Il Tempio della Ninfa

Dioniso e i suoi Misteri

Articoli / Archetipi
Inviato da ValerieLeFay 11 Mar 2007 - 23:35

Ora canterò te, Bacco, e con te i cespugli silvestri ed il frutto dell’oliva lento a crescere. Vieni qui, padre Leneo, perché qui tutto è pieno dei tuoi doni, per te fiorisce il campo stracolmo di pampini autunnali, per te la vendemmia spumeggia a piene labbra
Virgilio. 2° libro delle Georgiche.

Si è soliti considerare Dioniso solamente in relazione al culto del vino, cui, secondo i Greci, esso è inventore.
E non vi è dubbio che il vino sia un attributo preponderante del Dio, ma solo uno dei tanti.

Dioniso è, in realtà, l’Eniautos Daimon, colui dal quale dipende il ciclo vita-morte-vita di tutta la natura.
Dioniso è colui che guida il corteo delle stagioni, è il simbolo della vita perenne che sempre si rigenera in un’ indistruttibile, lenta e continua trasmutazione. A rimarcare questa caratteristica di rinnovamento del Dio sono le sue piante sacre più conosciute, la vite e l’edera, della quale sarebbe stato coronato proprio dalle Horai, le Dee delle stagioni.
L’edera, sebbene estirpata, si rigenererà sempre, per quanto poca radice possa essere rimasta, con testarda determinazione, insita nella terra.
E la vite dona l’uva che, raccolta, muore durante la pigiatura per donare il sanguigno vino, e continua a produrre uva l’anno successivo, in modo da ripetere sempre l’eterno ciclo, uguale eppur sempre mutato.



Questo Dio così multiforme ha tante nascite quante sono le sue nature.
Secondo gli Orfici esistevano tre Dioniso differenti.
Il primo era una divinità esistente dall’inizio dei tempi, nata dal caos primigenio, ed esso era identificato con Fanete, con l’Eros Protogonos, colui che, brillante di dorata luce, esce dall’uovo cosmico per iniziare la sua danza divina nell’universo.
Il secondo Dioniso ha nome Zagreo ed è stato concepito da Zeus e Persefone prima che quest’ultima fosse condotta a forza negli inferi per diventare la sposa di Hades. Zeus, sottoforma di serpente, si congiunse alla Dea e dalla loro unione nacque Zagreo. Il nome di questo Dio è anche il nome di un mitico cacciatore, colui che cattura vive le prede, ma anche colui che a sua volta viene catturato.
Ed infatti Dioniso Zagreo è perennemente inseguito dai Titani, e cerca di sfuggire loro prendendo la forma di vari animali.
Alla fine i Titani, gli Dei primordiali, riescono a catturare il fanciullo, sottoforma di capretto, lasciando al suolo alcuni giocattoli magici per attirare il bimbo, tra i quali uno specchio, importante simbolo dionisiaco del quale tratteremo più avanti.
Egli si ferma per giocare ingenuamente con ciò che trova in un ansito di fanciullesca gioia e ciò sarà a lui fatale.
Catturatolo, essi lo smembrano ed ingeriscono le sue carni assorbendone in tal modo la potenza. Ed a questo punto interviene Zeus, incenerisce i Titani e ne sparge le ceneri sul mondo. L’essere umano sarebbe nato da queste ceneri ed in tal modo avrebbe dentro di sé sia la natura divina di Dioniso, sia la natura ctonia dei Titani, partecipando ad entrambe.
Il terzo Dioniso è il figlio di Zeus e della mortale Semele, figlia di Cadmo ed Armonia.
Ella al sesto mese di gravidanza, istigata dalla gelosissima Hera, chiede a Zeus di mostrarsi a lei nella sua più profonda natura divina. Egli, accontentandola, si mostra, ed essa muore incenerita dalla brillante e folgorante apparenza del Dio.
Zeus però raccoglie il feto del nascituro e lo cuce all’interno della sua coscia dalla quale lo estrarrà dopo tre mesi, a periodo di gestazione concluso.
Anche questo Dioniso è costretto alla fuga, per nascondersi dai desideri omicidi della matrigna.
Secondo la versione più accreditata egli sarebbe stato affidato ad Hermes, e da esso alle ninfe del monte Nisa, e sarebbe quindi cresciuto in mezzo a loro.
Ma un’altra versione vuole che esso sia cresciuto, in panni di fanciulla, da Ino, sorella di Semele. Scoperto da Hera, ella fece divenire tutti folli, ed il Dio riprese il suo peregrinare lungo il mondo, folle anch’esso, finché fu trovato e guarito dalla divina Rea, progenitrice degli Olimpi, ed istruito sui Misteri di Cibele.

