Il Tempio della Ninfa

Afrodite e Pandora: la Speranza d'Amore

Articoli / Archetipi
Inviato da Elke 05 Giu 2008 - 20:32

Canto la dea, d'aurea corona cinta la testa,
la bella Aphrodite, l'augusta signora di Cipro
marina, la dove il soffio sereno di Zefiro
la portò sovra l'onda spumosa del mare.
[...] le forme stupende tutti ammiravano
di Citerea, cui viole il capo incoronano.

Salute, dea cui lampeggiano gli occhi
e dolce sorridi [...].

Inno omerico, V Ad Afrodite



Con sensuali movenze emerge dall’esilio in cui gli uomini l’hanno confinata. Troppo forte era il suo messaggio, troppo sfrenata la sua danza, troppo lascivi i suoi insegnamenti perché potessero essere tollerati durante gli ultimi millenni. Afrodite, Dea del languore amoroso, emerge dalle acque dell’inconscio come un tempo, si dice, emerse dalla spuma del mare, Grembo eterno.
Esistono differenti versioni riguardo la sua nascita, così come, si dice, ci siano diversi modi per poter far nascere in sé l’Amore. Esiodo ci racconta la storia dell’evirazione di Urano ad opera di Crono: il membro mutilato cadde fra le onde, dalle quali emerse una fanciulla di insuperabile bellezza, poggiata su una bianca conchiglia.
Omero sostiene invece che Ella sia figlia di Zeus e di Dione “Dea”, l’equivalente femminile del nome Zeus; quindi Afrodite sarebbe semplicemente la figlia del Maschile divino e del Femminile egualmente divino.
Platone nel suo Simposio distingue fra le due: “Non sono forse due le dee? Una, la più antica, che non ebbe madre, la figlia del Cielo, che appunto chiamiamo Urania, l’altra, più giovane, figlia di Zeus e di Dione, che chiamiamo Pandemia.” La prima scatena l’Amore nobilitante, la seconda presiede al sentimento volgare o semplicemente fisico (1).

Comunque sia, c’è una generale concordia nel dire che la prima terra che toccò fu Citera, ed in seguito Pafo, sulla costa di Cipro. Quand’Ella giunse a terra, le Hore e le Cariti l’accolsero: la vestirono con stoffe raffinate e la ornarono con gioielli d’oro. Questo particolare potrebbe stare a rappresentare il periodo nel quale gli antichi culti femminili, naturalmente liberi ed erotici così com’era immaginata Afrodite, dovettero essere occultati agli occhi dei profani che non erano più in grado di intenderli e valutarli nella giusta maniera, ma non per questo persero le loro preziose e meravigliose caratteristiche.

Incanto e dolci voglie suscitava questa splendida Dea su tutti gli immortali, e per questo il mito dice che Zeus volle che prendesse marito. Pare sia stato questo, per le antiche grandi Dee, l’unico modo per sopravvivere: divenire mogli o figlie delle divinità patriarcali che spodestarono la Grande Madre ed il suo paredro. Fu Efesto dunque, il dio fabbro zoppo, che la condusse al talamo nuziale e che la portò nella propria casa. Ma l’aurea Afrodite, colei che risveglia il desiderio e provoca l’unione di ogni cosa, non poteva certo essere reclusa entro le traballanti mura di un matrimonio monogamo e limitante per la sua libertà, e per ciò ebbe molti amanti. Fra questi vi fu Ares, il Dio guerriero, l’archetipo dell’uomo coraggioso che lotta e combatte per preservare ciò che ama. Forse anche guerrieri in carne ed ossa divennero i discreti protettori delle Donne Sacre, le quali, benché in grado in parte di tenere lontani i pericoli, si trovarono a vivere in un mondo nel quale le guerre, i saccheggi e gli stupri cominciarono ad esistere.

