Il Tempio della Ninfa

Le Messaggere della Morte nella Tradizione Gallese

Articoli / Tradizioni
Inviato da Violet 08 Nov 2016 - 16:56

Nella calma immobile della notte, fra bianchi stracci di nebbia che esalano dal suolo umido e si infittiscono sui freddi corsi d’acqua delle campagne gallesi, lugubri e spaventose entità attraversano il velo del visibile e si aggirano fra le solitarie vie dei villaggi, gridando davanti alle abitazioni in cui presto la morte farà visita, e percorrendo lentamente le strade che conducono ai cimiteri.
Sono presagi di sventura, messaggere di morte che mostrano ciò che sta per accadere. E per quanto si tenti di nascondersi, o di arrestare il loro cammino, la loro profezia è inevitabile.

Simili alla lacrimosa Banshee e alle altre creature spettrali che infestano le terre irlandesi, con le quali condividono il medesimo ruolo, le annunciatrici di morte gallesi possiedono tuttavia tratti particolari e differenti. In questa breve ricerca sono state raccolte e approfondite le più conosciute.




La Gwrach y Rhibyn

Fra le inquiete e angoscianti annunciatrici di morte gallesi, la più nota era la Gwrach y Rhibyn, la Vecchia della Nebbia, una orribile strega alata che appariva dopo il tramonto con il volto cadaverico e lunghissimi capelli neri o rosso scarlatto, che fluttuavano intorno a lei. Era descritta con occhi penetranti, torvi e incavati, uno dei quali grigio e l’altro nero, grossi denti scuri come la pece, seni cadenti, la gobba, braccia secche e ossute e un lungo abito nero, che aderiva al suo corpo scheletrico e strisciava a terra dietro di lei. Aveva anche grandi ali di pelle bruna, simili a quelle dei pipistrelli, che teneva ripiegate sulla schiena quando si aggirava penosamente intorno ad antichi castelli e manieri, e dispiegava poi per spiccare il volo e recarsi a presagire la morte di qualcuno. (1)
Questa vecchia terribile compariva di solito nella calma della notte, e rompeva il silenzio sbattendo violentemente le ali contro la finestra del morente, emettendo un urlo tale da far raggelare il sangue e ripetendo il suo nome con un tono rauco e prolungato.
La sua voce mutava a seconda di colui o colei che avrebbe dovuto affrontare la morte della persona amata. Se a morire fosse stata una donna sposata, la Gwrach y Rhibyn avrebbe assunto la voce maschile del marito e avrebbe urlato “Fy ngwraig! Fy ngwraig! ” – “Mia moglie! Mia moglie!”. Se invece a morire fosse stato un uomo, la vecchia si sarebbe lamentata con la voce della moglie, gridando “Fy ngwr, fy ngwr! ” – “Mio marito! Mio marito!” –, mentre se ad andare incontro alla morte fosse stato un bambino, lei avrebbe pianto disperatamente con la voce della madre, pronunciando le parole “Fy mlentyn, fy mlentyn bach! ” – “Il mio bambino, il mio piccolo bambino!”. Il pianto della Gwrach y Rhibyn infatti, non rappresentava tanto il presagio del dolore del morente, ma quello della sofferenza che avrebbero patito coloro che, restando in vita, avrebbero dovuto affrontare la perdita, e che per molto tempo sarebbero stati uditi lamentarsi nello stesso modo.
Sebbene si mostrasse poco, e fosse più facile udirne le tremende grida, era possibile intravedere la Vecchia della Nebbia emergere dalla fitta bruma che ammantava le montagne, al centro di crocicchi nebbiosi, oppure accanto a un corso d’acqua, che lei schizzava addosso con le mani emettendo lugubri lamenti. A tal proposito, è ricordata ancora oggi nel Glamorganshire come un inquietante spettro di fiume. (2)

