Il Tempio della Ninfa

Le Deine, prosecutrici dell'Antica Saggezza

Articoli / Tradizioni
Inviato da )O(scylla)o( 14 Dic 2006 - 02:28

Deina è il nome che ancora oggi si dà alle donne che in Sardegna praticano la divinazione. Alcuni, con nome più cristianizzato, le chiamano orassionaglias, donne che fanno le orazioni, altri con tono spregiativo, le chiamano bruscias, di chiara derivazione spagnola.
Sono costoro, senza ombra di dubbio, le prosecutrici silenziose e occulte dell'antica divinazione che un tempo si svolgeva negli oracoli.

Queste donne, strano a dirsi, hanno continuato a praticare tali forme divinatorie fino ai giorni nostri. La loro Arte non è mai venuta meno, si è soltanto trasformata, adattandosi ai tempi e occultandosi o mimetizzandosi, a seconda delle occasioni.
Ben diversa dalle forme di stregoneria che si usano in altre regioni, ove maghi e sibille usano tarocchi, pendolini o sfere o fanno la lettura della mano, le Deine sarde non hanno molto in comune con questo genere di persone.
La Deina vede e consulta i morti, come nell'oracolo di Efira o sente voci o ha delle visioni, come in quello di Lebedea, oppure osserva segni particolari quando sibila il vento o stormiscono le fronde degli alberi e osserva i movimenti particolari degli uccelli o degli insetti che vi si posano, come nell'oracolo di Zeus a Dodona, oppure trae i suoi pronostici dai sogni rivelatori, come nel santuario di Asclepio ad Epidauro.
Da segni particolari, da gesti, da parole udite, le Deine, dopo aver fatto le loro orazioni ad una misteriosa triade che spesso è un abbinamento di santi cancellati dal calendario, oppure attraverso nomi misteriosi che nulla hanno a che fare con la religione cristiana, traggono i loro pronostici. Più spesso accompagnano la loro divinazione con preghiere apparentemente cristiane, ma che sono una chiara copertura dell'antico rito pagano.
Ma loro non lo sanno. Sono profondamente e sinceramente convinte che ciò che fanno non sia per nulla in contrasto con la religione cristiana.
Talvolta queste donne sono lontane dalla chiesa, ma spesso la frequentano regolarmente e lo fanno in buona fede.
Il santo più invocato è Sant'Antonio. E' lui che risolve quasi tutti i loro problemi. E' il santo che rivela loro dove si trovano gli oggetti smarriti o rubati, che indica con segni particolari l'autore di un furto. E' lui il santo guaritore che allontana le malattie dal corpo degli uomini e degli animali. Associato al numero tredici è potentissimo.
Queste donne vivono generalmente ai margini della società, ma una frangia di popolo le ricerca e le rispetta con una sorta di timore.
Ogni comunità aveva la sua Deina, e questa, a detta di tanta gente, con le sue preghiere, le sue formule magiche, numerosi segni di croce, abbondanti sbadigli, acqua e fuoco, risolveva i loro mali. Le loro formule magiche, is brebos (le parole), erano assai efficaci, come le loro pozioni.
Quando invocavano Sant'Antonio, Sant'Antioco e Santu Iaccu, non sapevano certo che questi tre nomi erano gli epiteti cristianizzati del Dioniso dai mille nomi: Iacco era il giovane Dio che compariva al sesto giorno dei misteri eleusini. Antioco e Antonio hanno la medesima radice di Anteo, altro nome di Dioniso per il quale si celebravano le Antesterie, la festa dei fiori.
Queste donne divinatrici e guaritrici hanno continuato a praticare il loro sacerdozio femminile, in modo sotterraneo, sempre rinnovandosi, come si rinnova la società, ma nascondendo gelosamente i loro poteri senza mai rendere pubbliche le formule magiche che recitavano.
Si trattava senza dubbio di una sorta di iniziazione che non si poteva divulgare, la cui origine dovrebbe risalire ai misteri eleusini e a Demetra, considerata l'iniziatrice della medicina (come Iside in Egitto) che aveva iniziato Trittolemo in Eleusi ai sacri misteri che non si possono svelare.

Scrive Omero: “...e Demetra a tutti mostrò i riti misterici, a Trittolemo e a Polisseno, e inoltre a Diocle, i riti santi che non si possono trasgredire, nè apprendere, nè proferire: difatti una grande attonita atterrita riverenza per gli dèi impedisce la voce. Felice colui, tra gli uomini viventi sulla terra, che ha visto queste cose: chi invece non è stato iniziato ai sacri riti, chi non ha avuto questa sorte, non avrà mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre marcescenti di laggiù.”

Infatti noi conosciamo dei misteri molto poco, solo quel tanto che alcune persone convertite al cristianesimo hanno rivelato. Ci è noto l'aspetto esteriore, spettacolare, quale la processione con l'apparizione della statua di Iacco, ma non le formule e i segni segreti che i mistici non potevano rivelare. Solo una piccola parte di questi riti, e più precisamente la parte che riguarda le guarigioni, è pervenuta a noi attraverso le Deine, che per millenni li hanno custoditi in silenzio.
Quando la Deina sente avvicinarsi la sua fine, solo allora prepara alla sua successione un'altra persona, ma dev'essere un'anima eletta, una che può capire queste cose. Solo a lei verrà rivelato il segreto, con la promessa solenne di non rivelarlo a sua volta, se non ad altra anima eletta, quando si approssimerà la sua fine.
Il mistero che circonda tale trasmissione di poteri riporta all'iniziazione. Questo antico sapere deve essere comunicato soltanto in un determinato periodo dell'anno e precisamente nei tredici giorni tra il Natale e l'Epifania. I giorni del ceppo che lentamente arde al fuoco, il ceppo che simboleggia Dioniso dendrite sottoforma di albero, di palo che brucia, come nel fuoco di Sant'Antioco.
Saranno infatti i resti di questo ceppo, che non si deve consumare interamente, a proteggere la casa dai violenti temporali, dai tuoni, dai fulmini e dalle calamità di qualsiasi genere. Basterà mettere al fuoco il ceppo e la violenza della natura si calmerà. Saranno ancora i pezzetti di questo ceppo a guarire da tante malattie e a proteggere soprattutto i fanciulli.
Le Deine, prosecutrici inconsce di questo culto, erano anche coloro che organizzavano la cerimonia del maimone per il culto delle acque.
A Nuoro è ancora vivo il ricordo di una di queste donne che, durante le persistenti siccità, convocava tutti i bambini del rione S. Pietro e li invitava a preparare “sas ruchittas”, le stecche di canne verdi incrociate sostenute da un bastone di ferula, che tanto ricordavano le sacre bipenni cretesi.
La donna andava avanti e un codazzo di bambini la seguiva, ciascuno con la sua croce, in una sorta di processione per la richiesta dell'acqua.
I ragazzi giravano intorno alla chiesa di S.Pietro* per 13 volte ed esclamavano:

Unu pro cada mese 'e s'annu / uno per ogni mese dell'anno
e unu pro Babbu Mannu! / e uno per il Grande Padre!


I giri erano 13 come i mesi dell'antico anno lunare, ma quando il calendario cambiò ed i mesi divennero 12, il tredicesimo giro continuò a farsi, come voleva la tradizione, e poiché era in sovrappiù lo si dedicò a Babbu Mannu.

* Numerose chiese, in Sardegna vennero innalzate sopra le sacre fonti, pozzi sacri e luoghi di culto pagano.


Fonte

Dolores Turchi, "Tradizioni popolari di Sardegna"


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