Il Tempio della Ninfa

Le Selkie, Fanciulle Foca figlie del mare

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Inviato da Violet 15 Ago 2018 - 04:35

Giungono dal mare nuotando come foche, e scivolando sulla sabbia tolgono la morbida pelle bruna e la depongono ai piedi degli scogli, mutandosi in bellissime fanciulle dai capelli scuri, la pelle bianca come la spuma, i grandi occhi languidi. La loro voce si confonde con il dolce canto della risacca, mentre danzano insieme sulle spiagge, sotto i pallidi raggi del sole, protette tra le rocce sferzate dalle onde. Sono le selkie, fanciulle dalla pelle di foca che si diceva vivessero nell’oceano Atlantico e nei freddi mari del nord Europa, su lontane isolette solitarie, oppure su grandi scogli circondati dalle acque salmastre.




Le loro leggende appartengono alla Scozia, all’Irlanda, ad alcune parti della Norvegia e dell’Islanda, e in particolare alle Isole Orkney, le Shetland e le danesi Fær Øere o Faroe, dove erano tenute in grande considerazione.
Il loro nome, che ha molte varianti a seconda del luogo in cui si sono sviluppate le leggende, proviene dall’antico termine scozzese selich, che a sua volta deriva dall’antico inglese seolh, a significare semplicemente “foca” (1). In certi rari casi erano chiamate con il sinonimo roan – foca, oppure con la bella combinazione maighdeann-ròin, dove il termine maighdeann o maighdean si traduce con fanciulla, vergine oppure ninfa, e ròin riporta alla foca, a significare “fanciulla-foca” oppure “vergine o ninfa-foca”. (2)
Le specie di foche che si credeva potessero mutarsi in donne erano solitamente quelle più grandi della foca comune, in particolare le foche dal cappuccio, le foche dalla sella o foche della Groenlandia, le foche dagli anelli e le foche grigie (3). Queste erano spesso appellate comunemente come selkie folk, ovvero “popolo delle selkie”, o “popolo delle foche”, sottintendendo sempre la loro natura ultraterrena di creature a metà fra il mondo degli umani e quello degli animali marini.
Tanto era diffusa la credenza che le foche fossero in realtà esseri umani, che gli abitanti delle coste e delle isole scozzesi nutrivano per loro un grande rispetto, si curavano di non fare loro del male e inoltre credevano che ucciderle portasse sfortuna. Al contrario, vederne una era un segno di fortuna e annunciava benessere e abbondanza.

La maggior parte delle leggende sulle selkie sono in realtà versioni lievemente differenti della stessa storia, nella quale un gruppo di fanciulle-foca giunge su una spiaggia solitaria, al chiaro di luna oppure sotto a un sole pallido e velato, e sfilando la morbida pelle come se fosse un abito, la nasconde accanto agli scogli. Nude, con la pelle bianca e perlacea, le bellissime donne danzano allora tutte insieme, gioendo dell’aria fredda che scompiglia loro i lunghi capelli bruni, ridendo e cantando finché non sopraggiunge il momento di tornare in mare. Nelle loro libere e spensierate danze, non si accorgono però di essere spiate da un pescatore solitario, che ammaliato dalla loro bellezza non riesce a levarne gli occhi. Con un rapido gesto, egli allunga la mano e sottrae una delle preziose pelli, affrettandosi a nasconderla.
Una per una, le selkie recuperano la propria pelle, la indossano, e mutandosi subito in foche si rituffano in mare, ma una di loro rimane indietro. Non potendo trovare la sua preziosa pelle viene presa dall’angoscia e dalla disperazione, e non può fare altro che guardare le sue sorelle sparire lentamente fra le onde.
Il pescatore allora, uscendo dal suo nascondiglio, si mostra alla dolce fanciulla e, incurante delle sue lacrime, le dichiara il suo amore e le chiede di sposarlo.
Prigioniera della terraferma, ignara del furto e rincuorata dalla gentilezza dell’uomo, la selkie acconsente a seguirlo nella sua casa e diventa sua moglie, vivendo con lui per qualche tempo e dando alla luce i suoi figli.
Un giorno accade che il pescatore dimentica di portare con sé la chiave del baule nel quale giace nascosta la pelle di foca, e la donna, spinta dall’istinto e dalla curiosità, lo apre e la ritrova – in alcune versioni è invece uno dei suoi bambini a trovarla e a consegnargliela.
Fuori si sé dalla gioia, la selkie abbraccia allora i suoi figli, li bacia amorevolmente più e più volte, e subito corre verso la spiaggia, dove finalmente può indossare di nuovo la sua pelle e rituffarsi nelle fredde acque rigeneranti, ricongiungendosi con il mare e con il suo popolo natio.
Il pescatore, accortosi della chiave mancante, si precipita a casa per recuperarla, ma arriva troppo tardi. I suoi figli gli raccontano l’accaduto, ed egli fa solo in tempo a vedere una grande e bellissima foca grigia che, voltandosi indietro per l’ultima volta, lo guarda con gentilezza e scompare fra le onde spumeggianti.
L’amore e il senso di appartenenza che la selkie prova per il mare sono più forti di qualsiasi affetto terreno, e niente può separarla da ciò che rappresenta la sua vera natura.

