Il Tempio della Ninfa

Le Dame del Natale

Articoli / Archetipi
Inviato da Violet 11 Gen 2014 - 18:37

Nel soffice biancore della neve, che riposa sulla terra assopita, un leggero tintinnare di campanellini si ode da lontano. Sono le Dame del Natale, che attraversano il cielo sulle loro slitte, o emergono dal fitto dei boschi coronate d’abete e agrifoglio, di luci e di brina.
Luminose e bianchissime, reggono la fiamma della nuova vita e portano doni d’abbondanza, nutrimento e calore. E pur essendo vestite di ghiaccio e neve, sono le splendenti madri del Sole.



In molti paesi europei, prima dell’avvento della religione cristiana e, successivamente, della più comune figura di Babbo Natale, bellissime Fate e Dée conoscitrici del destino degli uomini presiedevano le festività solstiziali e natalizie in un’incantevole predominanza femminile, e durante le magiche notti d’inverno vagavano per le strade e passavano in ogni casa a osservare se fosse pulita e ordinata, e se ogni lavoro di filatura fosse stato portato a termine.
La loro visita era attesa e al contempo temuta, poiché avrebbe potuto recare liete benedizioni, o punizioni terribili. Il loro tocco poteva essere leggero e delicato come un fiocco di neve, o implacabile come una tempesta di ghiaccio, ed esse potevano apparire a loro piacimento giovani e bellissime o vecchie e raccapriccianti, benefiche o malefiche, amorevoli e materne o gelide e impietose, portatrici di buona fortuna o di sorte funesta. Ciò nonostante, è soprattutto nel loro aspetto più amabile che vengono ricordate, come eterne divinità della luce, della rinascita, della prosperità e dell’anelato ritorno del sole.

Ogni terra ha la sua dama e ogni dama è diversa, seppure sempre simile alle sue sorelle. Quelle che seguono sono solo alcune delle molte Dèe e Fate, sopravvissute sino a oggi, legate al solstizio invernale, alla vigilia di Natale e ai dodici giorni che intercorrono fra il ventisei dicembre e il sei di gennaio.
Questa ricerca pertanto non avrà termine e ogni anno sarà arricchita e perfezionata, in onore delle buone Dame del Natale, che sempre vegliano e osservano nel cuore buio e gelido dell’inverno.

***

Le Origini della Befana. Le Dee di Luce e Fortuna [1]
L'antica luce di Santa Lucia [2]
Snegurochka, la Fanciulla di neve [3]


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Kolyada, la bianca Fanciulla dell’inverno

Nelle gelide terre della Russia e della Slovenia si onorava un tempo la candida Kolyada, una luminosa entità femminile legata al tempo invernale, e in particolare al giorno del solstizio.
Kolyada era infatti la Dea dell’inverno e del sole nascente, e si credeva che ogni mattina incoraggiasse i pallidi raggi solari a sorgere per benedire con il loro tepore la terra addormentata. La stessa lucentezza delle belle giornate invernali era considerata un suo dono, e spesso la si immaginava mentre guidava il sole su per il cielo, fino ai caldi giorni d’estate.
La leggenda vuole che la divina fanciulla visitasse le vie dei villaggi nella notte del solstizio d’inverno – oppure la vigilia di Natale – portando i suoi doni di luce e abbondanza alle famiglie e ai bambini. Un dolcissimo tintinnare di campanelle annunciava il suo arrivo, e Kolyada giungeva sorridente, vestita di un finissimo abito candido come la neve e seduta sulla sua slitta. “I capelli bianchi, la pelle bianca, vestita tutta di bianco, bianchi anche i cavalli che trainano la sua bianca slitta, è difficile distinguerla in mezzo alle nuvole di neve.” (1) In un incantato e luminoso candore la Dea percorreva le strade innevate, dispensando intorno a sé benedizioni e fortuna.