Una caratteristica particolare della Gwrach y Rhibyn è legata al significato del suo nome. Mentre gwrach si traduce con “vecchia”, o “strega”, la parola rhibyn richiama il rotolare delle rocce lungo le pendici delle montagne. La leggenda vuole infatti che la Gwrach y Rhibyn fosse solita camminare sulle colline con un grembiule riempito di grosse pietre, e ogni volta che il laccio che lo teneva legato al suo grembo si rompeva provocava la caduta rovinosa delle rocce, che rotolavano giù fino al suolo. Secondo una variante di questa tradizione, la vecchia raccoglieva enormi pietre nel suo mantello per farne una zavorra, mentre volava al di sopra delle furenti tempeste, e quando ritornava alla propria caverna le lasciava cadere tutte, una dopo l’altra. Le rocce erano talmente pesanti da scavare la parete rocciosa della montagna e in tal modo formavano i letti dei torrenti, le cui acque scorrono dalle sorgenti giù fino a valle (3). Una simile caratteristica era attribuita anche alla potente Cailleach, la vecchia gigantessa dell’inverno della tradizione scozzese, e per via di questo particolare aspetto le due entità potrebbero essere assimilate, suggerendo la possibilità di una loro nascita comune da un’unica divinità antica che aveva potere sulle rocce e sulle montagne, sul rigido inverno – dunque sulla morte, sulle acque e sulle nebbie.
In alcune zone del Galles meridionale la Gwrach y Rhibyn assumeva talvolta le sembianze di un uomo molto vecchio, che poteva essere scorto mentre sedeva, silenzioso e immobile, nella fitta bruma. Questa figura veniva chiamata Brenhin Llwyd, ovvero “Re Grigio”, e sebbene la sua funzione sia poco chiara, si pensa che avesse il potere di controllare l’infittirsi o il diradarsi delle nebbie. (4)

La Cyhyraeth

Spesso confusa e sovrapposta con la Gwrach y Rhibyn, la Cyhyraeth è un’entità molto simile, che tuttavia si distingue per alcuni particolari aspetti. Secondo la tradizione gallese, questo spettro terrificante infestava soprattutto i villaggi che sorgevano a sud-est del fiume Towy, dove si dice che in passato si lamentasse per la morte di ciascun abitante di quella precisa zona, così come per coloro che, nati lì e trasferiti altrove, morivano lontano dal proprio paese d’origine. (5)
Il nome Cyhyraeth – fra le cui varianti ci sono Cyoeraeth, Cyroerareth e Kihyrraeth – richiama il terrore agghiacciante che si prova verso la morte. Le ultime due sillabe della parola significano infatti “profondo dolore”, “afflizione”, ma anche “freddo” e “ghiaccio”, e descrivono l’effetto che provocano le sue grida raggelanti su coloro che le ascoltano. (6)
A differenza della Gwrach y Rhibyn, che talvolta si rendeva visibile e di cui esiste una descrizione, la Cyhyraeth non venne mai vista, ma solamente udita, e i suoi lamenti angoscianti non richiamavano la sofferenza di coloro che avrebbero dovuto affrontare la perdita dei propri cari – come avveniva per la Gwrach – ma il dolore straziante del morente. Si racconta che la sua voce venisse udita la notte prima di una sepoltura, e che spesso la si sentisse gridare dapprima molto forte, in lontananza, poi più vicino, con un tono più basso ma non meno dolente, e infine proprio accanto all’orecchio, come un flebile gemito che rievocava l’ultimo debole sospiro prima della morte. Il suo era dunque un triplice presagio che richiamava il progressivo avvicinarsi della morte stessa. A tal proposito, si diceva che gli angosciosi lamenti della Cyhyraeth fossero esattamente gli stessi che avrebbe pronunciato in punto di morte la persona predestinata, tanto da indurre chi li sentiva a scambiarli per i suoi, ma in un tempo precedente quello in cui sarebbero stati realmente emessi.
Talvolta la Cyhyraeth lanciava le sue urla diverso tempo prima di uno o più decessi, ma mai più di tre mesi prima che si realizzassero. Veniva udita lungo le vie che in breve tempo sarebbero state percorse da un funerale, nel qual caso i suoi penosi gemiti sarebbero cominciati davanti alla casa in cui sarebbe avvenuto il decesso, per poi ripetersi lungo la strada che conduceva alla chiesa e terminare infine all’interno del cimitero, nel punto esatto in cui il corpo sarebbe stato seppellito.
Quando si aggirava nei villaggi, gemendo lungo le strade solitarie e i vicoli polverosi, si diceva che presagisse gravi epidemie che avrebbero portato la morte lungo le stesse vie da lei percorse; mentre se la si sentiva sbattere violentemente le persiane delle finestre, o spalancare la porta di una casa in particolare, era certo che presto qualcuno dei suoi abitanti sarebbe morto.
Nel corso dei secoli venne sentita anche da chi passeggiava nottetempo sulla spiaggia, e la sua voce fu descritta come un urlo terribile che proveniva da lontano, fra le onde irrequiete, il quale veniva ripetuto più vicino una seconda volta, per poi allontanarsi nuovamente e spegnersi in lontananza. Quando la Cyhyraeth veniva udita il tal modo, di certo entro pochi giorni sarebbero stati trovati relitti provenienti dal mare e molti corpi lungo le rive.
Era risaputo che quando i cani sentivano le sue urla venissero presi dal terrore e scappassero al riparo a nascondersi, e che talvolta la sua voce dolente annunciasse il mutare del tempo e l’arrivo di una violenta tempesta.

