Il Tempio della Ninfa

La Fata del Piroubec

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Inviato da Violet 19 Feb 2019 - 03:34

La leggenda qui riportata, nella sua traduzione italiana curata da Laura Bassi Guindani, venne raccolta e scritta da Jean Jacques Christillin (1863-1915) fra il 1893 e il 1904, e come le altre leggende contenute nel suo testo Légendes et récits - Recueillis sur les bords du Lys, fu un omaggio alla Regina Margherita di Savoia, che nella sua vita si interessò molto alle tradizioni e ai racconti popolari valdostani e che si fece personalmente carico dei costi di pubblicazione del libro.
Questa versione, ripresa in seguito da Adolfo Balliano, che la rinarrò nel 1951 nel suo poetico Aria di Leggende in Val d’Aosta, è dunque la prima, e la più preziosa, che racconta della bella e benevola Fata del Piroubec.




La fata di Piroubec

Un giorno, due pastorelli pascolavano il loro gregge nei dintorni di Piroubec (1). Pur sorvegliando le capre, giocavano per passare il tempo; poi, stanchi di giocare, si sedettero sopra un sasso per mangiare un pezzo di pane. Dopo aver mangiato, siccome erano lontani da qualunque ruscello, si misero a cercare una fonte per
spegnere la sete. Ma ispezionando i nascondigli tra le rocce, si persero a tal punto in quel labirinto che non poterono più avanzare né tornare indietro.
Credendosi persi, i poveri piccoli si misero a piangere e a gridare con tutte lo loro forze per chiamar aiuto, ma nessuno li udì. Con grande angoscia, essi guardavano da ogni parte, quando ad un tratto videro una donna sconosciuta che veniva verso di loro. I suoi capelli cadevano liberamente attorno al viso che spirava
bontà. Era la fata che, avendo udito i loro pianti, si avvicinava per soccorrerli.
“Poveri piccoli”, disse loro con voce dolce, “non piangete più e venite con me”.
I bambini seguirono la loro liberatrice e sembrava che le rocce si spostassero per dar loro passaggio.
La fata li condusse in una grotta dove parlò loro con benevolenza e li fece sedere vicino ad un tavola di pietra su cui pose del pane e della frutta. Il più giovane dei pastorelli mangiava con appetito, nell’incoscienza della sua età, ma il fratello teneva svogliatamente il suo pezzo di pane e lasciava sfuggire qualche lacrima, che cercava tuttavia di nascondere. La fata li rassicurò con buone parole e diede loro da bere; poi, li condusse ad una fontana che scorreva lì vicino e rinfrescò i loro occhi arrossati dalle lacrime, lavandoli con quell’acqua fresca e limpida. Il viso dei ragazzi riprese tutta la serenità e la freschezza.
“Abbiate fiducia in me, miei cari piccoli”, disse loro, “vi voglio bene e vi condurrò dai vostri genitori”.
Ella prese allora una bacchetta e, tenendo per mano i pastorelli, li accompagnò fino ai piedi della montagna, li mise sul loro cammino e risalì nella sua caverna.
Giunti a casa, i pastorelli raccontarono ai genitori la singolare avventura. Dissero che la signora buona di Piroubec li aveva tratti da una brutta situazione e che aveva loro dato da mangiare e da bere. Assicurarono che quell’acqua era così buona, che essi non ne avevano mai bevuta di migliore.
Passarono alcune settimane durante le quali non si parlò in paese che della fata e della sua acqua meravigliosa. Si decise quindi di utilizzarla ed un bel giorno delle persone andarono a Piroubec per chiedere alla buona fata di concedere loro quell’acqua. La buona gente cercò da ogni parte fino al cader della notte, ma non si videro né la fata, né la grotta, né la fonte. Tuttavia, i montanari non desistettero ancora; desideravano ardentemente aver quell’acqua straordinaria, perché avevano notato che il volto dei pastorelli, lavato dalla fata, brillava d’una luminosità vermiglia che li faceva notare tra gli altri bambini.
Allora ebbero l’idea di mandarli verso la creatura soprannaturale per pregarla di dar loro quell’acqua. Arrivati a Piroubec, i bambini lanciarono delle grida per chiamare la fata. Ella apparve e li condusse nella sua grotta.
Quando furono seduti vicino a lei, accanto alla tavola di pietra, presero coraggio e fecero
la richiesta:
“Buona signora”, le dissero, “dateci per favore di quell’acqua salutare che scorre qui vicino. Ne desiderano tutti, fateci questo regalo!”
La fata fu toccata dalle preghiere dei fanciulli. Rispose loro:
“Miei cari bambini, voglio essere buona con tutti voi. Avrete d’ora in poi quest’acqua, quanta ne vorrete”.
Tuffò allora l’estremità della sua bacchetta nella fonte e sempre tirandosela dietro come per tracciare il corso che avrebbe dovuto seguire, ella scese scivolando lievemente di roccia in roccia fino ai piedi della montagna.
I pastorelli l’avevano seguita. La videro conficcare in terra la punta della bacchetta e, quando la tolse, una sorgente abbondante zampillò improvvisamente in quel punto sull’erba verde.
La fontana limpida e salutare scorre sempre abbondante attraverso i prati e quel posto incantato porta il nome di Fontanachiara.
Compiuto quel prodigio, la fata ne compì un altro. Con le sue mani potenti scavò a forma di sedile una grossa pietra che si vede ancora presso la sorgente, poi vi si sedette e si mise a cantare.
Nel frattempo, la gente di Issime era accorsa in fretta a ringraziare la benefattrice, ma quando giunse alla fontana, la fata era sparita e non la si vide mai più. (2)