Quella di Dioniso è quindi una storia di perenne iniziazione. Egli muore per rinascere sempre, proprio come la natura di cui egli è partecipe.
Importante, in tutte le sue manifestazioni, è il fuoco.
Con la folgore Zeus incenerisce i titani ed alla stessa maniera muore Semele, prima ancora di averlo dato alla luce.
E’ il fuoco, quindi, che trasmuta la natura umana di Dioniso e lo eleva, tramite la rinascita, al rango divino. E non a caso egli è chiamato, in un inno orfico, Dioniso nato dal fuoco.
Lo specchio, simbolo importante, mostra la parte incorporea e divina dell’uomo, la sostanza che l’uomo ha in comune con il Dio; è il legame ed il tramite tra essi.
Ed è anche un segno di riconoscimento tra tutti i mysti (coloro i quali sono stati iniziati al culto).
Dioniso è conosciuto come Dio dei fiori, specialmente quelli che producono frutti, e sotto questa veste viene appellato come ANTHIOS. Ed è conosciuto come DENDRITES-ENDENDROS, quando è venerato come Dio degli alberi.
A lui cari sono soprattutto l’alloro, il pino e la quercia, ma si è ben visto come egli ami in particolar modo la vite e l’edera.
Animali a lui sacri sono il Toro ed il capro, che sono considerati emanazioni stesse del Dio.
La maggior parte dei culti dionisiaci è di natura campestre e a dimostrazione di questo Egli è detto anche AGROTHEROS, colui che vive tra i campi.
La campagna è vista dai mysti come evasione dalla vita quotidiana, dal rumore e dalla folla cittadina. E’ vita di gioia, felicità, pace e prosperità nella quale si può godere liberamente del mangiare, del bere, della compagnia degli amici e delle donne. Essi bramavano un ritorno alla sacra età dell’oro, un Paradeisos dove donne, uomini ed animali selvatici e domestici vivessero in comune in perpetua armonia.
Dioniso è quindi il Dio di un mondo d’incanto, di magie e di prosperità, il suo culto è un culto del bello, della gioia per la vita.
Ma si incorrerebbe in errore pensando che il fine ultimo dei rituali dionisiaci sia legato ad uno scopo materialistico.
Importante è sicuramente la speranza in una vita migliore dopo la morte, la speranza di guadagnarsi, tramite l’iniziazione, la possibile immortalità dell’anima. Ma questa è solo conseguenza dell’immediato e ben più importante ansito del culto: l’unione mistica e sublime con il Dio, con la sua essenza. Il desiderio più vivo nel cuore del myste era avvicinare sé stesso a Dioniso, essere partecipe del suo fato, sfiorare per la durata del rito, l’estasi che procura l’unione, la presenza immediata del divino e la pienezza che essa comporta.
Dioniso è il Dio della completa libertà, ed allo stesso modo era libero il suo culto. Non c’erano caratteristiche più importanti delle altre, o canoni fissi, ma ognuno lo onorava con gli appellativi e le caratteristiche a lui più congeniali, quelle più vicine alla sua persona ed alla sua vita.
In modo da essere, una volta di più, in intima e personale relazione con il Dio.

Il culto dionisiaco, d’altro canto, non era ben visto dalla società ad esso contemporanea.
Esso divenne misterico solo verso al II secolo, e a causa dei suoi tratti orgiastici, nel 186 a.c. fu abolito e proibito dal senato romano.
Solo in età imperiale il culto si sviluppò del tutto ed i suoi fedeli finirono di essere perseguitati.
Dioniso non era legato a nessun luogo particolare, a differenza di altre divinità Olimpiche che erano spesso patrone di città le quali erano anche i luoghi di culto più rinomati e famosi.
Le feste più importanti si svolgevano a Dicembre (Piccole Dionisie) ed a Marzo (Grandi Dionisie).
Vi erano poi le Talee, le feste del raccolto, dedicate contemporaneamente a Dioniso e Demetra.
Queste due divinità erano sovente accomunate ed Euripide, nelle Baccanti, spiega che se Demetra è il principio secco che dona nutrimento fisico agli uomini con il grano, Dioniso rappresenta il principio umido, che dona il nutrimento allo spirito tramite il vino.
Altra festività importante è quella delle Falloforie, durante la quale si aveva sempre l’unione tra Demetra e Dioniso.
Essa veniva rappresentata dal Liknon, un vaglio per le biade, coperto da un panno bianco, all’interno del quale vi era posto il Phallos. Scoprirlo era parte integrante dei misteri, come sacra unione del principio maschile e di quello femminile che danno origine alla vita ed alla natura.
Importantissimo per i mysti di Dioniso era infatti il matrimonio, percepito come una vera e propria iniziazione.
Sposa del Dio è Arianna, da lui incontrata a Nasso dopo essere stata abbandonata dall’eroe Teseo. Ella simbolicamente rappresenta l’anima. Scende dal cielo dove è posta la sua costellazione (la corona di Arianna), perde il suo corpo mortale (l’abbandono a Nasso) e viene condotta da Dioniso nel regno eterno, dove si può riunificare con la sua parte celeste, eterna ed iniziata ai misteri.