Proprio per richiamare la sua presenza e la sua benevolenza, in alcuni paesi russi si celebra ancora oggi il rito tradizionale della sua visita natalizia. Alla vigilia di Natale, giorno a lei sacro, una delle giovinette più belle viene vestita di uno splendido abito bianco, e durante la giornata percorre le vie del villaggio seduta su una slitta, mentre ragazzi e bambini, talvolta mascherati da animali, la accompagnano e precedono nel suo festoso peregrinare. La fanciulla viene chiamata Kolyada, poiché personifica e sostituisce la Dea, e visitando casa dopo casa porta la benedizione del sole e imita il suo benefico ritorno dopo la lunga notte del solstizio.
All’arrivo della splendida giovane, ogni famiglia la accoglie con gioia e i bambini intonano gli antichi kolyadki, i canti tradizionali con i quali si celebra la sua venuta, nonché la rinascita e la nuova vita che lei infonde alla terra. Per ricambiarli, Kolyada offre dolci e piccoli doni, come simboli di fortuna, luce e prosperità per il nuovo anno.

In diversi paesi dell’Europa dell’Est, Kolyada era considerata anche una Dea del tempo. Il suo nome, che potrebbe derivare da kolo, ovvero “ruota”, richiama simbolicamente sia il sole, sia il cerchio della perenne ciclicità, e dunque il tempo ciclico, il ruotare costante delle stagioni e il sicuro ritorno della luce dopo il gelido inverno.
La stessa parola potrebbe significare anche “danza circolare”, e a questo proposito si potrebbe pensare che in occasione delle feste di Kolyada (2) venissero compiute danze sacre in cerchio, per richiamare la presenza della radiosa fanciulla e dunque il ritorno del sole, così come il suo crescente cammino attraverso la volta celeste.

Kolyada! Kolyada!
Kolyada has arrived
On the Eve of the Nativity.
We went about, we sought
Holy Kolyada,
Through all the courts, in all the alleys.
We found Kolyada
In Peter's Court.
Round Peter's Court there is an iron fence,
In the midst of the Court there are three rooms:
In the first room is the bright Moon;
In the second room, the red Sun;
And in the third room, the many Stars
.” (3)


Besherkind, la Dama velata

Nella Germania orientale, presso la tribù slava dei Sorbi, sin dall’inizio dell’autunno si attende l’arrivo della Besherkind – o Kindlein – una dama velata di bianco e vestita di un lungo abito coperto di nastri. Una fanciulla cammina davanti a lei, mentre la misteriosa Besherkind incede solennemente per le vie tenendo in mano un fascio di rami di betulla, con il quale percuote i bambini disobbedienti, dispensando noccioline, dolcetti e mele a quelli buoni e meritevoli.
In tempi recenti la Besherkind viene spesso imitata da un uomo travestito da donna, o più semplicemente da una donna velata, ma in origine doveva essere stata una Dea o una candida Fata, simile alle altre Dame del Natale. Come loro, infatti, elargiva doni o punizioni a seconda del modo di comportarsi di coloro che incontrava nella sua diafana e silenziosa processione.


La Dama Verde

In diversi paesi della Franca Contea, al limitare delle Alpi, si ricorda ancora oggi la bellissima Dama Verde, che si diceva distribuisse i regali nella notte della vigilia di Natale, prima dell’arrivo del vecchio Père Noël.
Questa Fata dell’inverno e dei boschi, “antica quanto la terra (…) di cui porta il nome e il colore” (4), era al contempo amata e temuta, poiché se da una parte ne si invocava la benevolenza e i doni generosi, dall’altra si aveva il terrore di vederla apparire.
Il suo aspetto ricorda i sempreverdi, e in particolare l’abete. La lunga chioma frondosa, che incornicia il suo splendido viso, è verde come gli aghi delle conifere, e la pesante veste che indossa è anch’essa verde, adorna di rametti e profumata di dolci resine balsamiche.
Regina delle praterie e delle foreste, (…) deve avere una predilezione per le nostre montagne, dove il verde ha una brillantezza, una freschezza e un profumo che si può trovare solo nelle belle valli alpine.” (5) Qui, si dice che vivesse nelle grotte silenziose coperte di muschio, fra i fitti alberi dei boschi più antichi, e una delle sue dimore preferite era un’immensa caverna di sabbia, solcata da profonde gallerie e abitata da un gran numero di lucertole e serpenti.
Descritta sia come dama solitaria, sia come amante della compagnia delle sue sorelle uguali a lei, con le quali formava un piccolo corteo silvestre, era invocata soprattutto dalle madri, con le quali si mostrava sempre premurosa e indulgente. Poteva tuttavia rivelarsi anche dispettosa e ostile, e si racconta che avesse piacere a tormentare i padroni tiranni, i gelosi, le donne sciocche e i ricchi avari e malvagi. Accovacciata sul loro petto, mentre giacevano addormentati, provocava in loro una terribile angoscia e popolava il loro sonno di incubi spaventosi.

