Il Tempio della Ninfa

Le Erbe Tintorie: Guado

Articoli / Erbario
Inviato da LaZiaArt 27 Nov 2007 - 23:03

Guado. La Pianta Blu
Isatis tinctoria, famiglia delle Crucifere

Nomi: Woad (inglese), Glaston (celtico);
Guado, Pastello, Glasto comune, Erba di guado, Tintaguada, Guadone, Vado, Glastro (italiano),

Avalon viene identificata con Glastonbury, il cui nome deriva dal celtico Caer Wydyr, “Fortezza di Vetro” (uno dei nomi di Annwfn, l'Altromondo celtico). Glastonbury veniva anche chiamata Yniswytryn o Isola di Vetro, perchè la superficie era Glasten, ossia di colore verde-azzurro, oppure perchè vi abbondava l'erba chiamata Glast, ossia il Guado, Isatis Tinctoria, le cui foglie e radici contengono una sostanza colorante azzurra usata dai celti per dipingersi il corpo.
Il Vischio e la Quercia, Riccardo Taraglio, Edizioni L'età dell Acquario




La Pianta Blu

Woad, Glasten, la cui traduzione significa 'Erba Selvatica'.
L'antica forma della parola, Wad, ha dato nome a molte località delle Isole Britanniche: Wadborough, Waddon, Wadd Ground, Waddicar. Ma il mio pensiero corre alle distese di Guado sull’isola di Glastonbury, alle figure delle Sacerdotesse dell'Isola dei Meli, tra le nebbie, nelle loro vesti azzurre, forse tinte con le foglie macerate di questa pianta e appese al sole ad asciugare...

Quando Cesare invase la Britannia nel 55 d.C, i Romani si videro assaliti da guerrieri con corpo e viso dipinti di blu: alcuni dicono che fossero i Pitti, i ribelli scozzesi, ma la maggior parte degli storici ritiene che coloro che incontrarono i Romani, fossero popoli celtici. Una conferma della probabile presenza di colture di quest’erba nei dintorni di Glastonbury. Anche tra gli Iceni della regina Boudicca, era d'uso dipingersi il corpo e il viso in battaglia con il guado. The Woad.
Il primo compito del Guado era quello di proteggere i guerrieri, attraverso la scrittura sul corpo di simboli e segni. Ma oltre a proteggersi e a spaventare il nemico, aveva l'innegabile dote di disinfettare, proprietà utilissima durante la battaglia, per sanare in fretta le ferite.
Il Guado, nelle ere, fu ampiamente impiegato in molti modi: tintura tessile primariamente, come foraggio o erba medica per l'intestino, come cosmetico per le donne, ma anche come pigmento per le belle arti, in tutta Europa, dal Nord al Sud, e in Italia nella zona della Toscana e del Centro Italia, dove alcuni paesi si sono sostenuti con il commercio del Guado per secoli, in tempi passati. L'estrazione e la tintura erano infatti processi piuttosto complicati, quindi il pigmento indaco era molto prezioso, e il suo colore legato alla nobiltà terriera, il che ne faceva un bene di lusso.
Il suo uso crebbe in modo esponenziale fino al 1660, quando l'avvento dell’Indaco (Indigo Tinctoria) commerciato dalle Indie, già in polvere, soppiantò la coltura del Guado in Europa. In realtà il pigmento che si estrae è esattamente lo stesso, l'indigotina.
L'Indaco non era facilmente coltivabile alle temperature Europee, essendo una pianta sub-tropicale, ma i trasporti dalle Indie crebbero sempre di più, fino a rendere le colture di Guado molto più rare e l'indaco molto più utilizzato.
Durante il periodo Napoleonico, per il blocco dei commerci all’Italia, l'indaco scarseggiò nel nostro paese, e tornò alla luce delle nostre culture la tintura di Guado, fino poi a sparire nuovamente insieme a tutte le altre piante tintorie, quando l'uomo cominciò a produrre i pigmenti sintetici.