Afrodite ed Ares generarono Eros la passione amorosa, Anteros “amore ricambiato”, Armonia “concordia”, Poto “desiderio”, Fobo, “paura” e Deimo “spavento”. Mentre i primi quattro figli sembrano pienamente corrispondere all’essenza amorosa della Dea, Fobo e Deimo, che seguivano il padre durante le battaglie e le stragi, stando forse ad indicare un modo di raggiungere gli Dei più congeniale agli uomini, ovvero attraverso il coraggio ed il superamento della Paura.
D’altra parte, è probabile che i Guardiani dei segreti, per mantenerli tali usassero a proprio favore proprio lo Spavento, che allontana gli indegni.
Benché si racconti che Efesto scoprì i due amanti, essi non vennero puniti, poiché Zeus si rifiutò di trattare la questione, forse in ricordo dei tempi antichi, durante i quali le Donne erano ancora libere di scegliere uno o più amanti.

Unendosi a Posidone Afrodite ebbe Erofilo e Rodo, con Dioniso diede vita a Priapo, colui che corteggia le ninfe e protegge le messi, e con Hermes generò Ermafrodito, così chiamato dai nomi dei suo genitori. Costui divenne un bellissimo giovane, d’aspetto così piacevole da far innamorare la ninfa delle acque Salmace, la quale, dopo averlo stretto in un abbraccio, chiese agli Dei di poter per sempre rimanere avvinta a lui, e così avvenne. Dunque Ermafrodito “non sembra più ne femmina ne ragazzo, ma sembra entrambi e nessuno dei due” (2). Tale unione fra maschile e femminile, voluta da Amore, potrebbe essere la traccia di un’antica concezione che voleva l’uomo e la donna partecipi di entrambe le nature, che, unendosi armoniosamente all’interno di ogni individuo, avrebbero portato tale essere a conoscere l’armonia, la gioia e il principio divino neutro ed androgino.
Se questo ai giorni nostri può apparire impossibile o frutto di concezioni primitive, ciò nonostante molte tradizioni antiche sembrano conservare tracce simili, come ad esempio il tantrismo, l’alchimia e alcune correnti del taosimo.

Zeus, il quale aveva avuto molte amanti mortali, volle far innamorare anche Afrodite di un uomo, in modo da porla al suo stesso livello, e “desiderio dolce, dunque, nel cuore le mise per Anchise che allora sull’alte cime dell’Ida ricca di fonti pasceva gli armenti e l’aspetto simile aveva a quello dei numi immortali.” (3) A dispetto del tentativo di sminuire la Dea, il frutto di quest’amore, Enea, sarebbe stato uno dei pochi a sopravvivere alla guerra di Troia e a raggiungere l’Italia, dove i suoi discendenti avrebbero fondato Roma, la città eterna.
Il culto di Afrodite/Venere attraversa dunque un lunghissimo arco di tempo, diffondendosi nei luoghi più sperduti dell’impero grazie all’influenza romana, proprio a causa di quello stesso Enea che sarebbe dovuto essere la vergogna della Dea del dolce sentire.
Un altro suo amante destinato alla morte fu Adone, “il Signore” figlio di Mirra, tramutata nell’omonimo albero che per secoli fornì i grani profumati che venivano bruciati sugli altari. Quando venne alla luce fu affidato alla regina dei morti, Persefone, ma dopo che fu cresciuto questa se ne innamorò e nacque dunque una disputa con Afrodite. Zeus trovò il modo di soddisfare entrambe: per un terzo dell’anno Adone sarebbe stato con Afrodite, per un altro periodo avrebbe soggiornato nell’Ade e per il tempo restante avrebbe potuto decidere di sé stesso.
La vita e la morte si contendono il bellissimo giovane e riescono ad averlo per un certo periodo, ma solo l’intervento di Ares porrà fine a questa situazione. Egli, infatti, indispettito per le attenzioni prestate al mortale si tramutò in cinghiale, colpì il ragazzo alla coscia (o ai genitali) e lo uccise. Secondo alcune versioni, Zeus a questo punto, impietosito per il dolore di Afrodite, resuscita Adone, il quale può ascendere al cielo; tale conclusione sembra anche essere sottolineata dai culti che al Dio che muore e risorge erano rivolti, visto che si celebravano la sua uccisione e poi il suo ritorno alla vita. Il mito può forse significare che Adone, per liberarsi della continua alternanza di vita e morte, deve essere sostenuto dall’amore e affrontare la prova di Ares, qualunque essa sia. A questo punto la morte prende solo la parte più superficiale e caduca dell’individuo, il quale può raggiungere le dimore celesti.
Dall’unione con Bute, uno degli argonauti, Afrodite ebbe poi Erice, l’erica, e come Afrodite Ericina ebbe un santuario famoso sul monte Erice, in Sicilia.