La sua figura è legata in particolar modo a una tradizione natalizia francese chiamata battre la tronche – “battere la faccia”. Durante la vigilia di Natale, un grande ceppo di legno – talvolta dipinto o disegnato a rappresentare una faccia – viene trascinato dentro casa, e dopo essere stato posto accanto al focolare, viene coperto con un pesante tappeto. Una delle persone più anziane della famiglia, solitamente il nonno, chiama i nipotini e li arma con dei lunghi bastoni, con i quali i piccoli iniziano a “battere la faccia” per costringerla a rivelare i suoi tesori. Dopo alcuni istanti, il tappeto viene sollevato per la prima volta, ma il tronco si rivela essere vuoto. Nessun dono, nessun dolcetto, solo il nudo legno appare davanti agli occhi delusi dei bambini. A quel punto il nonno li rimprovera per i capricci e le malefatte combinate durante l’anno passato, motivo per cui la buona Dama Verde, evidentemente corrucciata, ha deciso di non lasciar loro alcun regalo. I piccoli vengono mandati in un’altra stanza, dove li attende la mamma, e qui si scusano per essere stati cattivi, promettendo d’ora in poi di comportarsi bene. Dopo il dolce abbraccio materno, che li perdona e li assolve, tornano nella stanza del focolare, dove nel frattempo il nonno e gli altri famigliari hanno provveduto a riempire il ceppo di doni e a ricoprirlo di nuovo con il tappeto.
Un altro vivace agitare di bastoni ha inizio, ma questa volta la buona Dama Verde si dimostra finalmente generosa. Quando il tappeto viene nuovamente sollevato, il tronco trabocca infatti di caramelle, praline, cioccolatini, frutta e piccoli doni, che illuminano il visino dei bimbi, ora felici e rincuorati. (6)

Questa allegra tradizione è ciò che rimane a ricordare l’antica visita della Dama Verde durante le feste d’inverno. Con l’arrivo del più conosciuto e amato Père Noël, la bella Fata si nascose sempre di più nei boschi ombrosi dai quali proveniva. A Poligny si racconta che non voglia più uscire la notte della vigilia di Natale, come faceva un tempo, e che preferisca rimanere chiusa nella sua grotta a ricordare con dolce nostalgia i bei giorni in cui era invocata e attesa nelle gioiose festività natalizie.
E tuttavia, sebbene quasi più nessuno la ricordi, la buona dama vive ancora nelle grotte coperte di muschio e in ogni bosco antico, dove, fra i fitti abeti innevati e profumati di dolce resina, si può percepire la sua benefica e amorevole presenza.

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Trotte-Vieille, la Vecchia dalle lunghe corna

Conosciuta soprattutto a Saulnot, nella regione francese dell’Haute Saône, la terribile Trotte-Vieille – traducibile con “trotta-vecchia” o “la vecchia che trotta” – si mostra sia come donna anziana e scarmigliata dall’aspetto spaventoso, sia come Fata benefica e gentile. In entrambi i casi, porta sulla fronte due lunghe corna di mucca appuntite, con le quali si dice che infilzi i bambini cattivi per portarli nel suo covo oscuro. Nei confronti di coloro che sono stati buoni, invece, si mostra benevola e generosa e concede buoni doni e benedizioni. (7)
La sua visita nelle case è attesa e assai desiderata, in quanto si crede che apporti abbondanza, gioia e fortuna per l’anno a venire, e proprio per incoraggiarla e renderne favorevole e benefico il carattere imprevedibile, si usa preparare la sera di Natale una particolare minestra calda della quale la vecchia Trotte-Vieille è particolarmente golosa.