Nome scientifico: Isatis tinctoria, pianta erbacea biennale, famiglia delle Crucifere (o Brassicacee), nativa, pare, del Mediterraneo, anche se alcune fonti la vedrebbero originarsi nelle steppe caucasiche e nell’Asia dell’est. La sua altezza può variare dai 40 ai 120 centimetri.
E' una pianta pelosa, infestante, con foglie di due tipi: quelle radicali sono piccole e ovate, disposte a rosetta, mentre quelle del fusto sono lunghe.
Le foglie fresche della pianta contengono i precursori del pigmento indaco, che viene poi estratto per la tintura attraverso un sistema di macerazione e poi asciugato ed essiccato, fino ad ottenere la polvere di colore.
Le foglie in cui è contenuto il pigmento blu sono prodotte il primo anno di vita della pianta, mentre l'anno successivo questa produce i fiori gialli (che attraggono molte api) e poi i semi violetti, che possono essere trapiantati dopo il tempo di Imbolc.
Le foglie vengono strappate con le mani, una per una alla loro base, per tutta l'estate, e poi vengono lavate e macinate fino ad essere ridotte in poltiglia. Quindi, vengono confezionate in 'pani' con le mani per essere essiccate. Questa operazione non danneggia le piante, che ributtano le foglie per permettere anche quattro raccolti durante l'anno. Tuttavia le proprietà coloranti delle foglie diminuiscono con il trascorrere dell’estate: l'ultimo taglio viene fatto in Italia, per tradizione, il 29 settembre, giorno di San Michele.
Durante l'essiccazione lenta vengono continuamente rivoltati i 'pani', stesi ad asciugare sulle reti, perchè rimangano compatti.
Al termine dell’essiccazione, i tintori sbriciolano i pani con i martelli e poi li fanno sciogliere in acqua e solfato di ferro (prima che questo venisse scoperto e utilizzato si scioglievano in acqua e urina). Filtrando il liquido, si ottiene il bagno-colore, dove si immergono le stoffe o le matasse per essere colorate e si lasciano bollire lentamente per tutta la notte; poi, la mattina, una volta fissato il colore, vengono scoperchiati i calderoni e attraverso l'ossidazione all’aria le stoffe color giallastro prendono la meravigliosa tinta indaco, durevole ed omogenea. Le matasse o le stoffe vengono quindi stese ad asciugare.
A proposito del solfato di ferro: è un mordente, cioè una sostanza usata dai tintori per fissare il colore prima di tingere, in modo che il pigmento poi risulti insolubile in acqua, durante i lavaggi dei tessuti. Si utilizzavano come mordenti anche ceneri, ghiande di quercia, rame, muschio e urina.

L'Isatis Tinctoria in alcune limitate zone d'Italia veniva usata anche per scopi alimentari: si mangiavano i germogli, cotti in acqua bollente e conditi con il limone.

Perchè si cominciarono ad utilizzare i colori per tingere le vesti? E perchè il blu?

Fin dall’età del bronzo uomini e donne di ogni popolo e regione del Mondo, cercarono di rapire la bellezza della natura attraverso l'arte. Fissarla, in qualche modo, per averla sempre a 'disposizione', per ricordare, per goderne le straordinarietà anche durante l'inverno bianco e grigio, quando i colori dei fiori sono sepolti dalla neve e dalla pioggia. Fissare i colori, soprattutto, richiese grande spazio alla creatività umana. Inoltre, non scordiamo che la crescita delle società complesse fece insorgere la necessità di differenziazione, di identificazione in alcuni gruppi sociali, per esempio i Sacerdoti e le Sacerdotesse, attraverso abiti colorati di differenti tonalità. Per questo forse nacque l'arte tintoria. Non esageriamo parlando d'arte, perchè grande fu il valore che i popoli del passato diedero ai colori dei tessuti e a chi operava queste mutazioni chimiche, fissando la bellezza della diversità della natura sulle lane e le sete.
Per millenni in molte culture il blu è stato il simbolo della Divinità, perchè è il colore del cielo, dove secondo alcune religioni è collocato il Pantheon degli Dei. Ma è anche il colore del mare e dell’acqua, simboli della femminilità e della Dea.
Dai greci ai vichinghi, dai babilonesi ai popoli del Medio Oriente, come gli Egizi, agli stessi Cristiani, dove nell’iconografia il manto della Madonna è sempre azzurro, si è usato il blu, color della purezza e della pace. L'azzurro fu anche il colore che assunsero nelle storie cantate le vesti dei principi e dell'aristocrazia medioevale, e il colore che i pittori utilizzavano largamente nei preziosi dipinti sacri… ma non dimentichiamo che il blu scuro è il simbolo della notte, dell’oscurità, dell’Altromondo, della profondità delle acque pericolose e remote.
La dualità del blu dipende proprio dal bianco e dal nero, che rendono così differenti le tonalità del celeste e del blu notte, come due opposti, uniti dalla stessa forza.
Per questa sua ambiguità forse da molti viene definito un colore misterioso, magico, complesso.

Il blu nelle tinte d'erbe si può ottenere anche da altre piante, come:
-Indigo (Indigofera tinctoria), Indaco. Produce lo stesso pigmento del Guado, ma in concentrazione maggiore. Proveniente dall’India, dove per cinquemila anni costituì un enorme ricchezza per l'esportazione in tutto il mondo, soprattutto in Europa, dove divenne decisamente popolare in tutte le culture.
-Polygonum tinctorium (Persicaria dei Tintori). È una specie erbacea, dalla quale si ricava il pigmento blu per estrazione delle foglie alla maturazione completa della pianta.




Fonti

Il Vischio e la Quercia, Riccardo Taraglio. Edizioni L'Età dell'Acquario, Torino, 2004
Lo spirito degli alberi, Fred Hageneder. Edizioni Crisalide
http://www.woad.org.uk/html/britain.html [1]
http://www.woad.org.uk/html/biology.html [2]
Immagine: Lana tinta con la tintura di Guado, tratta dal sito http://www.woad.org.uk [3]


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