Fra i vari miti che parlano della Dea che “dolce sorride”, troviamo quello riguardante la mela d’oro recante la scritta “Alla più bella”, che Eris, la discordia, aveva lanciato durante il banchetto nuziale di Peleo e Tetis che si stava svolgendo alla presenza degli Dei. Quando Era, Atena ed Afrodite iniziarono a discutere su chi dovesse essere colei cui spettava lo splendido frutto, gli altri immortali, non volendo inimicarsi una di loro, scelsero come giudice un pastore, Paride, e a lui ogni Dea fece un’offerta, ma fu quella della Voluttuosa Regina la proposta che accettò. In cambio del pomo avrebbe avuto l’amore della più bella donna del mondo, Elena di Sparta.
Da questo episodio si svilupperà poi la mitica guerra che porterà alla distruzione della città di Troia ad opera degli Achei.

Pigmalione uno scultore di gran talento, creò una statua di Afrodite talmente bella che se ne innamorò, perdendo ogni interesse per tutte le donne in carne ed ossa. La Dea, commossa da tanta devozione trasformò il candido e freddo marmo in un corpo pulsante di vita, e così Pigmalione ebbe la sua amante. Tutto, infatti, può essere vivificato dall’amore vero e puro, che non si cura dei comuni sentimenti ma va oltre questi, esplorando luoghi incogniti ma che forse portano a mete inimmaginabilmente splendide.

Afrodite intervenne anche in favore di Ippomene, un ragazzo che per amore di Atalanta affrontò una prova di corsa a cui la giovane sottoponeva tutti i suoi pretendenti: se essi avessero perso sarebbero stati uccisi, se invece avessero vinto avrebbero ottenuto di poter sposare l’indomita eroina. Ippomene riuscì in questa impresa lasciando cadere durante la corsa delle mele d’oro, che la ragazza si fermò a raccogliere, perdendo così la gara. Forse un tempo tutte le Donne potevano scegliere liberamente e consapevolmente il loro amante, grazie a delle prove, ma soprattutto, riconoscendo in lui i doni aurei della Signora del desiderio amoroso.
[pagebreak]

Culto e tradizioni

Il nome Afrodite nella tarda antichità è fatto derivare da aphros “spuma” ma pare che in realtà sia un termine pre-ellenico di significato ignoto.
I suoi principali luoghi di culto si trovavano sulle isole o sulle cime montane, a Citera, Corinto, Cnido, Atene e sul il monte Erice. Narra la leggenda che a Pafo, altra sede dove sorgeva un tempio a lei dedicato, si trovasse una magica fonte, nelle cui acque la Dea si immergeva per recuperare la verginità dopo ogni amplesso. Allo stesso modo, forse, le donne a lei devote possedevano un tipo di verginità non fisica ma sottile, che era possibile conservare nonostante il rapporto con un uomo, se questo avesse incarnato le divine caratteristiche dei compagni di Afrodite.
A Cipro oltre che nella sua sembianza muliebre, era adorata come Afrodito maschile, sotto forma di una statua barbuta, e ciò sottolinea, come anche nel già citato mito di Ermafrodito, quanto la doppia natura fosse importante per gli iniziati ai misteri e al culto della Signora del piacere.
E’ passato molto tempo da quando il rapporto sessuale era riconosciuto come un’espressione dell’intreccio gioioso fra maschile e femminile, come mezzo per cogliere la perfetta unione dei due generi e per poterla poi sempre cercare e rendere stabile in sé stessi. Tale mezzo era probabilmente utilizzato dalle sacerdotesse dei templi a di Afrodite, ma esse si avvalevano anche di altre discipline, quali il canto, la musica e la danza, praticate in maniera e con finalità particolari.