Le leggende più popolari che raccontano – con qualche piccola differenza – queste vicende, finiscono quasi sempre con una separazione pacifica e benevola tra la selkie e la sua famiglia terrestre, e in particolar modo fra lei e i suoi bambini. Questi tornano infatti più volte in riva al mare a giocare con una bella foca grigia che viene spesso a trovarli, e che non è altri che la loro madre. Nella versione islandese SelshamurinnPelle di Foca – la foca segue addirittura il marito pescatore durante le sue battute di pesca, nuotando accanto alla sua barca e assicurandogli sempre abbondanza di pesce. Inoltre, la creatura marina fa giungere a riva piccoli tesori, pesciolini colorati e bellissime conchiglie, come doni affettuosi per i suoi figli.
Nella versione faroese proveniente dall’isola di Kalsoy, e in particolare dal paese di Mikladalur, invece, la conclusione della storia è decisamente funesta, poiché in seguito al ritorno nell’oceano della selkie Kopakonan, il marito terrestre uccide tutte le foche che abitano una profonda grotta bagnata dal mare, le quali si rivelano essere il compagno e i figli della donna. La selkie torna allora sulla terraferma nelle vesti di un terrificante troll e maledice il pescatore e tutti gli abitanti di Mikladalur, che da quel momento sono condannati a morire annegati in mare oppure cadendo dalle scogliere, fino a quando i loro corpi saranno talmente tanti che, se si prendessero per mano, circonderebbero l’intera isola. (4)

Oltre alle leggende più conosciute, esistono altri frammenti di tradizioni legati alle selkie e al loro regno marino. Nelle isole Faroe si credeva le belle creature fossero in origine persone che si erano tolte la vita gettandosi in mare. Mutate in foche, potevano fare ritorno sulla terra soltanto una volta all’anno, la tredicesima notte, durante la quale toglievano le umide pelli e danzavano gioiose sulle spiagge.
Nelle Shetland, invece, si pensava che gruppi di bellissime fanciulle-foca emergessero dalle acque del mare nel giorno di mezz’estate, attirando a sé gli abitanti delle isole. Coloro che, ammaliati, le seguivano, scomparivano fra le onde senza più fare ritorno sulla terraferma.
Sempre nelle isole scozzesi si diceva che le meduse, chiamate sealchie’s bubble – le “bolle delle selkie” – nascessero dalla bava delle foche.

Sebbene siano più conosciute le selkie in forma di affascinanti fanciulle, il popolo marino era formato anche dai silkie men, i maschi selkie o uomini-foca, i quali si diceva avessero il potere di scatenare furiose tempeste che facevano naufragare le navi e i pescherecci.
Spesso fratelli o amanti delle fanciulle-foca, anche loro potevano rimuovere la pelle e diventare uomini dall’aspetto vigoroso e tanto attraente da far innamorare le donne che li vedevano camminare sulle coste sabbiose. A tal proposito, si diceva che si intrattenessero volentieri con alcune di loro, scelte perché dotate di una bellezza pura e semplice e per la loro insoddisfazione nei confronti della vita che conducevano. Inappagate dalla banale quotidianità, oppure lasciate sole dai mariti pescatori, che rimanevano assenti per lungo tempo durante le battute di pesca, le donne accettavano infatti la compagnia dei seducenti uomini marini, e si dice che per chiamarli versassero sette lacrime in mare durante l’alta marea. (5)
Dagli incontri amorosi fra le donne mortali e gli uomini-foca, così come da quelli delle fanciulle-foca e dei loro mariti, nascevano spesso dei figli che si distinguevano dagli altri per la presenza di una particolare caratteristica, una sottile membrana – o strato corneo – che univa le dita delle mani e talvolta dei piedi, e che nonostante venisse tagliato e rimosso, ricresceva.
Questi tratti erano considerati ereditari, e sebbene col tempo tendessero a diminuire, non scomparivano mai del tutto. La loro presenza in alcuni componenti della famiglia rivelava pertanto la sua originaria appartenenza al popolo delle selkie.
Ancora agli inizi del 1900 – e forse persino oggi – alcuni antichi clan scozzesi credevano di discendere dalle bellissime fanciulle-foca, come il clan dei MacCodrum. Conosciuto in gaelico scozzese come il Clann Mhic Codruim nan Ròn – il Clan MacCodrum delle Foche – si diceva che i suoi componenti vivessero come foche durante il giorno e si mutassero in donne e uomini durante la notte.
Anche in Irlanda questa tradizione era piuttosto diffusa. La leggenda del contadino Tom Moore, che rubò il prezioso cappuccio di pelle a una selkie per costringerla a sposarlo (6), narra infatti che i figli che nacquero dalla donna marina, così come i figli dei loro figli, avevano le mani e i piedi palmati, e per questo motivo vennero ritenuti per lungo tempo discendenti del popolo del mare.

