcaiche e sopravvissero a lungo anche in tempo celtico, ben nascosti da quelle nebbie che si ergono a proteggere la Magia da coloro che ne sono nemici.
Non sono poche le testimonianze che parlano di queste Sorellanze e sarebbe quindi stolto negare la loro reale esistenza, forse più per una assurda questione di principio che per altro. In ogni caso le poche notizie che si hanno su di esse trovano migliore sviluppo nelle leggende, nelle fiabe e nei miti, che sono molto più adatti a contenere ciò che è fantastico ed incantevole rispetto alla pura realtà, la cui visione, soprattutto al giorno d’oggi, è totalmente disincantata.
Ormai si è soliti pensare che ciò che è magia, meraviglia, sogno, non faccia veramente parte del mondo reale, che non sia “vero”, ma questo non significa che si abbia ragione a crederlo. Coloro che guardano il mondo con i soli limiti della ragione spesso non si rendono conto di quanto poco riescano a vedere e di quanta bellezza si privino allo sguardo, perché potrebbe non essere tutto come appare in superficie, potrebbe non essere tutto così spoglio, sterile e limitato. Potrebbero essere le Nebbie a mostrare una realtà materiale illusoria, nascondendo ciò che, al di là di essa, vive sin dai tempi primordiali in un divino incanto, impensabile per la mente umana.
Se si considerasse plausibile questa ipotesi, allora bisognerebbe riservare uno spazio alla Magia e a ciò che è misterioso e meraviglioso nella propria visione della realtà, e quindi iniziare a credere che tutto ciò che è racchiuso nei miti, nelle fiabe e nelle leggende non sia tutto una ingenua fantasticheria, ma che invece contenga qualcosa di vero, se non altro anche solamente a livello simbolico.
Così le Sorellanze sacre, con i loro immensi poteri e la loro Magia potrebbero essere valutate non come un insieme di storie lontane dalla realtà ma come una Realtà vera e propria, sicuramente diversa da quella comune ma non per questo meno veritiera.
E’ con questo spirito che si richiede di leggere questo scritto, perché solo in questo modo potrebbe essere compreso al di là delle mere parole, e magari potrebbe donare qualche consapevolezza in più su cosa fosse la Magia antica, e su cosa le divine Sacerdotesse custodissero nell’Anima.

Nota: Gli ordini sacerdotali femminili trattati di seguito contengono tutti una piccola parte del mosaico completo, della “visione d’insieme” di ciò che furono le antiche Sorellanze sacre, ma molto è stato interpretato e ampliato seguendo un certo “ascolto” di ciò che sta oltre le poche parole messe a disposizione dalle fonti consultate. Ciò che si è ricavato dallo studio delle singole Sorellanze è un insieme di elementi comuni, quasi che ogni singolo gruppo femminile sia specchio degli altri. Di questi elementi comuni si parlerà alla fine dell’articolo.
Le Sorellanze descritte non vogliono in alcun modo escludere le altre non affrontate qui, quali per la troppa complessità (per esempio le nove Dame del Lago, che andrebbero affrontate singolarmente), quali per una zona di appartenenza diversa da quella prettamente celtica.


La Sorellanza delle Nove

Le Nove Morgen [1]
Le Nove Streghe di Gloucester [2]
Le Nove Fanciulle del Calderone [3]
Le Nove Korrigan [4]
Le Nove Sacerdotesse galliche dell'Isola di Sena [5]
La realtà dei poteri magici delle Antiche Sacerdotesse [6]

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Le Nove Morgen

L'Isola dei Pomi è chiamata anche Isola Fortunata perchè produce ogni bene da sé. Non ha bisogno che i campi siano arati dai contadini: non conosce alcun tipo di coltivazione, se non l'opera spontanea della natura. Offre perciò messi abbondanti, uva e frutti nati dai germogli che spuntano dai boschi. Il suolo genera tutto, e per di più con la facilità con cui cresce l'erba. Si vive un secolo e oltre, laggiù. In quel luogo nove sorelle governano felicemente coloro che le raggiungono dalle nostre terre. La maggiore si perfeziona nelle arti mediche e spicca tra le altre per la rara bellezza: si chiama Morgana e ha studiato le proprietà delle singole erbe per curare i malati. Le è anche nota l'arte di trasformarsi e di solcare il cielo, come Dedalo, facendosi spuntare le ali. Quando vuole, è a Brest, a Chartres oppure a Pavia, o discende dal cielo sulle nostre regioni. Dicono che abbia insegnato l'astrologia alle sorelle: Moronoe, Mazoe, Gliten, Glitonea, Gliton, Tyronoe, Thiten e Thiton, famosissima suonatrice di cetra.”
La follia del Mago Merlino (Vita Merlini), Geoffrey of Monmouth