La Canwyll Corph

Un’altra inquietante apparizione che nelle terre gallesi annunciava una morte imminente era la Canwyll Corph, la Candela Cadavere, chiamata anche Candela dei Cymry o Candela dei Morti. Questo presagio terribile era descritto in modi diversi. Talvolta si mostrava come una orribile torcia che rimaneva fissa in piedi, senza alcun supporto, e bruciava di una inquietante fiamma blu; mentre altre volte compariva come una strana candela di sego retta in mano da un fantasma, il quale la teneva fra le dita proprio davanti al volto. Questo spettro ritraeva sempre l’aspetto di una persona ancora in vita, e presagiva la sua morte incombente.
Quando appariva invece come una fiammella pallida e spettrale, dalla forma simile a quella che arde sullo stoppino di una candela, la sua dimensione e il suo colore rivelavano la natura di chi era vicino alla morte. Se era grande e alta, sarebbe morta una persona adulta, se invece era molto luminosa sarebbe morto un ragazzo nel fiore degli anni; se era piccola e fioca, a morire sarebbe stato un bambino, mentre se si trattava di una fiammella molto piccola, a passare oltre il velo sarebbe stato un neonato. Quando comparivano due fiamme, una grande e una piccola, ad andare incontro alla morte sarebbe stata una madre col suo bambino. Si diceva anche che se la Canwyll Corph bruciava di una fiamma bianca o azzurra, sarebbe morta una donna, mentre se la fiamma era rossa un uomo.
In certi casi la Candela Cadavere prendeva la forma di un tetro e pallido fuoco che fuoriusciva dalla bocca o dalle narici del morente, mentre in altri appariva come una candela ai piedi del letto di una persona malata e prossima a morire, e la sua fiamma, seppur accesa, non emetteva alcuna luce. In questi casi, se veniva toccata si dissolveva immediatamente in una pioggia di pallide scintille che, cadendo a terra, svanivano.
La Canwyll Corph appariva inoltre come un fuocherello che percorreva lentamente la strada che dal villaggio conduceva alla chiesa e al cimitero, per poi soffermarsi e infine spegnersi in un punto preciso fra le tombe. Quando si comportava in questo modo, di certo entro pochi giorni un funerale avrebbe percorso la stessa strada, con la stessa andatura lenta, e il defunto sarebbe stato seppellito proprio nel punto presagito dalla fiamma. (7)
Si racconta che coloro che provarono ad arrestare il suo cammino, ponendosi davanti ad essa per impedirle di passare, furono colpiti e gettati a terra con tanta violenza da restare al suolo svenuti per lungo tempo, rischiando essi stessi di andare incontro ad una morte prematura. (8)

L’Aderyn Corph

Simile al corvo e alla civetta che in diversi paesi europei presagivano la morte, gracchiando o stridendo per tre volte davanti alla finestra del morente, nella tradizione gallese esisteva l’Aderyn Corph, o Uccellino Cadavere, un piccolo volatile dall’aspetto inquietante. Senza piume, aveva la pelle liscia, color marroncino, ed era privo di ali. (9)
Questo misterioso uccello si posava sul tetto, davanti alla porta, oppure sul davanzale della finestra della casa in cui presto sarebbe giunta la morte, e cinguettava in modo strano, emettendo un verso simile a “Dewch! Dewch! ”, che in gallese significa “Vieni! Vieni!”: il lugubre richiamo della morte.
Dopo aver portato il suo terribile messaggio, si diceva che l’Uccellino Cadavere si librasse di nuovo in aria, volando senza alcun supporto, e tornasse nell’immensità del cielo, nel regno invisibile che si cela oltre le nuvole.