Il culto dionisiaco era diffuso per tutta la Grecia e ad esso potevano partecipare uomini liberi così come schiavi, bambini, ma soprattutto donne.
Il corteo del Dio era composto da un gran numero di Menadi, così venivano chiamate le sue sacerdotesse. Esse, con i capelli sciolti lungo il corpo, vestite di una pelle di capriolo (alcune di volpe, da cui l’appellativo di Dioniso come Bassaro) e con il tirso tra le mani, inscenavano una danza folle ed estatica per congiungersi all’essenza divina rappresentata da Dioniso.
Il tirso, il bastone delle menadi, veniva avvolto con tralci di vite ed edera, ed era sormontato da una grossa pigna. Ciò, oltre a conferire una chiara simbologia fallica, faceva sì che il peso sbilanciasse la persona che lo portava, rendendo la danza incongrua, in modo da permettere al corpo del fedele di liberarsi da schemi e tensioni ed essere quindi invasato più facilmente dal Dio.
Nelle “Baccanti” di Euripide il tirso veniva tenuto con la mano destra, ed appoggiandolo sul piede destro, veniva alzato poi con la spinta di quest’ultimo.
Vi erano poi i Satiri, uomini vestiti con pelli di capro, ed i Sileni, o Centauri, uomini vestiti con pelli di cavallo.
Il travestimento veniva adottato poiché durante la durata del rito tutto è diverso, il mondo muta, l’ordine costituito è totalmente abolito, l’età dell’oro può essere realmente ripristinata, e poiché Dioniso è il Dio dell’insolito e del totalmente altro, tutto poteva capitare durante le sue feste.
EVOE’ è il grido tipico del corteo dionisiaco, una sorta di evviva, nel quale i mysti liberavano la loro parte profonda, un grido d’estasi, di scatenato piacere.
Nelle cerimonie era tradizione rivivere, inscenandolo, il destino del Dio.
Nel momento durante il quale i fedeli raggiungevano l’estasi suprema veniva ucciso un capretto a mani nude e le sue carni venivano mangiate crude, in reminiscenza di ciò che Dioniso dovette subire dai Titani.

Gioia e follia.
Avvinte insieme in uno scenario dallo sfondo macabro.
In ogni modo la ragione e l’ordine costituito devono essere sovvertiti, in un impeto di folle impulso che allude alla parte profonda e nascosta dell’animo, ciò che vi è di ferino in ogni essere umano.
Simbolo di questi poli apparentemente opposti è proprio il vino tanto caro al Dio.
Il vino dai poteri contraddittori.
Esso può far perdere del tutto il controllo facendo scaturire la parte più aggressiva ed incontrollata dell’animo umano, ma allo stesso tempo permette l’allegria e la convivialità, un aiuto per sciogliere le inibizioni che la società detta.
La comunione del fedele con Dioniso era diretta, era pura estasi, era delirio dei sensi e potenziamento di essi. Era un riappropriarsi del proprio corpo, della propria natura selvaggia e naturale, in un tentativo disperato di sottrarsi ai rigidi canoni della polis per ritrovare la propria istintuale ed arcana natura.
Natura che noi uomini moderni, una volta di più, abbiamo perduto.
E che forse sarebbe nostro compito far rinascere in tutta la sua dirompente positività.

Riscoprire la sacralità e l’armonia del nostro corpo, perdere la rigidità mentale e fisica nella quale siamo ingabbiati a volte senza nemmeno rendercene conto.
Rompere le catene.
Liberare noi stessi.
Ed ancora una volta far risuonare il sacro EVOE’!

Oh beato, chi conosce i misteri degli Dei
e felice consegue purezza di vita,
e risolve il suo io nel tiaso, sui monti, ormai baccante,
per sacre purificazioni;
e ai riti della Grande Madre, di Cibele,
senza divieti accede;
e alto agitando il tirso, ed incoronato d’edera,
è fedele di Dioniso

Euripide, Le baccanti, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli



Fonti:

Dioniso, Walter Friedrich Otto. Il Melangolo, Genova, 2002
Culti misterici nel mondo antico, Marion Giebel. ECIG, Genova, 1993
I misteri di Dioniso, Rainold Merkelbach. ECIG, Genova, 1991
Le Religioni. Le Garzatine
Le baccanti, Euripide
I Miti, Atlante Giunti Demetra
Indagine sul santo graal, Jessie Weston. Sellerio Editore Palermo, 1994


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