Tchausse-Villha, la Vecchia dei nodi

In Francia e Svizzera, quando si avvicina il Natale, si teme l’arrivo dell’inquietante Tchausse – Villha, chiamata anche Chauchevieille o Chauchepaille. Della sua leggenda non si conosce molto, ma si dice che sia solita ingarbugliare in maniera inestricabile la lana filata, e in generale tutti i lavori d’ago, che non sono stati finiti prima del giorno di Natale. Simile alle altre dame natalizie, ne incarna solamente il lato oscuro, recando nodi, imbrogli, difficoltà e confusione alle filatrici negligenti, ovvero a coloro che simbolicamente non hanno filato bene il filo del loro destino.


Frau Gaude, la Dama dei cani

In diverse parti della Germania, durante le dodici notti che intercorrono fra Natale e l’Epifania, si festeggia la lucente e fiera Frau Gaude – chiamata anche Gude, Gode, Gaue o Wode. Nel Mecklenburg, una regione settentrionale tedesca che confina con il Mar Baltico, questa bellissima Fata è descritta come una donna alta e bionda, vestita di uno splendido abito bianco con una brillante cintura d’oro allacciata in vita. Seduta in groppa a un cavallo, bianco come lei, sorvola i villaggi accompagnata dai suoi mastini e da altre bestie selvagge.
In altre regioni teutoniche si dice invece che Frau Gaude appaia alla guida di un carro o di una slitta trainata da una grande muta di cani dagli occhi rossi come il sangue. Se durante la sua corsa trova una porta socchiusa, la dama vi manda all’interno uno dei suoi cagnolini, che subito va ad accucciarsi accanto al focolare. La mattina seguente, il cucciolo scodinzola e guaisce, e ogni suo lamento può portare sfortuna e malessere a chi lo ospita. La sua attenta guardia dura tutto l’anno e l’animale non può essere allontanato in alcun modo. Se durante la sua permanenza viene trattato con ogni cura e affetto, la sua felicità porta fortuna, e quando l’anno successivo dama Gaude torna a prenderlo, al suo posto lascia un grande mucchio d’oro. Ma se il cagnolino viene maltrattato, o se qualcuno riesce a ucciderlo con un colpo in testa, esso si trasforma in una pietra, che per quanto possa essere gettata via torna sempre al suo posto accanto al camino. Allo scoccare di ogni mezzanotte il grosso sasso si tramuta di nuovo in cane, e i suoi guaiti arrecano maledizioni ancora più terribili a chi abita nella casa. “Incidenti, malattie e febbri maligne decimeranno irrimediabilmente tutta la famiglia finché Gaude tornerà a richiamare il suo cucciolo l’anno successivo.” (8) Per questo motivo gli abitanti dei villaggi visitati dalla luminosa dama si preoccupano di sbarrare bene porte e finestre per tutta la durata delle dodici notti di Natale.
D’altro canto, Frau Gaude si dimostra buona e generosa verso coloro che ispirano la sua benevolenza, e ricompensa amorevolmente coloro che l’hanno servita. Si racconta che un paesano volle riparare una delle ruote del suo carro, e trovò che i trucioli di legno caduti dall’ascia si erano trasformati in purissimo oro.
Come le altre Dame del Natale, anche Frau Gaude rappresenta dunque una datrice di fortuna e prosperità o di malasorte e sterilità, e giunge nel periodo più buio dell’anno a ispezionare le case e il cuore di chi le abita. A tal proposito si potrebbe pensare che i suoi cagnolini svolgano il suo stesso compito nelle abitazioni che vanno a occupare, lamentandosi o gioendo – e dunque portando malattia o benessere – a seconda di come vengono trattati e del modo in cui si comportano i loro ospitanti. I loro occhi rossi sono gli occhi di dama Gaude, così come le loro orecchie e la loro voce, e ovunque si stabiliscano lo spirito della dama rimane a vegliare, a osservare e a valutare. Starà ad ognuno la scelta di incorrere nel suo pericoloso corruccio, o di meritarsi il felice dono del suo oro splendente.


***

Note:

1. Tratto da Pierre Dubois, Encyclopédie des Fées, pag. 29 (T.d.A.)

2. Kolyada o Koliada è il nome che ancora oggi viene dato all’intero ciclo di festeggiamenti invernali e natalizi in Slovenia, in Russia e in altri paesi dell’Europa dell’Est. Con l’arrivo del Cristianesimo le feste dedicate alla Dea Kolyada vennero soffocate e assorbite nelle nuove celebrazioni, ma nonostante questo, alcuni kolyadki vengono ancora innalzati in suo onore, e il suo nome viene tuttora invocato la vigilia di Natale.