Gli animali sacri alla Dea erano le colombe e i passeri che tiravano il suo cocchio, e i delfini. Fra le piante prediligeva il dolce melo, il ricco melograno, il mirto odoroso, il limone profumato, la rosa purpurea, il papavero scarlatto, l’anemone gentile. La conchiglia era sua immagine, così come la perla marina.
Raffigurazioni di Afrodite venivano poste dietro agli specchi e Lei stessa a volte ne porta uno fra le mani, o rimira il proprio riflesso in una fonte, perché, per potersi fare come Lei, per potersi vedere e sentire simili a Lei, bisogna forse tenere conto anche della bellezza e dell’amore per essa. Da sempre le Dee sono incarnazioni di tutto ciò che è splendido ed armonioso, e forse, rendendosi sempre più simili a questi modelli divini, nel corpo ma soprattutto nell’anima, si può divenire loro riflesso nel mondo.
Ciò che Afrodite rappresenta rende lo sguardo brillante, e solo colei che è Splendente può vedere luce su una superficie riflettente.

La Dea portava un magico cinto intorno ai fianchi che avrebbe richiamato l’amore di qualsiasi uomo o Dio. Tale cintura rappresenta l’enorme e infinitamente dolce potere di Afrodite, quello di irradiare il mondo d’Amore e tramite esso far unire tutte le cose (4). Le sue sacerdotesse potevano forse sentirlo dentro di sé come un continuo e caldo incanto proprio all’interno del ventre, e una volta fattesi portatrici dell’archetipo della Dea dell’Amore nel mondo, condividerlo con le altre, fino a sentirsi parte di un’unica e meravigliosa realtà divina.

Molti erano gli epiteti con i quali Afrodite veniva appellata: era Crise “dorata”, Ambologera “che allontana la vecchiaia”, Apotrofia “colei che allontana [il male]”, Pasifessa “che splende ovunque”, Psithyristes “che sussurra”, Despina “sovrana”, Etera “compagna”, Basilis “regina” (parola d’origine pre-ellenica), Dia “divina/splendente”, Dionea “figlia del Dio/della Dea”, Callipigia “dal bel sedere”, Colpode “sinuosa”, Morfo “dalla bella forma”, Philommides “amante del riso”, Philommedes “che ama i genitali”, Antea “fiorita”. Tuttavia Essa aveva anche nomi indicanti una natura ctonia e legata alla morte, infatti era Anosia “empia”, Melenia “scura”, Doloploke “tessitrice d’inganni”, Androfone “assassina”, Epitimbia “quella delle tombe”. Questo apparente contrasto, fa intendere come in realtà Afrodite incarni ogni aspetto, indipendentemente dal fatto che l’uomo comune lo consideri positivo o negativo, visto che spesso il giudizio umano è fallibile e basato su un orizzonte limitato (5).

Il suo allegro e gioioso corteo era formato da suoi splendidi figli Armonia, Poto, Eros e Anteros che vagavano per il mondo provocando l’amore in tutti gli esseri viventi; da Peito “persuasione” e Imero “desiderio amoroso” poiché il desiderio di raggiungere Amore spinge a fare qualsiasi cosa debba essere messa in atto per ottenere tale risultato; dalle ninfe, manifestazione di ogni barlume di bellezza naturale, e dai loro compagni, i satiri ridenti. Le Cariti che incarnavano la gioia, lo splendore e la prosperità femminili e le Hore, garanti delle leggi naturali, accompagnavano sempre i suoi passi leggeri.