Il motivo iniziale e al contempo principale che accomuna le molte versioni della leggenda delle selkie è il furto della loro pelle. La pelle di ogni selkie è unica e insostituibile, e rappresenta non solo il mezzo per trasformarsi in foca e tornare in mare, ma anche una parte essenziale e irrinunciabile del suo essere. Togliere la pelle a una selkie, infatti, ha il significato di privarla della sua essenza, imprigionando una creatura che per natura è libera e selvatica e costringendola a una condizione per lei innaturale, limitante e forzata; una condizione che non le appartiene e dalla quale tenterà di sottrarsi non appena ne avrà occasione.
Anche quando è la selkie stessa – o più frequentemente i silkie men – a scegliere di trascorrere del tempo sulla terraferma, assaporando la gioia del corpo umano e intrattenendosi amorevolmente con uomini particolarmente buoni, belli e gentili, lo fa solo per brevi periodi, poiché non è adatta a condurre una vita normale. Il richiamo del mare è sempre più potente di qualsiasi amore terreno, fosse anche quello che prova per i suoi figli.

La selkie appartiene soltanto alle acque salmastre, alla candida e soffice spuma, agli scogli sferzati dalle onde, alle grotte marine dai turchini riflessi e ai misteriosi fondali. E nel momento in cui finalmente ritrova la propria pelle e riconosce se stessa, nel momento in cui sente forte il richiamo echeggiante delle onde, o il possente ruggito del suo sposo marino, non può fare altro che precipitarsi sulla spiaggia, con il cuore che scoppia di gioia, e tornando ad essere una foca, riappropriarsi della sua selvatica e indomabile natura e ricongiungersi con la vastità del mare.
Allora, un grande gruppo di foche emerge dall’acqua per accoglierla e condividere con lei l’ebbrezza del ritorno. Sono le sue sorelle, i suoi fratelli, il suo sposo, talvolta i suoi figli, e tutto il grande popolo del mare: la sua vera famiglia.
L’ultimo sguardo che la selkie rivolge verso la terra, voltandosi indietro per l’ultima volta, è il suo addio. Un addio benevolo e privo di risentimento, talvolta persino malinconico, eppure sempre privo di rimpianto.
Così, la donna-foca che appartiene al mare torna al suo mare, dal quale non si separerà mai più.

Sulla costa deserta, con i piedi immersi nell’acqua, le braccia abbandonate lungo i fianchi e lo sguardo triste, resta solo il pescatore. Lui, che volle trattenere accanto a sé ciò che non poteva restare, e che lo rimpiangerà per tutta la vita, imparando, col tempo, a comprendere l’ineluttabilità del distacco, ad accettare l’assenza, e forse a sorridere al ricordo dell’amore più puro che a un essere umano sia dato conoscere.



Note:

1. Fra le numerose varianti della parola selkie, provenienti dalle diverse lingue e dai dialetti dei paesi in cui sono presenti e ben conosciute le leggende delle fanciulle-foca, vi sono silkie, sealchie, selch, selchie, selche, sele, selcht, selghe, sealghe, selquh, saylche, sealch, selich, selyh, selck, seall, seleich, seleché, seilché e selké, e ancora silch, sulch, seilkie, sejlki, sylkie, shelky e sulky. Tutti i termini hanno comune origine etimologica e significano semplicemente “foca”. Vedi DSL – Dictionary of the Scots Language [1].