3. Uno dei canti tradizionali –kolyadki – che invocano la presenza di Kolyada alle feste solstiziali e natalizie. W. R. S. Ralston, Songs of Russian People.
Kolyada! Kolyada! Kolyada è arrivata, Alla vigilia della Natività. Abbiamo vagato, abbiamo cercato la Santa Kolyada, Attraverso tutte le corti, in tutti i vicoli. Abbiamo trovato Kolyada alla Corte di Pietro. Intorno alla Corte di Pietro c'è un recinto di ferro, Nel mezzo della Corte ci sono tre stanze: Nella prima stanza c’è la Luna luminosa; Nella seconda stanza, il rosso Sole; E nella terza stanza, le molte Stelle.” (T.d.A.)
Nonostante sia evidente l’influenza della religione cristiana, il senso originario di questi canti, nonché le gioiose invocazioni alla divina Kolyada, sono rimasti fortunatamente invariati.

4. Auguste Demesmay, Traditions populaires de Franche-Comté, pag. 367

5. Ibidem.

6. Cfr. Auguste Demesmay, pag. 367-368. L’autore aggiunge alla descrizione del battre la tronche i suoi lontani ricordi d’infanzia: “Non dimenticherò mai la solennità che mio nonno dava a questa festa. Diversi giorni prima ci mostrava la ‘faccia’ in fondo alla sua corte, come fosse un Dio. E noi gli portavamo molto rispetto. Non avremmo mai compiuto un’azione malvagia di fronte a quel ceppo, attorno al quale sembravano aleggiare esseri soprannaturali.” (T.d.A.)

7. Sebbene molte delle dame qui raccontate abbiano assunto aspetti che le fanno apparire più simili a spauracchi atti a spaventare i bambini e a spingerli a comportarsi bene – al pari dell’uomo nero, del lupo cattivo e di altre figure inventate dalla fervida immaginazioni di nonni e genitori – rimane chiara la loro appartenenza alle ambivalenti divinità dell’inverno, ovvero alle Dame del Natale e dei dodici giorni che ne seguono.

8. Dubois, pag. 29


Fonti

Encyclopédie des Fées et autres petites créatures, Pierre Dubois, Hoebeke Editeur, Paris, 1996
Tante Arie. Bonne Fée et Mére Noël, Hervé Thiry-Duval, Editions Cabédita, Divonne-les-Bains, 2007
Goddess Holle. In search of a Germanic goddess, Garden Stone, Books on Demand, Norderstedt, 2011
Christmas in Ritual and Tradition, Christian and Pagan [4], Clement A. Miles, T. Fisher Unwin, 1912
Traditions populaires de Franche-Comté: poésies suivies de notes, Auguste Demesmay, Paris, 1838
Yule-Tide in Many Lands, Mary Poague Pringle e Clara A. Urann, Library of Alexandria
Songs of Russian People as illustrative of Slavonic mythology and Russian social life [5], W. R. S. Ralston, Ellis & Green, London, 1872
Dictionary of Nature Myths: Legends of the Earth, Sea, and Sky, di Tamra Andrews, Oxford University Press, 2000
Discovering Christmas Customs and Folklore: A Guide to Seasonal Rites, Margaret Baker, Shire Publications Ltd., 2007
Les Deux Bourgognes: études provinciales, Volume IV, Anonimo, 1827
La vera storia di Babbo Natale di Arnaud d’Apremont, L’Età dell’Acquario, Torino, 2005
Christmas and Hanukkah, Elizabeth A. Dice, Chelsea House, 2009
The Chautauquan, Volume IV, M. Bailey, Publisher, 1884
Entità Fatate della Padania, di Alberta Dal Bosco e Carla Brughi, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 1993

Immagine: Christmas Fairy, Sue Rundle-Hughes


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  [4] http://www.sacred-texts.com/time/crt/index.htm
  [5] http://www.sacred-texts.com/neu/srp/index.htm