Sulle sponde dell’Isola Sacra, il profumo dei fiori di melo e dei frutti maturi riempie l’aria tiepida, e la divina bellezza delle colline, dei boschi e degli specchi d’acqua incanta gli occhi trasognati di quelle fortunate Anime che, in vita o dopo la morte, varcano le magiche nebbie.
In questo luogo di tranquillità e pace assoluta vivono le Morgen, nove Donne-Dee che personificano l’Armonia della Terra, l’Essenza divina di Avalon e la sua Magia. Il loro è un Regno senza Tempo, perché esiste al di là del Tempo eppure nel suo stesso centro, nascosto oltre le Nebbie dell’Illusione. Qui, esse governano secondo le arcaiche Leggi naturali della Grande Madre, mantenendo l’Equilibrio, l’Armonia e fungendo da Preservatrici delle Antiche Tradizioni.
La loro Conoscenza deriva dalla perfetta comunione con Avalon e con la Dea che risiede in essa, della quale rappresentano le diverse sfaccettature, come tanti raggi dorati unici nella loro sfumatura, eppure diramati dalla stessa Fonte luminosa.
Le poche fonti che accennano alla loro esistenza raccontano che una di loro, la maggiore, eccede nelle arti e nella sapienza, nonché nella bellezza. Ella è la divina Morgana, la Signora delle Mele, colei che conosce i segreti della Natura, le proprietà medicamentose delle erbe, dei fiori e delle piante, ma anche le scienze della Terra, la fisica, la matematica, l’astrologia e tutte le Arti, tra cui dialettica, poetica e musica.
Tutto ciò che lei ha appreso lo ha insegnato alle sue sorelle, che a loro volta ne sono diventate esperte e Maestre. Una di loro, l’incantatrice Thiton, sa allietare lo spirito al suono delicato della sua cetra, e si presume che anche le altre Morgen conoscano modi diversi, congeniali alla loro indole e alla loro particolare natura, per dare forma all’Arte e rendere ancora più meravigliosa la vita in Avalon.
Esse sono Nove, ma i loro nomi evidenziano il loro essere nonuplici rappresentazioni della Triplice Dea, ovvero tre volte tre. Questi, infatti, sono raggruppabili a tre a tre per la similitudine della loro radice: così Morgana, Moronoe e Mazoe sono il primo gruppo, Glitonea, Gliten e Gliton sono il secondo e Tyronoe, Thiten e Thiton sono il terzo. Le Nove diventano Tre e le Tre diventano Una, Morgana, colei che nel suo ampio mantello scuro abbraccia e rappresenta tutte.
Come Morgana, le Morgen operano Magia e incantesimi, sono Guaritrici e Profetesse, perché sono la Voce della Terra, della Sovranità, e nonostante siano ad Avalon conoscono ciò che accade sulla Terra manifesta, intervenendo di tanto in tanto nelle sue vicende.
Inoltre esse sono in grado spostarsi con lo spirito ovunque lo desiderino e di mutare il proprio aspetto in ciò che preferiscono, anche se, quando attraversano le nebbie della loro Isola Sacra e giungono sulle nostre terre conosciute, prediligono assumere le forme di vecchie streghe oppure di corvi.
Questa loro capacità risulta chiara nell’opera “Didot Perceval” (“Il Romanzo di Perceval in Prosa”), in cui viene narrato il viaggio di Perceval verso il Castello del Re Pescatore. Durante il viaggio l’eroe giunge ad un misterioso guado, che nella tradizione celtica simboleggia uno degli accessi all’Altromondo, ma soprattutto, il luogo in cui le forze opposte si scontrano, e qui incontra un cavaliere di nome Urban, che vi fa la guardia. I due uomini si scontrano e Perceval sconfigge l’avversario, il quale gli racconta che la sua amata Signora (identificabile con Morgana), padrona di un magico castello invisibile nel quale vive insieme alle sue Sorelle, gli ha chiesto di proteggere il Guado per un anno, alla fine del quale egli avrebbe avuto per sempre il suo amore. Perceval, avendo sconfitto il Cavaliere del Guado, dovrebbe prenderne il posto e continuare la Tradizione (fungendo, come Urban prima di lui, da Protettore e Preservatore delle Tradizioni Antiche), ma rifiuta di farlo e in seguito a questa sua scelta un rumore assordante scuote tutta la terra e una Voce gelida lo maledice per aver causato la più grande delle sofferenze alle Donne del Castello. Immediatamente un gran numero di corvi nerissimi assalgono Perceval da ogni parte ed egli riesce a ferirne uno, il quale cade a terra e si trasforma in una Donna dall’aspetto incantevole. Allora i corvi si stringono amorevolmente intorno al corpo e lo portano via in volo.
Urban spiega quindi a Perceval che la Voce che egli aveva sentito apparteneva alla sua amata Signora, e che colei che lui aveva ferito era una delle sue sorelle. Ella, però non avrebbe patito alcun danno per la ferita subita, perché in quello stesso momento era al sicuro, ad Avalon.
Questo pezzo molto significativo svela che le Nove Sorelle di Avalon, oltre ad essere profondamente legate alle Tradizioni ed assolutamente ostili verso coloro che si rifiutano di preservarle, possono manifestarsi nel mondo manifesto, campo di eterne battaglie tra le forze opposte, ma ciò che di loro può venire attaccato o ferito non è altro che una piccolissima parte del loro Essere. La loro Essenza vive in Avalon e perciò loro sono al sicuro. Ciò che può avvenire sulla Terra non le coinvolge più di tanto, perché se da una parte esse possono partecipare ai suoi eventi, dall’altra mantengono il loro centro in Avalon. La loro Anima è in Avalon e l’Isola Sacra non può essere scalfita da armi appartenenti al mondo degli uomini, così come l’anima profonda non subisce le ferite che colpiscono e danneggiano il corpo materiale.
La loro Centralità, che esiste a prescindere dalle varie manifestazioni tangibili, è intaccabile ed è anche alla base del loro potere Guaritivo e della loro capacità di mutare la forma. Esse non hanno bisogno di identificarsi in ciò che personificano perché conoscono ciò che si cela al di là delle varie maschere, e questa Conoscenza permette anche di guarire da ogni male, fisico o spirituale, sia loro stesse che gli altri.
Ed è per offrire la Guarigione dalle gravi ferite che le Nove Morgen, guidate da Morgana, accolgono il Grande Re Artù alla fine della sua vita sulla Terra, come le leggende e le fonti arturiane raccontano. Artù viene condotto in Avalon e la Signora delle Mele gli promette di curarlo e di rigenerare il suo corpo, se egli vorrà rimanere presso di lei e delle sue Sorelle per lungo tempo.
Esse si occupano di coloro che giungono all’Isola dalla terra degli uomini, rivelando di essere Conduttrici di Anime e Madri di Rigenerazione. Si prendono cura degli eroi facendoli riposare nell’incanto della loro dimora, fino al giorno in cui essi si rialzeranno e saranno pronti per vivere una nuova vita sulla Terra.
Così fanno coloro che percepiscono il Fuoco di Avalon bruciare nel cuore, e così farà anche Artù, come narrano le leggende celtiche. Le Morgen lo condurranno sulla loro barca che valicherà le lievi onde del lago per tornare alla Terra, e come furono Levatrici di Morte così saranno Levatrici di Vita, Custodi del Lago nebbioso che collega i due mondi.
Così egli lascerà l’Isola in cui tutti i Sogni sono realtà e ripercorrerà le strade verso il mondo umano quando di lui vi sarà bisogno, e se gli uomini di oggi, ormai persi e incuranti nell’illusione delle Nebbie, potranno meritarsi questo sacro ritorno.
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Le Nove Streghe di Gloucester

Sono Nove, tutte vecchie, e tutte, dalla prima all’ultima, hanno facce che farebbero scappare terrorizzato qualsiasi uomo, perfino nel cuore della notte.”
I Mabinogion, Evangeline Walton

Nel silenzio della loro dimora, illuminata dalle candele e protetta dalle ombre, le Nove Streghe contemplano il lento tramutare degli eventi, osservano il Cambiamento, profetizzano sugli eventi futuri e tessono le trame del Destino.
Sono nove sorelle, triplici rappresentazioni della triplice Sovranità nel suo aspetto orribile, selvaggio e pericoloso; sono vecchie, eppure spietate guerriere, maestre di battaglia dedite al Taglio delle Teste.
Il loro ruolo è quello di Iniziatrici.
Il loro compito è di manifestare i segreti disegni del Fato
.

