Il Tempio della Ninfa

Nocciolo

Articoli / Erbario
Inviato da Violet 22 Feb 2009 - 00:03

NOCCIOLO
Corylus avellana

Antico inglese: haesel, haesl; Antico alto tedesco: hasal, hasala; Gallese: colleen; Gaelico scozzese: calltainn; Gaelico: coll; Antico irlandese: coll.



Riconoscimento e proprietà terapeutiche

Il nocciolo è un arbusto formato da tanti fusti che nascono da uno stesso ceppo, ben interrato. Fa parte della famiglia delle Betulacee, predilige terreni soleggiati e molto fertili, nei quali si diffonde rapidamente per i numerosissimi polloni che produce in continuazione. Se non viene potato può crescere al massimo sino ai 9 metri di altezza, che tuttavia raggiunge di rado.
La sua bella chioma verde si allarga verso l’esterno, come a voler abbracciare lo spazio circostante, ed è fatta di foglie arrotondate e morbide, seghettate, grandi come il palmo di una mano, con venature marcate e terminanti con una piccola punta.
I fiori maschili e quelli femminili sono presenti entrambi sullo stesso albero: i primi, in amenti penduli color giallo dorato, compaiono prima dell’inverno, a settembre; i secondi, spuntano a gennaio/febbraio, sono eretti, hanno striature porporine e si riconoscono soltanto per il ciuffetto rosso degli stimmi.
I caratteristici frutti, le nocciole – più piccole negli alberi selvatici piuttosto che in quelli da coltivazione – sono delle piccole noci bianche, ottime e molto nutrienti. Le racchiude un guscio ruvido e duro, a sua volta protetto da un involucro fogliaceo a forma di campana o di caschetto, da cui il nome della pianta, corylus, dal greco “casco”.
Dalla radice, che mostra venature bellissime, si innalzano molti tronchi color grigio bruno, i quali restano piuttosto sottili perchè non vivono a lungo, e possono raggiungere solo i 40 anni d’età, circa. Ma per via della continua germogliazione, i vecchi alberelli vengono ripetutamente sostituiti dai nuovi, ed è pertanto quasi impossibile determinare la vera età di un nocciolo: le sue radici potrebbero avere centinaia e centinaia di anni, eppure la pianta è perennemente giovane.

La nocciola è un alimento molto nutritivo che contiene più del 60% di olio grasso, oltre che vitamine A, B e C, calcio, fosforo, potassio, ferro, magnesio e proteine. Si può mangiare fresca, secca o tostata, senza che le sue proprietà si alterino. Inoltre viene polverizzata per produrre la farina di nocciole, ingrediente principale della deliziosa gianduia, insieme al 20% di cacao.
Nell’antichità le nocciole arrostite erano usate contro il catarro, venivano tritate ed aggiunte all’idromele per combattere la tosse persistente e, unite al vino di uva passa, curavano i disturbi delle vie respiratorie.

Sia le foglie che la corteccia, in infusione o decotto, sono astringenti e coagulanti, adatte per limitare la dilatazione dei vasi sanguigni ed utilizzate per bloccare la perdita di sangue dal naso. Sono un buon rimedio contro la febbre, specialmente quella intermittente, e lavorano bene sulla circolazione del sangue, stimolandola.
In impacchi, si usano sugli occhi gonfi, cerchiati o pesti, o per ridurre il gonfiore del viso; mentre il loro infuso può lavare e pulire a fondo le ferite, agendo da disinfettante e antinfiammatorio.
Infine, l’olio di nocciole è un ottimo emolliente.

Ricette curative
(consultare sempre il medico)

Infuso per lavare le ferite: in un litro di acqua bollente mettere in infusione 25g di foglie di nocciolo, per 10 minuti. Far raffreddare e bagnare la parte affetta, lavandola con delicatezza.

Suffumigi per ridurre il gonfiore del viso: porre più strati di foglie fresche di nocciolo sul fondo di un colabrodo, che deve poi essere immerso in un pentolino di acqua bollente. Esporre quindi il viso ai vapori curativi per una buona mezz’ora.