Nella Grecia antica esisteva un tipo di consorteria femminile dedicato a questa Dea: il tìaso. Le più celebri partecipanti a tale ristretta società sono certo Saffo, la poetessa di Mitilene, e le fanciulle che con lei condividevano alcuni anni della loro vita. Coloro che facevano parte di tale sodalizio agivano sotto la tutela della voluttuosa Afrodite, guidate dalla dolce poetessa che le istruiva, forse anche in campi che andavano al di là delle arti e dei lavori femminili, come alcuni suoi frammenti sembrano vagamente indicare.

Afrodite immortale, signora
dal trono iridato, figlia di Zeus
che trami illusioni, ti prego,
non abbattermi l’anima
d’angoscia e pena, ma
vieni qui, se già udendo
da lontano la mia preghiera, altre volte
mi hai ascoltata…


Con queste delicate parole Saffo richiama l’attenzione della sua protettrice.

A Roma Afrodite trovò il suo equivalente in Venere, antenata della gens Iulia, che molta parte ebbe nella storia della città. Lucrezio canta la bellezza e gli influssi di questa Dea con parole di grande efficacia:

Madre degli Eneidi, gioia piena di uomini e dei,
alma Venere, sotto gli astri che scorrono in cielo
popoli il male ricco di navi, e la terra che arreca
le messi: attraverso di te infatti ogni stirpe di viventi
è concepita, e scorge, nata, la luce del sole
te, o dea, te fuggono i venti, e le nubi del cielo
il tuo giungere: per te la terra creatrice
sparge il suolo di fiori, per te sorride la piana del mare
e, tornato sereno, brilla il cielo di luce uniforme.

[pagebreak]L’Afrodite terrena

Molte donne mortali incarnano l’archetipo di Afrodite, fra le quali ci sono sicuramente Arianna, Elena e Saffo, ma è riguardo a Pandora che ho voluto scrivere, poiché il suo mito potrebbe contenere indicazioni importanti riguardo al passato e al futuro.

Un giorno gli Dei vollero fare qualcosa per uomini; vollero far loro un dono che potesse dare gioia ma anche provocare sventure, se non avessero capito come comportarsi con esso. Fu così che decisero di dar vita a Pandora, colei che ricevette tutti i doni e che tutti i doni regala. Per crearla Efesto impastò la terra all’acqua e le diede la forma di una giovane vergine simile alle Dee dell’Olimpo, poiché a quel tempo le donne mortali non esistevano, e non potevano quindi essere prese a modello. Quando Pandora fu formata ed in essa fu soffiato l’alito vitale, Atena l’adornò con begli ornamenti e le insegnò tutti quei mestieri che una donna deve conoscere: la tessitura e la filatura, l’accensione del fuoco e la cottura dei cibi, la pulizia e l’ordine. Allora “grazia intorno alla fronte le pose Afrodite e desiderio tremendo e le cure che sciolgon le membra”, le Cariti e Peito la cinsero con auree collane, “attorno a lei le Hore dalle belle chiome intrecciarono corone di fiori di primavera” (6) ed in fine Hermes le infuse libero sentire ed astuzia.