Nella tradizione celtica esisteva l’usanza di mandare i giovani promettenti ad apprendere l’arte della battaglia da sapienti Donne guerriere, che avrebbero insegnato loro la cavalleria e l’uso delle armi, rendendoli abili ad affrontare la vita, con le sue avventure, le sue sfide, le sue prove.
Le Nove Streghe di Gloucester seguono questa tradizione, e come Scathach, l’ombrosa e invincibile guerriera che aveva educato alla battaglia il grande eroe Cu Chullain delle saghe irlandesi, sono le uniche in grado di tramandare l’arte della magia che rendeva invincibile colui che affrontava lo scontro.
La loro comparsa nella vicenda gallese di Peredur (esatto corrispettivo del Perceval di Chrètien de Troyes) appare quasi come cosa di poco conto, sopraffatta e oscurata dalle grandi meraviglie che l’eroe incontra nel suo interminabile viaggio. Eppure esse stanno alla base di tutta l’Avventura, di tutta la Ricerca, di tutto il percorso che porta Peredur a diventare ciò che è nato per essere, e che soltanto alla fine del suo Viaggio riesce a divenire.
In questa storia il giovane eroe affronta una lunga ricerca, assai simile alla Cerca del Graal di Perceval, che lo porterà alla corte del Re Zoppo, suo zio (assimilabile al Re Pescatore ferito del romanzo cortese), il quale gli suggerisce di non fare domande quando giungerà nel Castello delle Meraviglie, di proprietà di un altro suo zio. Arrivato a questo magico Castello egli assisterà, senza far domande, alla processione di due giovani uomini, che portano una lancia dalla quale colano tre rivoli di sangue, e di due damigelle, che portano un piatto colmo di sangue al centro del quale giace la testa di un uomo.
In seguito alla comparsa di questi arcani oggetti dal significato misterioso, simili al Graal stesso in quanto sacri simboli dell’Altromondo legati al sangue, Peredur incontra una delle Nove Streghe di Caer Lloyw (Gloucester), e riesce a vincerla in battaglia, accogliendo poi la sua richiesta di mercè e il suo invito a seguirla alla Corte delle Streghe, dove egli apprenderà la cavalleria e come si maneggiano le armi.
La Strega rivela al giovane che è il Destino a volere che questo avvenga, e sarà poi lo stesso Destino, conosciuto ed intessuto dalle Nove Streghe sin dall’inizio, a volerle sopraffatte ed uccise proprio dal giovane da loro istruito.
Alla fine della storia, infatti, viene svelato che la misteriosa testa che giaceva sul piatto d’argento colmo di sangue, nel Castello delle Meraviglie, era stata precedentemente mozzata proprio dalle Nove Streghe, ed apparteneva al cugino di Peredur. Inoltre, anche il Re Zoppo era stato ferito dalle Nove Streghe, ed è per questi motivi che l’eroe, aiutato dai Cavalieri di Artù, le dovrà uccidere tutte, concludendo, con questa strage, l’intera vicenda.
Da questi particolari, emersi solo alla fine della storia, si intuisce che le Streghe non sono solo profetesse del Destino ma anche sue fautrici e creatrici dell’intera Avventura. Sono Tessitrici e Donatrici di Destini per l’eroe che deve intraprendere il Viaggio.
Esse rappresentano la Sovranità ed assumono quell’aspetto che Morgana La Fata ama tanto impersonare, ovvero quello di Sfidatrici e istitutrici dei pericolosi Giochi dal profondo significato simbolico, e dalle enormi conseguenze per i fortunati Cavalieri prescelti.
Come le Nove Korrigan, di cui si parlerà in seguito, anche le Streghe di Gloucester amano assumere l’aspetto di orrende megere nel mondo degli uomini, ma questo non esclude la loro natura meravigliosa che si rivela solo quando, con passo sicuro, oltrepassano la sottile barriera argentea che divide il mondo comune dall’Altromondo fatato.
Il loro volto è un duplice volto, che se da un lato terrorizza e lancia le temute sfide, dall’altra dona con benevolenza il premio per la vittoria conquistata.
Esse sono nove, parti l’una dell’altra, ma come in ogni Sorellanza di Nove è sempre una a parlare, quasi che ella possa rappresentare le parole di ognuna, fondendo nove voci in una soltanto, perché lei è la prima delle Nove e quindi anche l’Una che le contiene tutte.
Il loro compito è quello di rendere abili i cavalieri prescelti, per virtù e coraggio, ad affrontare l’Impresa che li condurrà verso una trasformazione completa, per questo rendono manifesti i segreti disegni del Destino. Ed è per questo, ma non solo, che sono Iniziatrici.
Esse sono descritte come Donne terribili dedite al Taglio della Testa, ma il Taglio della Testa non è altro che il sacrificio alchemico per mezzo del quale l’Opera di trasformazione viene compiuta, ovvero la morte iniziatica, la fine di una condizione perché si possa accedere ad un livello di Conoscenza superiore. E la processione di una Testa potrebbe forse essere considerata un messaggio di Conoscenza che viene mostrato, un Simbolo Sacro di Iniziazione che proviene dall’Altromondo, e che furono proprio le Streghe a creare.
La loro, quindi, è un’Arte Misterica, e il loro volto è terribile anche per questo. Perché rispecchia tutte le paure degli uomini di fronte all’Ignoto.
Solo i più valorosi sono degni di sostenere lo sguardo terribile di queste Streghe detentrici di Conoscenze arcane. Solo i più virtuosi possono riceverne gli Insegnamenti ed essere da loro aiutati e resi abili alla Cerca.
E l’intera Avventura si conclude proprio con la loro scomparsa, che forse corrisponde proprio al completamento dell’Iniziazione.
Così le Nove si allontanano e passano oltre le nebbie del visibile, riprendendo la loro forma originaria.
Giunte alle loro dimore tornano ad osservare i cambiamenti del tempo e a tessere le trame del Fato, in attesa di nuove Sfide, di nuovi Destini e di nuovi viaggi avventurosi da sottoporre a quei giovani cavalieri valorosi che saranno degni di affrontarli.
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Le Nove Fanciulle del Calderone

Nella Fortezza dalle Quattro Torri, che si avvolgono su loro stesse
il mio primo Canto fu proferito,
Dal Calderone,
dal Respiro di Nove Fanciulle gentilmente intiepidito.
Di che natura è fatto il Calderone del Signore dell’Annwn?
Scuri ornamenti e bianche perle sul suo bordo.
Esso non bollirà la carne dei codardi –non è questo il suo Destino
.”*
Preiddeu Annwn, dal Libro di Taliesin

Nella segreta Fortezza dell’Altromondo, su un’Isola incantata nascosta oltre le onde del mare, le Nove Fanciulle, respirano dolcemente sul Calderone della Saggezza.
Il loro tiepido soffio lo mantiene caldo e imbeve la meravigliosa sostanza contenuta al suo interno di magici Doni d’Ispirazione.
Loro sono le Guardiane del Calderone. Ne conoscono i più intimi segreti, celati nelle profondità della terra umida e tiepida.
Sono coloro che Donano l’Ispirazione, perchè loro è la Chiave della Porta Dorata, che mostra la vera Essenza del Divino.
Le loro bianche vesti danzano nel calore del lieto respiro.
Le loro mani intrecciate fanno delle Nove un’Unica anima.
Loro è la Conoscenza dell’Awen misterioso.
La loro Voce è il Canto di Creazione
.