***


Note:

1. Il Piroubec è una conformazione rocciosa che si erge sul ripido versante della montagna ben visibile dal paesino valdostano di Issime, sulla sponda sinistra del torrente Lys. Il suo nome, Piroubec o Pirubeck, significa letteralmente “piccolo becco di pietra”, per via della sua forma che ricorda un becco rivolto verso l’alto, e che era ancora più evidente prima del terremoto del 1968, quando una parte della roccia si spezzò, proprio nel punto in cui ora la pietra si mostra spaccata, verticale e colorata di tinte rossastre. Alla base del Piroubec vi è un ammasso di grosse pietre che, accatastate l’una sull’altra e coperte in alcune parti da licheni e muffe, formano numerose fessure, ombrosi anfratti e “veri antri ove erba non cresce e sole non giunge”. Ed è proprio oltre una di queste misteriose soglie fra le pietre che si credeva vivesse la bellissima e benefica fata della sorgente Fontaineclaire. (Cfr. Adolfo Balliano, Aria di leggende in Val d’Aosta, pag. 33)

2. Tratto da Nell’alta Valle del Lys si racconta…, Comune di Issime, Issime, 2010, pagg. 48-51.
La leggenda ricorda chiaramente la presenza forte e sentita del sacro femminino in questa zona, ma c’è di più. Nei pressi della montagna sulla quale sorge il Piroubec, e nei dintorni di Fontaineclaire e Mittagwad, sono presenti rocce dalle particolari cavità sulla cui superficie sembra di distinguere impronte di mani e piedi. Queste rocce sono chiamate “pietre delle fate”, e trattengono ancora oggi l’eco di credenze e culti passati, eppure mai del tutto dimenticati.






Bibliografia

Balliano Adolfo, Aria di leggende in Val d’Aosta, Cappelli Editore, Bologna. 1951
Christillin Jean Jacques, Légendes et récits - Recueillis sur les bords du Lys, Aosta, 1901
Christillin Jean Jacques, Leggende e racconti della Valle del Lys, a cura di Laura Bassi Guindani, Edizioni Guindani, Gressoney St. Jean - Aosta, 1988
Comune di Issime, Nell’alta Valle del Lys si racconta…, Issime, 2010
Frachey Davide, Z’Pirubeck, articolo contenuto in Augusta: Rivista annuale di storia, lingua e cultura alpina, Anno 2013, Associazione Augusta, Issime

Fotografia 1 di Davide Frachey
Fotografie 2 e 3 di Laura Violet Rimola


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