Dopo che Pandora fu creata, venne portata sulla terra, e nelle sue mani fu posto un vaso contenente ogni cosa, e non v’era nessuno che non ricevesse da Lei un lieto regalo o piacevoli attenzioni. Gli Dei la diedero in sposa ad Epimeteo, il quale l’accolse contro il parere del fratello Prometeo, che prevedeva che la donna avrebbe portato sventure ai mortali.
Il tempo passava sulla terra, e Pandora conservava la sua bellezza e la sua grazia che facevano felici coloro che la guardavano, fino a quando essi iniziarono a cambiare, e non la videro più con gli stessi occhi. Gli uomini cominciarono a pensare, a credere che la Donna fosse fonte di sciagure, iniziarono a temerla e a volerla privare del suo potere, così i regali di Pandora si trasformarono in mali, poiché non erano più capiti. La bellezza divenne tentazione, l’allegria si fece impudenza, il riso si convertì in derisione, la dolcezza fu creduta affine falsità, l’intelligenza simile all’inganno, la sensibilità segno di debolezza, l’amore fu solamente appiglio per i deboli. Allora gli uomini cessarono di essere immortali, e tutti i mali si riversarono per il mondo.
Gli Dei, però, vollero che uno dei doni di Pandora rimanesse inalterato, in modo che una parte di Lei restasse per sempre agli uomini, ed esso fu la Speranza, che permase all’interno del suo magico vaso, e che per sempre sarà conforto ai mortali. (7)

Pandora significa “tutti i doni” ed essa viene creata a partire dalla terra e dall’acqua, gli elementi tradizionalmente associati al femminile. E’ la prima donna e prototipo di tutte quelle a venire, le quali anticamente erano appunto donatrici di ciò che Afrodite e Pandora stessa incarnavano, ma che ancora oggi potrebbero lavorare per riscoprirsi tali.
E’ fatta a immagine delle Dee immortali, perché nel tempo al quale il mito allude, tutte le donne potevano essere considerate portatrici del Divino e suo riflesso nel mondo; la Donna era anche Dea, e non v’era distinzione fra Uomo e Natura o sacro e profano, poiché tutto era una sola cosa.

Gli Dei dopo averle dato forma, le insegnano molte cose e la ornano riccamente.
Atena, colei che ha inventato la tessitura, la istruisce su tutto ciò che una donna deve conoscere: la filatura della propria vita, e l’intreccio del filo che con le sue azioni ella costruisce a quelli eterni dell’ordito, in modo da creare la sua propria tela, inestricabilmente collegata a quella degli altri esseri viventi dagli stami del Fato.
La conoscenza dei metodi per accendere il fuoco e preparare i cibi, che potrebbe essere un’indicazione riguardante il processo di trasformazione femminile, che in genere sembra concernere l’accensione di un fuoco magico e la giusta cottura di ciò che riposa nel calderone, nel grembo femminile.
La donna, infine, pare sia in grado di lavare ciò che è sporco, di togliere le macchie per riportare all’originaria bellezza, di riordinare ed eliminare ciò che è inquinante. (8)
Afrodite pone in Pandora la grazia ed il desiderio, e ciò che “scioglie le membra”, ovvero ciò che rende tranquilli e sereni. Le Cariti e la Persuasione esaltano la sua bellezza con collane d’oro, ovvero fatto di quel materiale incorruttibile e sempre brillante, e di fiori primaverili, una delle più lampanti espressioni della bellezza naturale.
Quando tutte queste caratteristiche sono state poste nella Donna, Hermes le dona grande astuzia e amore per le sensazioni libere e pure.