La nave salpa dalla terra e scivola, silenziosa, sulla superficie lievemente increspata del mare, alla volta di luoghi sconosciuti, magici e affascinanti.
Il mare nasconde alla vista misteriosi varchi, oltre i quali la realtà assume nuove forme e Isole Incantate possono apparire laddove sembravano esserci solamente onde e fitta foschia.
Isole in cui le sacre Presenze del Divino si manifestano in simboli arcaici, e le memorie della vita sfuggono alla mente, spazzate via dalla brezza.
Il viaggio verso posti lontani, raggiunti attraverso le acque, spesso rispecchia il viaggio nell’Altromondo, che spesso assume le forme di terre lambite dalle onde sulle quali vivono Donne dall’aspetto incantevole, e dalla sconfinata Conoscenza. E proprio un simile viaggio viene raccontato nel poema attribuito a Taliesin, “Preiddeu Annwn”, o “The Spoils of Annwn”.
In quest’opera Re Artù salpa sulla sua gloriosa nave Prydwen, alla volta di sei straordinarie fortezze, in una delle quali si trova il Calderone della Sapienza e della Pienezza, custodito da Nove Fanciulle bellissime che lo mantengono caldo con il loro magico respiro.
Queste Fanciulle sono paragonabili alle Nove Muse della tradizione classica perché sono intimamente legate all’Awen, la luminosa Ispirazione che nutre i poeti nella loro arte, e che conferisce la Conoscenza di tutto ciò che è, che è stato e che sarà. Esso rispecchia l’unione dell’Acqua con il Fuoco, i due principi opposti eppure complementari. L’acqua, infatti, bollendo scaldata dal fuoco, si trasforma in caldo vapore, e il vapore, pregno dei magici poteri d’Ispirazione, provoca il cambiamento nella coscienza, l’apertura degli occhi profondi, l’acquisizione della Vista di ciò che è nascosto.
L’Awen, pertanto, è una sostanza misteriosa che non ha forma, una Fiamma luminosa che non è raggiungibile razionalmente, ma solo attraverso l’Ascolto, o meglio, il Respiro. È paragonabile ad una sorta di Sogno non manifestato che giunge ai poeti in modi sconosciuti, e questi, folgorati dalla meraviglia dell’illuminazione, lo fanno vivere nella realtà, attraverso i loro versi ispirati divinamente.
La stessa parola gallese, “Awen”, richiama il “canto poetico” (“seis”), “l’ascolto” (“cluas”) della Voce divina, “l’aria” luminosa, ma soprattutto il “respiro” (“anal”), che viene attinto direttamente dallo Spirito, dalla Sorgente Antica, e viene poi “soffiato” fuori, insieme a tutto il suo potere incantante (da “in-cantare”, ovvero “cantare dentro”, traducibile con “che fa cantare l’Anima”).
Le Nove Fanciulle sono le Guardiane del Calderone, che racchiude al suo interno questa magica sostanza, e possiedono questo meraviglioso Soffio Divino che scalda dentro, che “fa cantare”, che risveglia ciò che è assopito, che accende e mantiene acceso il mitico Fuoco nella Testa, ovvero quella luminosità che giunge in seguito ad un’Iniziazione ai Misteri antichi e che mostra la Verità nascosta oltre l’illusione, la materia, l’inganno, ma anche ciò che è meraviglioso e che nella normale vita umana non si riesce a percepire.
Il Respiro delle Nove Fanciulle, quindi, è un “respiro musicale” che spalanca le porte della percezione e trasporta nell’Estasi dell’Anima; ed esse sono Oracoli, dalle cui rosee labbra il Canto prende forma e la Conoscenza si riversa in coloro che si predispongono per accoglierla.
Sono emanatrici d’Ispirazione i cui doni, che solo pochi fortunati possono ricevere, sono la Memoria della Sorgente, la Saggezza profonda e il regno nell’Altromondo, e custodiscono la Chiave per accedere al Calderone, e per rinascerne come Iniziati ai Misteri della Grande Madre.
Il loro essere Nove ci suggerisce nuovamente la loro natura simile, il loro essere triplici rappresentazioni della Triplice Dea, questa volta vista come Fonte di Sapienza. Ma il loro legame con il Calderone richiama anche la loro connessione con la Sovranità della Terra, la Sovranità che bacia solo gli eroi, solo coloro che posseggono virtù e animo nobili. Il Calderone, infatti, non cuoce la carne dei vigliacchi e dei codardi, ma solo quella dei veri cavalieri che hanno superato tutte le prove e sono sopravvissuti “rimanendo saldamente in piedi sopra le rovine”. Solo questi potranno sperare nella trasformazione, che giunge con l’acquisizione dell’Awen, e nella successiva rinascita a nuova vita.
Le Fanciulle sono ciò che si incontra quando, dopo aver vagato e cercato a lungo senza desistere, si raggiunge la meta del viaggio, il Centro. Sono ciò che attende il viandante stremato che ha navigato per anni, secoli o vite intere, attraverso le acque calme o avverse, affrontando le tempeste, la fame e la sete.
Grazie al loro Respiro egli finalmente trova la Pace e il Nutrimento. Colui che è ferito o malato trova la Guarigione.
E colui che desidera incantare con la sua Arte trova il Sogno, che la sua voce e le sue abili mani porteranno alla vita.

*Traduzione di Violet

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Le Nove Korrigan

Le stelle si specchiano tremolando sulla superficie di un’antica fonte segreta, accolte dai dolci canti femminili.
Le voci si abbracciano in una perfetta armonia di suoni e il luminoso Calice di Cristallo viene innalzato ad incontrare i raggi della Luna.
Nove Donne fatate lo sostengono tra le mani, e nell’attimo sacro il Tempo si ferma e la Magia della Madre sboccia simile ai fiori primaverili.
Nel ripetersi del rito arcaico la Consapevolezza divina trova il suo nutrimento, ancora una volta
.