Impacchi per gli occhi cerchiati o gonfi: preparare un infuso ponendo 20g di foglie e corteccia di nocciolo (oppure solo foglie o solo corteccia) in un litro d’acqua bollente e lasciandovele per 10 minuti. Far raffreddare ed imbevere due pezzuole di cotone, appoggiandole sugli occhi e riposando in tal modo per una ventina di minuti.

Decotto per abbassare la febbre: in un litro di acqua fredda porre 25g di corteccia di nocciolo, prelevata dai rami giovani e teneri, quindi portare ad ebollizione e lasciar bollire per 10 minuti. Lasciare riposare per altri 10 minuti, quindi filtrare. Bere una tazza dolcificando con del miele.

Miti, tradizioni e usi magici

Ondeggiando i suoi morbidi fiori pendenti, sospinti da note d’aria leggera che risuona fra i rami come fossero zufoli ed elfici flauti, il nocciolo danza l’eterna primavera. Il suo spirito canta con voce bambina e ai suoi piedi trovano riparo fate e animaletti selvatici, che fra gli innumerevoli fusti, intrisi dell’oro solare, giocano, si nascondono, sonnecchiano e golosamente si nutrono. Ogni desiderio, di fronte al nocciolo, viene esaudito. Tutto ciò che si deve fare, con dolcezza, è chiedere.
Così avviene per la bellissima Cenerentola, che tre volte al giorno si recava ai piedi dell’alberello, dov’era sepolta sua madre, e a lungo sedeva sull’erba tenera ad ascoltare il melodioso canto degli uccellini. Ogni qualvolta il suo cuore sospirava un desiderio, la fanciulla doveva solo chiedere al nocciolo, ed ecco che sui rametti più alti appariva un uccelletto bianco che, in men che non si dica, lo esaudiva.
Il nocciolo è dunque l’albero dei puri desideri, quelli mondati della comune materialità, gli unici che la natura desideri d’ascoltare. La sua magia aiuta a scovarli nel profondo di sé, a raccoglierli e ad esprimerli, perché vengano realizzati.
Porta a cercare all’interno delle cose, e forse proprio per questo si diceva che un suo rametto aiutasse a trovare i tesori nascosti, spesso interrati o sommersi dalle acque, tendendosi e piegandosi per indicare il punto ben preciso nel quale si doveva scavare.
Anche la bella Luna, con i suoi raggi simili a bianchi filamenti che raggiungono anche le cavità più piccole e buie, portava nel cuore della notte a scoprire i tesori perduti, forse intingendoli d’un chiarore più bianco, o baluginando ripetutamente sulla zolla di terra che li copriva.
E della Luna il nocciolo era simbolo, condividendo con lei anche il legame con l’acqua. Una bacchetta fatta del suo legno, veniva infatti usata come guida da coloro che cercavano le profonde e zampillanti sorgenti sotterranee.
Il nocciolo era anche connesso, per via della sua capacità di emettere moltissimo polline e quindi di riprodursi rapidamente, alla fertilità e alla rigenerazione. Narra una fiaba irlandese di una dama che, non potendo avere figli, aveva espresso il suo desiderio di maternità in un bosco di noccioli, e nonostante la sterilità, di lì a poco aveva dato alla luce un bimbo.
Per questa sua proprietà sottile, rami, fiori e frutti di nocciolo venivano usati nei riti per propiziare la fertilità, ed anche in quelli di amore ed unione fra amanti.

Presso i celti, il nocciolo era l’albero della più elevata Saggezza, che nasce dalla presa di coscienza delle proprie animiche radici, della propria origine vera.
Secondo le leggende irlandesi, i nove noccioli dell’Arte poetica – o un solo nocciolo dai nove fusti – sfioravano con le loro basse fronde porporine le acque dell’antichissima Pozza di Connla, sorgente stessa della vita terrestre e remota porta fra i mondi, donandole i propri frutti perché il sacro Salmone della Conoscenza se ne cibasse.
Così splendidamente ne scrive Ella Young:

Nel mondo del cielo c’è una Fonte che zampilla molto alta. Sembra quasi una torre di cristallo che ricade su se stessa e si spande tutto intorno ed in profondità, creando una pozza di delizia. Ai suoi lati crescono i Sacri Noccioli. Si innalzano così maestosi ed estendono i loro rami così in alto che nessuno sa dove finiscano, se finiscono. Germogliano in continuazione ed hanno sempre frutti e fiori. Le nocciole sono grandi e vermiglie e, quando diventano mature, cadono una ad una nella Pozza. Increspando le acque, il Salmone sale allora dalle sue profondità. Egli è il Signore della Fonte, egli è la Gemma delle Acque. Il suo corpo è ricoperto di pietre preziose ed illumina con il suo splendore le profondità della Pozza, e quando risale lentamente, sparge bagliori luminosi nei mulinelli che crea nuotando con le possenti pinne. Egli inghiotte le nocciole che cadono, una alla volta. Sono le Nocciole della Saggezza, le Nocciole della Conoscenza, ed il Salmone dalle scaglie scintillanti come il sole e d’argento come la luna è il Salmone della Conoscenza:

La Fonte sgorga e si rinnova per la gioia che proviene dalle Nocciole.
Sgorga e si rinnova.
I Noccioli fioriscono grazie alla Fonte,
Facendo cadere i propri frutti scarlatti nella Pozza della Delizia:
e nuotando nella pioggia delle nocciole, il vermiglio Salmone dalla pelle color dell’oro è felice.
Il Salmone è felice.
E felice è la Pozza per la gioia del salmone
e per sempre sgorga e si rinnova.


Così la Fonte non ha età, il Salmone non si stanca ed i Sacri Noccioli non avvizziscono
.”*

Sempre secondo la leggenda, uno dei Salmoni venne catturato dal vecchio poeta del re, Finnegas, che lo aveva cercato per oltre sette anni. Egli appiccò un piccolo fuoco sulla riva del fiume e lo mise a cuocere, poiché intendeva assaggiarne le carni ed essere infuso dalla Saggezza di cui era portatore. Lasciò quindi il giovane Finn McCumhail a curare la cottura, ma destino volle che una goccia bollente del grasso – o una piccolissima squama d’argento – schizzasse sul dito del ragazzo, il quale se lo portò istintivamente alla bocca per lenire il bruciore.
Fu così che egli, che era benedetto dalla Fortuna, acquisì la Saggezza e divenne il leggendario capo guerriero degli immortali Fianna d’Irlanda.

Il nocciolo è, dunque, l’albero in cui è contenuta la Conoscenza senza tempo, concentrata in modo particolare nei suoi frutti. Tramite questi, infonde la visione d’origine di ogni cosa e l’ispirazione dell’arte poetica nell’animo di chi si predispone a ricevere.
È maestro “nella ricerca di quel nucleo immutabile e luminosissimo che, una volta trovato, come una nocciola privata finalmente del guscio durissimo, dona il nutrimento immortale”.** E la nocciola rappresenta proprio il simbolo del Cammino di ricerca interiore, che richiede di privarsi completamente della dura corazza di personalismi, della superficie dalla tenace resistenza, che si rivelerà essere niente più che un guscio vuoto in balia della corrente.
Essa richiama l’Altrove che è ovunque ed in nessun luogo, ovvero gli strati sottili dell’esistenza, dai quali può pervenire, come pioggia cangiante, l’intuizione improvvisa e l’alta veggenza.
Ed è il magico frutto che sperano di raggiungere, e di cui aspirano a nutrirsi, coloro che cercano l’incantamento estatico e che per trovarlo ascoltano la voce segreta del Salmone e seguono la sua ardua impresa.
Il salmone, infatti, nel suo eterno nuotare verso la sorgente, indica costantemente la giusta strada da percorrere. Per questo bisogna imitarlo, rendersi a lui simili, diventare salmoni ed imparare a risalire la corrente del fiume della vita, con tutte le forza di cui si dispone, sino a raggiungere la sfolgorante Saggezza che risiede nella Fonte d’origine di ogni cosa, limpida come uno specchio di cristallo.