Pandora porta nel suo vaso ciò che gli Dei le hanno donato, e da esso le irradia all’esterno, arricchendo coloro che la circondano. Così dovevano essere le antiche Donne, il cui grembo era pieno di buone cose che incantavano loro stesse e gli altri.
Al tempo in cui Pandora giunge sulla terra, gli uomini sono in grado di capire, amare e accettare i doni che elargisce, ed Ella si unisce ad Epimeteo “colui che pensa dopo”. Questa parte potrebbe indicare quei tempi descritti da Esiodo come età dell’argento, durante la quale gli uomini vivevano guidati dalle donne, privi di preoccupazioni e pensieri. Il continuo rincorrersi di riflessioni e supposizioni spesso inconcludente, potrebbe essere limitante ed inutile per le persone in grado di vivere anche ad un livello più profondo e libero dalle distrazioni e preoccupazioni dell’io pensante, e forse è proprio a questo tipo di uomini che allude il significato del nome Epimeteo, a coloro che prima delle facoltà mentali pongono qualcos’altro.
Il fatto che Prometeo “colui che pensa prima”, consigli al fratello di non accogliere la Donna, potrebbe simboleggiare il progressivo cambiamento di prospettiva avvenuto lungo i secoli, che spostò il centro umano dall’Anima naturale alla parte mentale e storica, in quanto formatasi in seguito agli avvenimenti vissuti. Questo processo durò molto a lungo ma si arrivò comunque ad una situazione caratterizzata da molti Prometei e pochi uomini ancora in grado di abbandonare le prigioni dell’io, ed è probabile che fu allora che Pandora, e quindi la Donna, perse la sua dignità ed il suo potere. I suoi doni da gioiosi e appaganti vennero visti come negativi e da allontanare, tanto che si arrivò a dire, come appunto fa Esiodo, che il suo vaso contenesse ogni male che tormenta il mondo.
In seguito a questo evento gli esseri umani divennero mortali, poiché dimenticarono progressivamente la loro parte immortale e si auto rinchiusero in quella peritura. Alcune donne iniziarono a credere a ciò che questi uomini dicevano rendendosi come loro, dimentiche dell’esistenza di un altro modo di vivere, ed alcune probabilmente diventarono davvero un male per quelli che ancora provavano a ricercare ciò che altri avevano scordato.
Tale inversione di valori, peggiorò ancora col susseguirsi delle ere e dei secoli, e si arrivò a dire che ogni donna portava in sé qualcosa di diabolico e a credere che potesse portare l’uomo alla perdizione.

Ma, nonostante tutto, ancora oggi Pandora conserva il suo dono maggiore: la Speranza che un giorno la Donna e la Natura siano di nuovo onorate e comprese, che l’uomo smetta di arrovellarsi inseguendo sterili problematiche e torni a sentire profondamente, che il mondo riacquisti il suo antico splendore e che tutto ciò che è oscuro e imprigionante abbandoni gli esseri viventi.
Ma dove cercare questo ultimo dono che gli Dei lasciarono agli esseri umani?
Forse, proprio dove si dice che Pandora lo conservi, all’interno del suo vaso elargitore di benedizioni, ovvero, nel profondo del ventre femminile.

Pandora, dunque, incarna sulla terra il modello di Afrodite, della Dea dell’Amore sacro e invariabile che forse può ancora essere ritrovato, compreso, vissuto. Entrambe, con i loro miti e con tutto ciò che possono ancora ispirarci, ci donano la Speranza di ritrovare un senso autentico alla vita, al respiro, al battito del cuore. Ed in riferimento a questo Mimnermo, un antico poeta greco, disse: “Quale vita più, quale gioia, senza Afrodite dorata? Ch’io muoia se un giorno non avrò più nel cuore un amore segreto e i doni dolci più del miele…” (9)


Nota finale: benché le informazioni che oggi possediamo riguardo a questa Dea traccino per lo più il ritratto di una donna frivola e altezzosa, ciò che ho percepito di Lei e che ho voluto descrivere è qualcosa di diverso e forse di totalmente personale. Per tanto, quanto sopra esposto, è frutto di deduzioni e intuizioni che non pretendono in alcun modo di rappresentare una verità assoluta. D’altra parte millenni di predominio del patriarcato e di repressione del puro e sensuale istinto femminile hanno certamente avuto la loro parte nel dare ad Afrodite le caratteristiche che noi oggi le attribuiamo.


Note:

(1) Si deve notare, comunque, che il filosofo riferisce il primo tipo di amore solamente ad un contesto esclusivamente maschile.

(2) Ovidio, Metamorfosi, IV, 378 – 379.

(3) Inni omerici, V Ad Afrodite, 62 – 65.