Le leggende che ancora aleggiano nei bellissimi boschi della Bretagna narrano di nove Donne fatate, chiamate Korrigan, che vivono in prossimità delle sorgenti antiche, dei fiumi, delle correnti sotterranee, dei laghi e delle fontane, e che sono legate profondamente all’acqua in tutte le sue forme. In origine, esse erano probabilmente nove Sacerdotesse che vivevano in una foresta incantata (forse Broceliande), a distanza dalla gente normale, e si dice discendessero direttamente dalle antiche Druidesse celtiche, ma che sopravvissero nel folklore come semplici fate, dall’aspetto di piccole entità candide, evanescenti, e dal volto grazioso.
Queste fanciulle possedevano magici poteri ed erano capaci di predire il futuro e di mutare forma, trasformandosi a proprio piacimento in tutti gli animali; avevano il dono della Guarigione fisica e spirituale e potevano viaggiare ovunque desiderassero, volando con lo spirito da un capo all’altro del mondo in un batter di ciglia. Inoltre, danzavano divinamente e cantavano in un modo che avrebbe potuto ammaliare i fortunati che, di nascosto e senza farsi vedere, le avessero udite.
Erano splendide Vergini di notte, quando operavano i loro riti antichi e le loro potenti magie, e orribili vecchie rugose di giorno, con i capelli bianchi e gli occhi rossi, colori che richiamano la loro appartenenza all’Altromondo e il loro legame con i Misteri della Dea.
Si dice che fossero molto pericolose per gli uomini che accidentalmente le avessero incontrate, specialmente se stavano compiendo i loro riti, si stavano pettinando i meravigliosi capelli dorati o erano intente a contare le loro ricchezze presso un dolmen. Essi infatti, a differenza delle donne, che non avrebbero corso alcun pericolo, quasi sicuramente sarebbero stati uccisi.
Inoltre queste fanciulle cercavano, in certe particolari occasioni, di sedurre gli uomini piacenti e di indurli a dormire nei loro morbidi giacigli, e se questi accettavano avrebbero ricevuto grandi doni e grande Fortuna, ma se si rifiutavano sarebbero incorsi in una terribile maledizione e di lì a poco sarebbero morti.
Sempre alle Korrigan era attribuita la responsabilità per la scomparsa dei bambini, che si diceva loro rapissero e portassero in luoghi incantati. Questo particolare potrebbe collegarle alle antiche tradizioni celtiche, in cui i fanciulli venivano affidati a madri adottive che li allevavano per un certo periodo, durante il quale avrebbero appreso diverse arti, compresa quella del combattimento.
Queste nove Donne sarebbero quindi strettamente connesse non solo alle Nove Streghe di Gloucester, che insegnarono a Peredur l’arte della cavalleria, ma anche alla divina Dama del Lago, Viviana la Fata, che aveva allevato Lancillotto e gli aveva insegnato tutto ciò che, nel mondo degli uomini, avrebbe potuto fare di lui uno dei migliori Cavalieri al servizio di Artù.
In occasione dei rituali di Primavera, durante i quali la loro Magia era al culmine, le Nove Korrigan si radunavano in prossimità di sorgenti e corsi d’acqua sacri. Qui, una luminosa tovaglia bianca come la neve veniva stesa sull’erba e questa si ricopriva da sola di ogni cibo squisito, di ogni dolce bevanda inebriante e della migliore birra. Al centro della tovaglia splendeva di luce dorata il Calice di Cristallo, che le bellissime Fanciulle innalzavano alla Luna e si passavano di mani in mani, ripetendo antichi gesti ormai dimenticati.
Ciò che il Calice conteneva era un liquore fatato, che diffondeva l’Ispirazione divina, e che, se fosse stato assaggiato, anche solo nella quantità di una goccia, avrebbe conferito tutta la Saggezza degli Dei. Quanto al Calice di Cristallo, esso è chiaramente un simbolo della Grande Dea e dell’Altromondo, assimilabile al Calderone dell’Awen e al Grembo della Madre. Le stesse Korrigan, nel rito del Calice, richiamano le Nove Fanciulle che soffiano sul Calderone e Cerridwen, che è l’Iniziatrice ai Misteri. Come lei, sono Guardiane e Protettrici dei simboli e dei luoghi sacri e sono legate alle acque che scorrono nella terra, nel corpo umido e florido della Dea.
L’atto d’innalzare la coppa è un inno alla Luna, al Grembo, alla Madre, alle acque, ma anche a quell’essenza magica che si nasconde proprio all’interno del ventre della Donna, e che è in grado, se risvegliata, di riempire la vita di gioia e incanto, nonché di perenne Ispirazione, intesa come continua percezione intima del Soffio divino.
Quando non si presentavano come nove Donne, le Korrigan diventavano una soltanto, che era colei che rappresentava tutte. Questa Donna Fata possedeva una bacchetta magica che era in grado di trasformare la foresta, con i suoi alberi e le sue creature selvatiche, in un meraviglioso castello incantato. Qui, nelle notti bagnate dai raggi della luna, la Korrigan appariva insieme alle sue bellissime sorelle ed ammaliava gli uomini infelici, trasportandoli in uno stato di totale dimenticanza dei dispiaceri, dei problemi fastidiosi, dei pensieri e dei pesanti ragionamenti che nella vita di tutti i giorni ci appaiono come cose serie, indispensabili e di vitale importanza.
L’assenza di questa pesantezza mentale (paragonabile alla simbologia del “Taglio della Testa” praticato dalle Nove Streghe di Gloucester) conduceva gli uomini alla Felicità, alla Gioia, alla Pace completa e ad un Silenzio tale da far percepire l’Anima vibrante di vita, immersa nell’Armonia.
Quando la luce del giorno giungeva a baciare i loro volti addormentati, il castello lasciava di nuovo il posto alla foresta e le Donne, ora vecchie e spaventosamente brutte, sacrificavano gli uomini.
Questo particolare però potrebbe non essere esattamente come appare di primo acchito, ma potrebbe invece richiamare gli antichi riti della Sovranità, in cui la morte non era fisica ma iniziatica, e ciò che da essa scaturiva era una nuova vita piena della Conoscenza del Divino.
Le Korrigan, infatti, custodiscono tutti i simboli delle Sacerdotesse Iniziatrici e il loro atto di “sacrificare” un uomo potrebbe essere inteso secondo il significato etimologico della parola, ovvero “farlo sacro”, “renderlo sacro” per mezzo di particolari pratiche.
Dopo il rito iniziatico, infatti, l’uomo non sarebbe più stato uomo comune, ma Re saggio e consapevole, perché egli aveva compiuto il viaggio attraverso le acque, tanto care alle Korrigan, aveva bevuto dal loro Calice, aveva giaciuto con loro e aveva conosciuto l’Oro dentro di sé, rendendosi sacro agli occhi della Madre e della Terra.
Queste Sacerdotesse sono coloro che conoscono i modi per far sì che avvenga la trasformazione, il passaggio da ciò che è comune a ciò che è sacro e divino, e custodiscono gli antichi riti e luoghi incantati, proteggendoli da chi vuole profanarli o rovinarli.
Quando giunse l’epoca cristiana esse si ritirarono nelle acque e lasciarono solo una vaga memoria nei racconti bretoni, nelle fiabe celtiche e nelle leggende. Esse rimasero padrone di quei luoghi naturali ancora pregni di magia divina, dai quali si dice che la Madonna non le abbia “scacciate”, nonostante l’aspro odio reciproco.
Lo stesso clero non riuscì a sradicare le credenze che facevano brillare gli occhi dei fedeli, quando giungevano presso le fontane e i corsi d’acqua un tempo popolati da queste magiche fanciulle, ma col tempo maturarono storie diverse riguardo alle Korrigan, le quali le designarono come antiche principesse che, non avendo voluto accettare ed accogliere la religione cristiana, furono maledette da Dio. Esse erano perfino viste come anime disperate di antiche druidesse che erano state condannate a fare eterna penitenza, o confuse con spiriti oscuri animati da un dio violento che odiava il cristianesimo e i suoi officianti.
Nonostante queste falsità, la memoria delle Korrigan è rimasta impressa nel territorio da loro custodito, e ciò che rimane della loro esistenza, sicuramente discutibile ma non del tutto negabile, ci permette di risalire a quello che, forse, realmente rappresentavano: una Sorellanza di Donne sagge e consapevoli della propria divinità, conservatrici delle Antiche Armonie e conoscitrici della Gioia dell’Altromondo.
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Le Nove Sacerdotesse galliche dell’Isola di Sena