***

Ciò che emerge da queste antiche tradizioni, sopravvissute per secoli nelle campagne e nei vecchi villaggi del Galles, è che ciascuna di queste tetre e spaventose apparizioni ritrae il gelido terrore suscitato dalla morte, e incarna sia il dolore fisico di chi è prossimo a morire, sia soprattutto la terribile afflizione di chi, rimasto in vita, deve affrontare la perdita e superare il lutto.
Di per sé, nessuna di queste entità è malvagia o dannosa, nessuna provoca sventura o morte, e a meno che non si tenti di arrestarle, impedendo loro il passaggio, sono sempre del tutto innocue nei confronti dei viventi. Il loro compito è semplicemente quello di annunciare l’inevitabile, di avvertire dell’approssimarsi di un grande cambiamento, portando fra i vivi il messaggio della morte imminente, che a prescindere da loro farà comunque il suo corso.
Come nel caso della Banshee irlandese, anche questi dolenti fantasmi gallesi offrono in realtà il tempo necessario al triste congedo prima della separazione.
Il loro messaggio precede l’ultimo saluto, un’amorevole e calda stretta di mano, e l’inizio di un nuovo viaggio.


Note:

1. Cfr. Marie Trevelyan, Welsh Traditions and Superstitions - A Historical Article on the Mythology of Wales

2. Fra le varie testimonianze di chi vide e udì la Gwrach y Rhibyn, una delle più suggestive venne riportata all’autore Wirt Sikes da un rispettabile abitante di Llandaff, durante una passeggiata vicino a Cardiff nell’estate del 1878.
L’autore la trascrisse come segue nella sua opera British Goblins: Welsh Folk-lore, Fairy Mythology, Legends and Traditions:
‘Fu a Llandaff’, mi disse, ‘il quattordici dello scorso Novembre, durante una visita a un vecchio amico, che vidi e udii la Gwrach y Rhibyn. Stavo dormendo nel mio letto, e fui svegliato a mezzanotte da uno spaventoso grido e da un forte scuotimento della finestra, anche se poteva sembrare provocato dal vento. Non ne fui molto spaventato, sir, come avreste potuto pensare; ero eccitato – questa fu la parola che usò – eccitato; saltai giù dal letto, mi precipitai alla finestra e la spalancai. Allora vidi la Gwrach y Rhibyn, la vidi chiaramente, sir, una orribile donna con lunghi capelli rossi e una faccia come il gesso, e denti grandi come zanne. Mi stava guardando, col viso voltato dietro la spalla, quando si librò nell’aria trascinando sotto di sé il suo un lungo abito nero (…). Diede un altro strillo ultraterreno mentre la guardavo; poi udii le sue ali sbattere contro la finestra della casa proprio sotto quella in cui ero io, e subito svanì. Ma rimasi nell’oscurità, e com’è vero che sono un uomo in carne e ossa, sir, la vidi andare alla porta del Cow and Snuffers Inn e non ritornare più. Guardai la porta dell’ostello per lungo tempo, ma ella non ne venne più fuori. Il giorno seguente, credetemi perchè è l’onesta verità, sir, mi dissero che l’uomo che custodiva il Cow and Snuffers Inn era morto – morto nella notte. Il suo nome era Llewellyn, sir – potete chiedere di lui a chiunque, a Llandaff – ed egli aveva curato l’ostello per settant’anni, e la sua famiglia per trecento anni prima di lui (…). Non sono le nuove famiglie che la Gwrach y Rhibyn tormenta, sir, ma quelle vecchie.’ ”. Cfr. Wirt Sikes, op. cit., pp. 228-229, traduzione italiana a cura dell’autrice.