(4) Una simile funzione simbolica potrebbe avere anche Brinsingamen, l’ornamento di Freyja, la Dea dell’Amore del Nord, il quale è alternativamente descritto come collana o come cintura.

(5) Tale apparente contrasto può essere notato anche nel culto e nei miti riguardanti Freyja, che è sia amante e protettrice delle vergini, sia colei che guida le Valkirie a reclamare le anime dei combattenti caduti. Nel suo aspetto guerriero Afrodite è detta Areia “la bellicosa” ovvero l’esatto equivalente del suo amato Ares. Il fatto che incarni vita e morte, inoltre, sottolinea come nel mito di Adone le due Dee siano in realtà facce di un’identica essenza.

(6) Esiodo, Opere e giorni, 65 - 66 e 73 – 75.

(7) Ho voluto rinarrare da un altro punto di vista il mito di Pandora, raccontato da Esiodo e da altri autori greci, per far meglio intendere il messaggio che io vi ho colto, conscia del fatto che non sia il solo possibile né quello da ritenersi più giusto.

(8) Anche se oggi questi lavori sono creduti, a livello puramente materiale, compito della donna, in tempi antichissimi forse erano di sua competenza proprio per le sue capacità intrinseche. Riguardo alla pulizia come attributo femminile ne Il meraviglioso Viaggio del Viaggiatore Turchino di Hal Belson, Edizioni della Terra di Mezzo, pp. 61 – 62, si afferma che “Una delle cose che le donne sanno fare meglio, è lavare ciò che è sporco; certo non lavano tutti, anzi accade assai di rado, soprattutto a coloro che non pensano di averne bisogno o che ritengono di poter fare tutto da soli…”; ma in seguito si aggiunge che ai giorni nostri, al tempo in cui la storia è ambientata “sono ben poche le donne che conoscono il segreto per lavare le persone, non solo esternamente ma anche al loro interno.”

(9) Mimnermo, frammento 1 in Lirici Greci.


Fonti

Delle antiche danze femminili, Irina Naceo, Edizioni della Terra di Mezzo
Dizionario di mitologia classica, G.L. Messina, Signorelli Editore
I miti greci, R. Graves , Longanesi & Co.
Il meraviglioso Viaggio del Viaggiatore Turchino, Hal Belson, Edizioni della Terra di Mezzo
Il ragazzo dagli occhi di velluto, Dana Leberel, Edizioni della Terra di Mezzo
Il simposio, Platone (a cura di G. Calogero) da I grandi filosofi, A. Massarenti
Inni omerici, (traduzione di E. Cetrangolo), Sansoni Editore
Lirici Greci, (a cura di M. Cavalli, G. Guidorizzi, A. Aloni), Mondadori Editore
La Musa racconta (a cura di M. D’Acunto e traduzione di V. Casale), Editrice Ferraro
La natura delle cose, Lucrezio (a cura di G. Milanese), Mondadori Editore
Le Metamorfosi, Ovidio (traduzione di G. Paduano) Mondadori Editore
Le Vergini arcaiche, Leda Bearné, Edizioni della Terra di Mezzo
Lost Goddesses of Early Greece, C. Spretnak, Beckon Press
Opere e giorni, Esiodo (traduzione e cura di G. Arrighetti), Garzanti Editore
Saffo - Più oro dell’oro, (a cura e traduzione di R. Copioli), Edizioni Medusa
Teogonia, Esiodo (a cura di E. Vasta), Mondadori Editore
Dizionario Etimologico della Mitologia Greca [1]
www.theoi.com [2]
www.wikipedia.it [3]

Ringrazio Violet, Alessandro e Tellus per gli spunti e le fonti.

Articolo scritto da Elke. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell’autrice e senza citare la fonte.




Questo articolo è stato inviato da Il Tempio della Ninfa
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/

La URL di questo articolo è:
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=130

Links in questo articolo
  [1] http://demgol.units.it/show.do?action=base
  [2] http://www.theoi.com
  [3] http://www.wikipedia.it