Il senso nascosto di questa ricerca è anche ciò di cui si racconta in un altro mito celtico, il “Culhwch e Olwen” della raccolta gallese dei Mabinogion.
Per ritrovare il perduto Mabon ap Modron, l’archetipo “Figlio della Grande Madre”, e renderlo finalmente libero, Re Artù ed alcuni dei suoi migliori cavalieri salgono sulla schiena traslucida del sacro Salmone, l’animale più vecchio della terra, poiché è l’unico che abbia sentito parlare, e che conosca veramente, il luogo lontano – eppure vicino – in cui essi devono giungere.
Lui solo conosce la strada che porta alla torre segreta dove da immemore tempo Mabon è tenuto prigioniero.
Lui solo conosce la simbolica Via che conduce al bambino divino, all’eterno fanciullo spirituale che è incatenato ed imbavagliato, addirittura sepolto vivo, dalla miserevole pretesa dell’ego di imporsi su di lui, e che altro non è se non l’anima pura, spontanea, naturale, e per questo perennemente giovane;
quell’interiorità luminosa che è la stessa mitica Fonte dell’eterna Giovinezza, Pozza della Delizia del regno dei nove Noccioli, alla quale ci si può abbeverare ogni volta che lo si desideri per percepirne la gioia e per gioire con lei.
Sia nella leggenda irlandese che in quella gallese, del resto, non si fa che indicare simbolicamente la stessa ricerca e lo stesso viaggio, nonché la stessa meta. Il Salmone della Conoscenza proviene dal medesimo luogo e ivi conduce. Porta all’origine dell’essere, all’eterno fanciullo interiore e alla lucida saggezza che da esso, una volta ritrovato e liberato, come acqua sotterranea potrà scaturire e scorrere per sempre.

Lo stesso spirito bambino è proprio ciò che il nocciolo fa percepire di sé, poiché è l’essenza di cui è fatto e di cui è perfetta manifestazione. Esso insegna a ritornare piccini dentro, nonostante le profonde rughe che possono scalfire la pelle;
insegna a rifiutare vigorosamente la vecchiaia, non intesa come decadenza del corpo, ma come decadenza dello spirito, morte interiore celata da un flebile quanto penoso strato di vita apparente, spegnimento della meraviglia, rifiuto della bellezza, tradimento della naturalità, repulsione per la libertà e accettazione falsamente rassegnata della mediocrità.
Esso insegna, pertanto, la magia del gioco, e del giocare in ogni occasione, per guarire e richiamare il bambino perduto… il nostro tesoro nascosto.
Imparando a vedere la realtà con occhi di luce come fanno i piccoli, e ritrovando la meraviglia, le cose inizieranno infatti ad apparire per come sono realmente, si riconoscerà la verità e finalmente si potrà tornare a vivere e comportarsi in modo magico.
E cosa può essere, se non questo, la vera Saggezza…


Note

* Cfr. Ella Young, Il cavallo dal manto arruffato, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2004, pp. 14-15
** Citazione da Fiabe e favole: Cappuccetto Rosso [1], ricerca di Violet per Il Tempio della Ninfa


Fonti

Florario, Alfredo Cattabiani, Ed. Oscar Saggi Mondadori
Lo spirito degli alberi, Fred Hageneder, Ed. Crisalide
Il cavallo dal manto arruffato, Ella Young, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, 2004
Le erbe officinali, antica medicina dei celti, Plinio il Vecchio, Diancecht, Ed. Keltia
Il Vischio e la Quercia, Riccardo Taraglio, Ed. L’Età dell’Acquario
Saghe e Leggende Celtiche. Vol. II. I racconti gallesi de I Mabinogion, a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia Magini, Oscar Mondadori, Milano
Segreti e Virtù delle piante medicinali, Selezione dal Riders Digest
Il grande libro delle piante magiche, Laura Rangoni, Ed. Xenia
Il libro completo delle Erbe, Deni Bown
Alberi, La Biblioteca della Natura
Erbe, La Biblioteca della Natura
Il grande libro delle piante medicinali, Roberto Michele Suozzi. Grandi Manuali Newton
Fiabe e favole: Cappuccetto Rosso [2], ricerca di Violet per Il Tempio della Ninfa


Articolo scritto da Violet. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.




Questo articolo è stato inviato da Il Tempio della Ninfa
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/

La URL di questo articolo è:
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=158

Links in questo articolo
  [1] http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=137
  [2] http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=137