3. Cfr. Thomas Crofton Croker, Fairy legends and traditions of the south of Ireland, pag. 208, e Notes and Queries: A Medium of Inter-Communication for Literary Men, Artists, Antiquaries, Genealogists, Etc. , Vol. I, pag. 295.
Sembra che in alcune narrazioni del mito di Taliesin incluso ne I Mabinogion, l’importante raccolta di racconti mitologici gallesi, esista una connessione fra la Gwrach y Rhibyn e Avaggdu, l’oscuro figlio della potente dea Ceridwen e di Tegid Foel. La vecchia della nebbia sarebbe infatti sua moglie. Cfr. Wirt Sikes, British Goblins: Welsh Folk-lore, Fairy Mythology, Legends and Traditions, pag. 230.

4. Cfr. Ann Ross, Folklore of Wales.

5. Come la Banshee per gli irlandesi, anche la Gwrach y Rhibyn e la Cyhyraeth erano legate soltanto alle antiche famiglie gallesi, e si mostravano piangenti e addolorate per presagire soltanto la morte dei loro componenti.

6. Cfr. Notes and Queries, op. cit., pag 295

7. La Canwyll Corph non va confusa con la Tan Wedd, un’altra apparizione infuocata simile a una grande stella cadente che scende lentamente dal cielo, illuminando l’aria, e con un intenso brillio cade sui terreni di un possidente, presagendone la morte.

8. Un altro resoconto suggestivo è quello riportato alla fine del 1800 da William John, un fabbro di Lanboydi, e raccolto da Wirt Sikes nella sua opera:
Accadde che una notte, mentre egli stava tornando a casa sul suo cavallo, vide una Candela Cadavere, e in quel momento la sua naturale prudenza venne sopraffatta dall’audacia, così egli decise di uscire dal sentiero per ostruirle il passaggio. Appena la candela gli si avvicinò, egli vide un cadavere su una bara, il cadavere di una donna che egli conosceva. La morta teneva la fiamma fra le dita e, guardandolo, sogghignò in modo spaventoso. Subito dopo egli fu colpito e gettato giù dal suo cavallo, e giacque svenuto sulla strada per lungo tempo, dopodichè rimase a letto malato per intere settimane. Nel frattempo, la donna di cui egli aveva visto il corpo spettrale morì e fu sepolta, e il suo funerale passò proprio lungo quella strada.” Cfr. Wirt Sikes, op. cit., pag. 252, traduzione italiana a cura dell’autrice.

9. Secondo altre descrizioni, l’Aderyn Corph aveva sia le ali che le piume, era di un colore simile a quello della fuliggine e aveva un aspetto tanto strano e inquietante da non poter essere scambiato per alcun uccello normale. Nel Galles del Nord, invece, ad annunciare la morte era lo stridio del piviere dorato. Cfr. Wirt Sikes, op. cit., pag.223.


Bibliografia

British Goblins: Welsh Folk-lore, Fairy Mythology, Legends and Traditions, Wirt Sikes, Sampson Low, Marston, Searle & Rivington, London, 1880
Cambrian Superstitions, Comprising Ghosts, Omens, Witchcraft, Traditions, &c., William Howells, Longman & Co., London, 1831
Fairy legends and traditions of the south of Ireland, Thomas Crofton Croker, John Murray, London, 1825
Folklore of Wales, Ann Ross, The History Press, Stroud, 2011
Notes and Queries: A Medium of Inter-Communication for Literary Men, Artists, Antiquaries, Genealogists, Etc. , Vol. I, London: George Bell, 1850
The Graphic and Historical Illustrator: An original miscellany of literary, antiquarian, and topographical information, a cura di Edward Wedlake Brayley, J. Chidley, London, 1834
Welsh Folk-Lore: A Collection of the Folk-Tales and Legends of North Wales, Elias Owen, Woodall, Minshall, and Co., London, 1887
Welsh Traditions and Superstitions - A Historical Article on the Mythology of Wales, Marie Trevelyan, Read Books Ltd, 2011


Testo e ricerca di Laura Violet Rimola. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso scritto dell'autrice e senza citare la fonte.




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