Sena, nel mare britannico, di fronte al litorale, presso gli Osimii, è degna di nota per l’oracolo della divinità gallica le cui sacerdotesse, si dice, sono nove vergini perpetue.
Esse sono chiamate Gallicenae; pretendono di calmare, con i loro canti e con i loro singolari artifici, i mari in tempesta e i venti e di trasformarsi in qualsivoglia animale. Sanno guarire quello che altri non riescono a guarire e sanno predire il futuro
.”
De situ orbis (III, 16), Pomponio Mela

Bagnata dalle onde del mare, vicinissima alla costa bretone, l’Ile de Sein fu la dimora di una Sorellanza di Nove, devote alla Dea della Luna e consacrate ai suoi Misteri.
Le leggende degli antichi ordini femminili trovano qui un riscontro nella realtà, riportata fedelmente e minuziosamente dal geografo latino Pomponio Mela, che mise su carta le sue scoperte e che descrisse l’isola bretone come famosa per la presenza di un oracolo di una divinità gallica, e di nove Vergini perenni, in tutto e per tutto simili a quelle “mitiche” delle tradizioni celtiche.
Queste Donne era probabile fossero vergini nel senso antico del termine, ovvero “fiorenti”, “verdeggianti”, “rigogliose”, “piene di succo” (“virgo” = “fiorente, robusto, forte”; “vireo” = “verdeggiante”; “varg” = “turgido, pieno di succo, lussureggiante, vigoroso”), e che quindi non avessero nulla a che vedere con la “castità”, che nel linguaggio corrente è un chiaro sinonimo di “verginità”. Esse erano piene nella loro perfetta completezza e libere da qualsiasi vincolo o possessione da parte di un uomo, nonostante non ne disdegnassero le attenzioni quando, con la loro barca, si allontanavano dall’isola e giungevano nelle terre conosciute, tra le persone comuni.
Secondo lo studioso romano, queste nove Donne sacre, si suddividevano in tre gruppi (probabilmente tre gruppi di tre), che svolgevano mansioni diverse e avevano diritti e doveri differenti.
Il primo gruppo era formato dalle Sacerdotesse custodi dell’Isola, che non ne uscivano mai e che dovevano mantenersi sempre caste. Esse si occupavano del mantenimento del Fuoco Sacro che doveva ardere perennemente sull’isola.
Il secondo gruppo era formato dalle Sacerdotesse che, nonostante mantenessero la loro dimora sull’isola, potevano spostarsi liberamente, potevano parlare con le persone del mondo comune e, se lo desideravano, sposarsi con un uomo. Esse avrebbero comunque vissuto sempre sull’isola, recandosi dai propri uomini solo in certi periodi dell’anno, durante i quali potevano svolgere i loro piaceri coniugali. Esse sapevano predire il futuro leggendolo sulle foglie del vischio.
Il terzo gruppo era formato dalle Sacerdotesse anziane (non necessariamente d’età), le quali si muovevano liberamente dentro e fuori dall’isola e si occupavano di mantenere sempre vive le antiche tradizioni religiose. Esse compivano profezie leggendo le interiora dei corpi umani sacrificati e praticavano l’astrologia; erano in grado di evocare e controllare le tempeste, le onde del mare e i venti, erano capaci di mutare le proprie sembianze, trasformandosi in uccelli, e conoscevano tutti i rimedi naturali e sottili per curare ogni tipo di malattia.
Questi tre gruppi sono considerati da molti tre diversi livelli di apprendistato, in cui il primo è il più basso, il secondo quello medio e il terzo il più elevato. Ma si potrebbe ritenere che non sia così, e che invece i tre gruppi rappresentino qualcosa di più profondo e significativo. Risulta infatti interessante notare come i tre livelli siano perfettamente associabili ai tre diversi aspetti della Grande Dea, ovvero Fanciulla, Madre e Anziana. Le Sacerdotesse caste che coltivavano e mantenevano acceso il Fuoco, potevano essere coloro che rappresentavano la Fanciulla Vergine, ancora immatura per svolgere certi compiti eppure tanto limpida da poter vegliare sulla Fiamma Sacra. Le Sacerdotesse che avevano contatti col mondo esterno e potevano decidere di prendere un uomo, concependo con lui un figlio a seconda del proprio desiderio, potevano essere legate all’aspetto della Dea Madre. Infine, le Sacerdotesse che predicevano il futuro nei sacrifici, controllavano il tempo atmosferico e si occupavano di mantenere accese le antiche tradizioni, richiamavano l’aspetto della Anziana Signora, di Colei che ha vissuto gli stadi precedenti e ha raggiunto il pieno della Consapevolezza e del Potere interiore, e che si occupa di tramandare le proprie Conoscenze e gli antichi saperi.
In questa chiave di lettura emerge ancora più forte la presenza della Grande Madre all’interno di questa sacra Sorellanza, che ne rappresentava i Volti diversi eppure facenti parte della stessa Essenza Divina.
Come Guardiane della propria isola, le Nove Sacerdotesse si occupavano del suo costante equilibrio e purezza, impedendo a qualsiasi uomo di toccarne le sponde. Soltanto loro potevano spostarsi e recarsi laddove veniva richiesto il loro aiuto o la loro Conoscenza. E nonostante si muovessero per il mondo e partecipassero ad alcuni suoi eventi, ritornavano sole a Sena, senza portarvi nulla che provenisse dal mondo esterno, e ritrovando, ogni volta, la loro dimora perennemente intatta.
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La realtà dei Poteri Magici delle Antiche Sacerdotesse

Il velo luminoso che separa il mito dalla realtà si scosta lievemente e lascia intravedere quanto poco distanti siano queste due dimensioni e quanto forte sia il legame che le unisce.
In effetti le antiche tradizioni non consideravano il mondo sottile e quello manifesto come due realtà separate, ma come due facce della stessa realtà unitaria, armonica nella sua completezza. Coloro che ne erano capaci, potevano viaggiare liberamente da un reame all’altro ricavandone grande Consapevolezza, oltre che benefici e risultati tangibili, ed è proprio questo che le Sacerdotesse arcaiche riuscivano a fare. Esse coglievano la loro Conoscenza da questo scambio continuo tra la realtà comune e quella incantata, e i loro poteri magici, che nonostante le Sorellanze siano diverse, si trovano pressoché identici in tutte, non erano che il frutto di essa, e della comunione perfetta con la Dea Madre, Custode dei Segreti dell’Incanto.
È proprio verso questi Poteri che ora ci rivolgeremo, cercando di darne una visione meno “fiabesca” e più comprensibile, meno mitica e più reale, ma per spiegare cosa essi fossero è necessario fare qualche confronto con quelli posseduti dagli sciamani antichi, dei quali si hanno più notizie. La Conoscenza che li faceva fiorire, infatti, si potrebbe dire che sia sempre la stessa, a prescindere dal Tempo e dallo Spazio (che possono essere estremamente diversi), dalle infinite Strade percorse per raggiungerla e dalle pratiche che aiutavano ad ottenerla.