2. Maighdeann o maighdean, plurale maighdeannan, deriva dall’antico irlandese maigden, dall’antico inglese mægden e dal proto-germanico megadina, e significa fanciulla, vergine, ma anche ancella e ninfa. Vedi Cirsty Mary Fleming, A' mhaighdeann-ròin a chaidh air ais dhan mhuir [2], School of Scottish Studies (in Scottish Gaelic), 1973, Tobar an Dualchais.

3. Si tratta delle specie Cystophora cristata o foca dal cappuccio, Pagophilus groenlandicus, foca dalla sella o foca della Groenlandia, Pusa hispida, foca dagli anelli e Halichoerus grypus, foca grigia. Queste foche erano più grandi della foca comune, la Phoca vitulina, e nelle isole Orkney erano considerate tutte selkie. Vedi Walter Traill Dennison, Orkney Folk-Lore, in The Scottish Antiquary or Northern Notes and Queries, Vol. 7, pag. 172.




4. In onore della bellissima selkie Kopakonan, il 1 Agosto 2014 è stata eretta a Mikladalur una statua a lei dedicata. La scultura è fatta di bronzo e acciaio inossidabile, è alta 2,6 metri e pesa 450 kg. Fissata a uno scoglio, la grandiosa Kopakonan è circondata dall’oceano, e talvolta, quando il mare è burrascoso, le onde sommergono lo scoglio e la fanno apparire come se emergesse dalle acque, proprio come narra la leggenda.



Nel 2015 una violenta tempesta ha sollevato onde altissime che si sono abbattute su di essa, senza danneggiarla e creando uno spettacolo impressionante e magnifico: Tempesta a Mikladalur [3]



Una serie di francobolli [4] delle isole Fær Øere riproduce in serie le vicende della storia di Kopakonan.

5. Uno dei componimenti più famosi a proposito dei silkie men è la ballata The Great Silkie of Sule Skerrie, che racconta di un giovane e bellissimo uomo-foca che sedusse una donna mortale e generò con lei alcuni figli. Tornato in mare, si ripresentò alcuni anni dopo, reclamando i figli per portarli via con sé, e in cambio regalò alla donna una borsa piena d’oro. Prima di andarsene, tuttavia, predisse il triste destino che avrebbe colpito lui e i piccoli. Disse infatti che la donna avrebbe sposato un abile cacciatore di foche, e che questi avrebbe ucciso sia lui che i suoi figli. E così avvenne. Vedi The Great Silkie of Sule Skerrie [5].

6. In questa unica versione della leggenda, Tom Moore e la Donna Foca, le selkie non tolgono la pelle ma una sorta di cappuccio fatto di pelle, che indossato sulla testa o rimosso ha lo stesso potere di mutarle in foche oppure in donne.


Bibliografia

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Carrara Lorenzo (a cura di), Elfi e streghe di Scozia, Franco Muzzio Editore, Roma, 2002
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Dennison Walter Traill, Orkney Folk-Lore [6], in The Scottish Antiquary or Northern Notes and Queries, Vol. 7, Edited by The Rev. A.W. Cornelius Hallen, Printed by T. and A. Constable, Printers to Her Majesty at the University Press, Edinburgh, 1893
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Westwood Jennifer, Kingshill Sophia, The Lore of Scotland: A guide to Scottish legends, Random House Books, London, 2009


Sitografia

Herman Perk and the Seal [7] - A Tale from Shetland Islands -
Kopakonan [8] - A Tale from the Faroe Islands
SurlaLune Fairytales [9]
The Great Silkie of Sule Skerrie [10]
The Mermaid Wife [11] - A Tale from the Shetland Islands
The Sealskin [12] - A Tale from Iceland
The Silkie Wife [13] - A Tale from Shetland and Orkney Islands
Tom Moore and the Seal Woman [14] - A Tale from Ireland


Testo e ricerca di Laura Violet Rimola. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.




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  [8] http://www.tempiodellaninfa.net/public/https://old.visitfaroeislands.com/en/be-inspired/in-depth-articles/legend-of-kopakonan-(seal-woman)/
  [9] http://www.surlalunefairytales.com/swanmaiden/stories/silkiewife.html
  [10] http://www.sacred-texts.com/neu/eng/child/ch113.htm
  [11] http://www.pitt.edu/~dash/type4080.html#mermaidwife
  [12] http://www.pitt.edu/~dash/type4080.html#sealskin
  [13] http://www.pitt.edu/~dash/type4080.html#silkiewife
  [14] http://www.sacred-texts.com/neu/celt/tfgw/tfgw27.htm