Il Volo

Secondo quanto detto precedentemente, le Sacerdotesse antiche avrebbero avuto l’abilità di volare da un luogo all’altro in un batter di ciglia. Il loro è un Volo magico che probabilmente avveniva in seguito al distaccamento della loro parte immateriale dal corpo, dello scioglimento dell’Essenza dalla condizione fisica, che, aiutata da particolari pratiche iniziatiche segrete, si innalza e si muove liberamente nei reami sottili, iniziando a viaggiare in una sorta di estasi.
Attraverso questo Viaggio l’Anima Antica, che è la parte divina dell’essere, prende una profonda consapevolezza di se stessa, di ciò che è al di là di qualsiasi personificazione terrestre, del tempo e dello spazio, e fa esperienza diretta col Divino. Durante questo particolare stato, essa può spostarsi in un istante da un capo all’altro del mondo, così come si dice facessero le Sacerdotesse, ed è probabile che essa possa anche spostarsi sulla linea del Tempo, visitando diverse epoche e osservando la loro stessa origine.
In seguito al Volo magico l’Essenza ritorna nel suo corpo corrente e colei che si risveglia ricorda le sensazioni provate nel suo intimo più profondo. Ella rinasce illuminata dalla propria Consapevolezza Divina, pregna di una Felicità senza precedenti.
Questa presa di coscienza equivale ad una centratura nel proprio Sé e dona continuamente beneficio e grande Saggezza. Da essa si genera infatti uno stato d’essere vibrante di vita perché la Sacerdotessa sa che al di là di ogni manifestazione fisica lei E’, e conosce l’origine di tutto, il sacro Grembo Materno che è la Sorgente di ogni creazione visibile e invisibile.
Se l’uscita dal corpo è l’estasi (“stare fuori”), il prendere consapevolezza del Centro è l’instasi (“stare dentro”). Entrambe, unite, completano la Conoscenza dell’Essere.

Nel Volo si dice che le Sacerdotesse assumessero la forma di uccelli, e nel caso delle Sorellanze di Nove questi uccelli erano prevalentemente corvi. Queste trasformazioni in animali, o in altre forme non animali, potrebbero essere possibili a livello sottile proprio perché l’Essenza non ha una forma propria, ma può assumerne diverse come se fossero maschere.
Secondo alcuni studi, gli sciamani antichi erano capaci di superare le barriere della mente e del corpo volando fuori da esso, e nel farlo potevano assumere la forma di un animale. Questo animale, secondo le tradizioni, era il loro totem, il loro antenato zoomorfo, col quale si ricongiungevano totalmente assumendone l’aspetto, o cavalcandolo (si ricordino le streghe medievali, che per recarsi ai sabba si trasformavano in animali o volavano, sul loro dorso).
La stessa cosa può essere vera anche per le Sorellanze sacre, le quali è possibile appartenessero ad un ordine che aveva come totem tradizionale il corvo, forse perché erano legate ad una Divinità femminile legata a questo uccello e quindi ne portavano le vesti. In riferimento a questo è interessante ricordare gli abiti e i mantelli neri delle Druidesse dell’Isola di Mona, che, sbattendo nel vento di tempesta, al suono delle nenie e dei canti magici, ricordavano molto le ali dei corvi e richiamavano tutto il loro mistero.

La "Vista"

La presa di Consapevolezza dell’Essenza, che avviene soprattutto con il Volo magico, apre le porte della percezione verso l’invisibile, verso l’Altromondo e la sua presenza in ogni più piccola cosa facente parte della realtà tangibile. La Vista interiore, quella non data dagli occhi ma dal profondo, si affina e, davanti ad essa, “appare” ciò che prima era nascosto, silenzioso, ignoto.
L’acquisizione della Vista, o “doppia vista”, è paragonabile, infatti, all’accensione di un magico Fuoco nella testa, che illumina ciò che è buio, ovvero rende chiaro ciò che è oscuro, infrange in mille schegge luminose la Nebbia, scioglie i veli che separano il manifesto dal “sottile”.
Colei che la possiede Vede, e conosce la Verità.

La Guarigione

Secondo le antiche tradizioni le malattie sarebbero una conseguenza derivata da un disequilibrio, o una disarmonia che nasce nel profondo dell’essere e si manifesta con certi sintomi anche a livello fisico. Ciò che bisogna fare per guarirle completamente, quindi, è intervenire proprio dove esse si sono generate, profondamente, per riportare l’equilibrio originario.
Attraverso la loro Comunione completa con la Grande Madre, in ogni suo aspetto tangibile e nascosto, le Sacerdotesse conoscevano tutte le proprietà medicinali delle singole erbe, e sapevano meglio di chiunque altro come usarle per curare qualsiasi malattia. Non solo, la loro Conoscenza completa e la loro capacità di Vedere oltre la Nebbia dell’illusione permettevano loro di scorgere anche le energie sottili delle piante e tutta la loro meravigliosa Magia, che avrebbero potuto intervenire proprio nei punti giusti per guarire l’Anima impalpabile prima ancora del corpo. Un’Anima sana ed equilibrata, infatti, porta naturalmente la guarigione al fisico ed è in grado di mantenere lontane tutte le malattie, soprattutto quelle che divorano dall’interno, e che probabilmente sono generate proprio da stati di malessere interiore che, a lungo andare, portano al formarsi di mali anche molto gravi.
Come gli antichi sciamani, è possibile che le sacre Donne fossero anche in grado di intervenire sui malati in spirito, ovvero durante il loro Volo magico, individuando i focolai da purificare, l’origine della malattia e, non è escluso, anche la sua causa, sulla quale potevano interagire.
Le loro capacità, date dalla loro Saggezza, non erano rivolte soltanto ai malati al di fuori della loro Isola, ma anche a loro stesse. Esse, infatti, mantenendo un costante equilibrio interiore e una perenne Armonia dell’Anima, si preservavano dalle malattie fisiche, o ne riducevano considerevolmente gli effetti, smaltendole in brevissimo tempo.

La Profezia e l'Evocazione di eventi atmosferici

Percorrendo i reami nascosti, le Sacerdotesse si innalzavano dalla propria condizione fisica, e quindi anche da ciò a cui questa era legata. Esse uscivano dallo Spazio e dal Tempo e se ne distaccavano tanto da poterli osservare senza esserne condizionate, almeno fino a quando sarebbero tornate nei loro corpi. Il mondo sottile, infatti, custodisce l’Origine di ogni manifestazione temporale o spaziale e viaggiando in esso è possibile scorgerla, traendone auspici per il futuro o leggendo ciò che faceva parte del passato. Così, ritornando nel corpo, le Sorelle potevano profetizzare ed aiutare coloro che chiedevano il loro aiuto.
Inoltre, entrando in particolare sintonia con gli eventi, alla loro origine è possibile influenzarli, per far sì che sulla terra si manifestino in un certo modo. Ed è probabilmente questo che facevano le Sacerdotesse quando si armonizzavano con gli eventi atmosferici e li evocavano, come testimoniato non solo dalle leggende ma anche dalle notizie storiche redatte da Pomponio Mela.
Chiamare il vento, la tempesta o innalzare le onde del mare, era un potere che probabilmente nasceva proprio dal legame che le Donne sacre avevano con la Grande Madre, con la quale erano una cosa sola tanto da poterla impersonare e da creare ciò che Lei stessa crea.

L'Attraversamento delle Acque

Avvolte nei loro manti scuri, col viso radioso e il ramo d’argento tra le dita, le Figlie divine giungevano da ovest cullate dalle onde del lago, o del mare, ed accoglievano le anime e gli eroi sulle sponde delle terre conosciute, per portarli sulle loro Isole incantate. Lì essi avrebbero trovato il riposo, la quiete e l’eterna pace profonda, generata dal ritrovamento dell’Armonia completa.
Le Sacerdotesse viaggiavano navigando dolcemente sulla loro barca, e questa era ciò che le accompagnava dalle sponde delle terre conosciute a quelle di Avalon e viceversa, oltre le Nebbie che dividono le due dimensioni. La barca potrebbe, quindi, essere un simbolo dei mezzi che le Sacerdotesse usavano per Viaggiare spiritualmente, un simbolo delle pratiche misteriche con le quali le antiche Donne si aiutavano per superare le barriere corporali e tuffarsi nel mondo incantato; invece, l’attraversamento delle acque (che comunque poteva essere non solo simbolico ma anche reale, se esse dovevano spostarsi fisicamente da un luogo all’altro), potrebbe simbolizzare proprio il Viaggio in sé, ciò che bisogna percorrere per giungere all’Altromondo, e per poi tornare “sulla terra”, ovvero nel corpo fisico.
Grazie a questo Viaggio sottile, le Sacerdotesse potevano condurre gli spiriti appena trapassati e quelli che non riuscivano ancora ad abituarsi alla nuova condizione, verso la loro nuova dimora, fungendo da psicopompi, ovvero Guide dell’Altromondo che le anime avrebbero potuto seguire per trovare ciò che inconsapevolmente stavano cercando, e sciogliersi nella meraviglia di Avalon.


Epilogo

Questi erano i poteri magici delle antiche Sacerdotesse, ma probabilmente ve ne erano molti altri sconosciuti, generati dalla meravigliosa Conoscenza e Consapevolezza che bruciava nell’Anima, nel Cuore e nella Mente di queste Donne così vicine al Divino.
Per la loro grandiosità spesso si preferisce credere che questi poteri siano solamente fiabe, ma esistono molti riscontri nella realtà, come dimostrato poco sopra, e quindi non è detto che ciò che sia fiabesco sia escluso da ciò che si crede possa essere “reale”.
Aprirsi all’ascolto del meraviglioso, dell’incantato e del magico, è voltarsi verso la loro direzione; iniziare a credere che essi esistano veramente è muovere un passo, un gran bel passo, verso la loro Contemplazione.
Le antiche Sacerdotesse ci parlano ancora attraverso il suono del vento, del mare, della pioggia, degli animali e di tutto ciò che è naturale. I loro simboli vivono ancora pregni del loro originario significato, le loro storie si tramandano ancora nell’incanto della sera, la loro Voce arcaica continua a cantare per noi, anche se ci siamo costretti a non ascoltarla più.
Eppure qualche volta si potrebbe provare ad allungare l’orecchio per ricercare le magiche note nel Silenzio della notte, quando tutta la frenesia del giorno si è sopita e ciò che di solito è sovrastato dal rumore ricomincia a sussurrare.
In quei momenti, forse, si potrebbe avere la Fortuna di percepire il Canto della Grande Madre, che le sue Figlie ben conoscevano, e vivere di quell’attimo solo, che vale la vita intera. Perché quell’attimo, è sospeso al di là del Tempo e dello Spazio, e custodisce tutti i segreti dell’Eternità.



Fonti

Avalon Within: Inner Sovereignty and Personal Transformation Through the Avalonian Mysteries, Jenah Telyndru. BookSurge Publishing; 2005
King Arthur and the Goddess of the Land: The Divine Feminine in the Mabinogion, Caitlin Matthews.Inner Traditions, Rochester, Vermont; 2002
Mabon and the Guardian of Celtic Britain: Hero Myths in the Mabinogion, Caitlin Matthews. Inner Traditions, Rochester, Vermont; 2002
Taliesin, The Last Celtic Shaman, John Matthews. Inner Traditions, Rochester, Vermont; 2002
Ladies of the Lake, Caitlin Matthews. Thorsons, London; 1992
La Follia del Mago Merlino, Geoffrey of Monmouth, a cura di Alberto Magnani. Sellerio Editore, Palermo; 1993
Sir Gawain e il Cavaliere Verde, a cura di Piero Boitani. Gli Adelphi, Milano; 2002.
La Via dello Sciamanesimo boreale, e l’uso del tamburo come strumento di magia e conoscenza, Davide Melzi. Edizioni della terra di Mezzo, Milano; 1996
Le Vergini arcaiche, Leda Bearne. Edizioni della Terra di Mezzo, Milano; 2006
Figure di Donna, Patricia Monaghan. Red edizioni, Milano; 2004
I Mabinogion, Evangeline Walton. Tea, Milano; 2004
La ville d'Ys. Fiabe e leggende di Bretagna, Jigourel Thierry. Keltia, Aosta; 2002
The Mabinogion, traduzione di Gwyn e Thomas Jones. Everyman, 2004
Saghe e leggende celtiche, I racconti gallesi de I Mabinogion, a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini. Mondadori, Milano; 2002
Storia di Re Artù e dei suoi Cavalieri, Thomas Malory. Mondatori, Milano; 1996
La Dea Bianca, Robert Graves. Gli Adelphi, Milano; 1992
Didot Perceval, o The Romance of Perceval in Prose, tradotto da Dell Skeels, http://www.ancienttexts.org/library/celtic/ctexts/pdindex.html
Dizionario etimologico: Avviamento alla etimologia italiana, Giacomo Devoto. Le Monnier Firenze; 2002
Dizionario etimologico della Lingua Italiana, Ottorino Pianigiani. http://www.etimo.it
Preiddew Annwn, dal Llyfr Taliesin, tradotto da Sarah Highley, http://www.lib.rochester.edu/camelot/annwn.htm
http://www.ancienttexts.org/library/celtic/ctexts/t30.html
http://camelot.celtic-twilight.com/camelot/poetry/taliesin/spoils_annwfn.htm
http://members.tripod.com/~igerne/annwn.htm
http://www.timelessmyths.com/celtic/faeries.html#Korrigan
http://www.celticworld.it/sh_wiki.php?act=sh_art&iart=445&im=21
http://guide.dada.net/druidismo/interventi/2004/11/184453.shtml
http://www.croponline.org/miticeltici.htm


Ricerca di Violet e delle fanciulle dell'Isola Incantata delle Figlie della Luna (Elke, Scylla, Ithilla, ValerieLeFay, Twilight, Niviene, Elbereth, Ifigenia e Artemide).
Articolo di Violet pubblicato sul numero 6 della rivista Labrys [7].
E' severamente vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso scritto dell'autrice e senza citare le fonti.



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  [7] http://www.rivistalabrys.it