Il Tempio della Ninfa

Le Dee celtiche dei cavalli

Articoli / Archetipi
Inviato da ValerieLeFay 30 Ott 2007 - 20:29

Vi narrerò di tre Dee sovrane. Donne, regine, creature fatate.
Potenti rappresentanti di popolazioni celtiche. Diverse nei nomi ma affini nei destini.
Vi narrerò di amori, tradimenti e liete promesse.
Loro sono la Grande Dea nel suo materno aspetto.
Riflesse nei languidi occhi del cavallo tu le troverai.
Loro sono le divine giumente.



Epona

Il suo nome significa “Cavalla divina”.
Lei, figlia di un essere mortale e di una giumenta, poteva trasfigurare il suo aspetto a suo piacimento. L’umano e l’animale uniti in un unico corpo. Lei è la donna, la Dea, la cavalla.
Il suo culto si diffuse ovunque un cavaliere portasse gli zoccoli del suo destriero.
Persino le orgogliose truppe romane ne subirono il fascino e dalle terre celtiche Epona giunse nell’impero per proteggere cavalli e stalle, per guidare gli eserciti in battaglia, per lenire le ferite dell’animo dei soldati.
Fu sommamente onorata e numerose sono le sue rappresentazioni che si ritrovano dalla Gallia sino alla Tessaglia.
Dolce e nuda sopra la sua giumenta, o attorniata da cavalle con cornucopie, specchi e calici.
Lei è la fertilità della verde terra, donna gravida e rigogliosa, portatrice di vita e di prosperità.
Suoi compagni sono anche cani e corvi e tra le mani reca le chiavi.
Essa trasporta e conduce, e così come dona la vita porta anche la morte. È Dea benevola e strega distruttrice.
È tramite tra i mondi ed i guerrieri morenti affidavano a lei il loro spirito per essere condotti nell’Annwn, nell’Ade o nei Campi Elisi.
Nell’antico rito di investitura dei sovrani irlandesi il candidato doveva unirsi ritualmente ad una giumenta e bagnarsi nel brodo nel quale la carne dell’animale veniva cotta. Tale giumenta era Epona, poiché lei fertilizza la terra e benedice l’unione del sovrano col territorio.
È la grande Matrona che presiede le fonti.
In Francia, ad Allerey e a Sainte-Fontaine-de-Freyming era venerata come ninfa delle acque, guaritrice e fecondatrice.
Una divinità liminare, dai tre candidi e terribili volti, eterna ed impalpabile, la sua essenza multiforme ed incantata ti invita a seguirla in una dolce corsa di cavalla tra il dorato grano maturo e nutriente.

Macha

Vi sono tre donne, tre nobili dee che hanno nome Macha.
Ma colei della quale apprenderete le gesta ha nome Macha Mong Ruadh, Macha dalle rosse trecce.
Ella fu “il sole delle donne”, una grande regina della provincia irlandese dell’Ulster, la 76esima monarca d’Irlanda.
Il suo regno sbocciò nel 377 a.C. circa e durante questo periodo la nobile Macha edificò Ard Macha, ed Emain Macha divenne la capitale dell’Ulster. Ella fece ergere il primo ospedale irlandese a cui diede nome Bron Berg, la casa del dolore, e che rimase sino al 22 d.C. ad onorare la memoria di questa donna che divenne Dea.
Si narra che il re suo marito si vantò davanti ad un’assemblea di nobili che la sua consorte fosse così veloce nella corsa da poter vincere in una gara i destrieri più forti del regno.
Macha lo aveva ammonito di non cantare tanta vanagloria, ma fu tutto inutile.
Per dimostrare la veridicità di tali parole essa fu costretta a fare ciò di cui il marito si era gloriato.
E così corse, e vinse.
Ma essa era incinta, ed al traguardo morì partorendo due gemelli e scagliando un orribile maledizione contro tutti gli Ulaid, i guerrieri dell’Ulster.
Ed essi rabbrividirono dal primo all’ultimo poiché le sue labbra proferirono che ogni qual volta un nemico attaccasse la provincia ogni uomo che impugnava le armi avrebbe patito per cinque giorni e quattro notti i dolori delle doglie del parto e mai sarebbe riuscito a proteggere la sua Terra, che sarebbe andata per sempre in rovina.
Profetizzò infine lo scontro tra le province dell’Ulster e del Connaught a causa del toro bruno.
Senza di lei l’Ulster non sarebbe stato più al sicuro.
L’affronto andava pagato. La sovranità richiedeva indietro i suoi doni di prosperità.
Macha è quindi un’atleta, una regina, ma anche una guerriera.
È l’aspetto materno della triade conosciuta con il nome di Morrigan, i cui singoli aspetti sono Nemain, Macha e Badb.
Essa regge i Mesred Macha, i pilastri ai quali venivano esposte le teste dei morti in battaglia.
Passa sui campi agile e veloce come cavalla o come cornacchia e la sua voce è profezia.

Rhiannon

Lei è la fatata signora dell’Annwn che per amore si fa donna mortale.
Sul magico tumulo di Arbred compare a Pwyll, il principe del Dyvet.
Ella è seduta su di una bianca giumenta e la conduce al passo. Tuttavia Pwyll non riesce a raggiungerla, nemmeno con i cavalli più veloci e resistenti del suo intero regno. Per infinito tempo la insegue senza posa, inutilmente, sfiancando tutti i suoi cavalli migliori. La giumenta della grande regina è sempre innanzi a lui, irraggiungibile.
Solo chiamandola e pregandola di fermarsi gli zoccoli della cavalla smettono di far risuonare la terra e cessano il loro incedere.
Da quel momento Rhiannon dona a Pwyll tutta se stessa e sebbene fosse promessa ad una creatura del suo stesso lignaggio rinuncia a tutto per divenire sposa del sovrano.
La loro unione è felice ma per molte lune il ventre di Rhiannon non darà al regno il tanto sognato erede. Tutte le malelingue si abbattono su di lei. Ma così come il seme germoglia nella terra scura anche nel grembo della regina un piccolo bagliore si preparava a sbocciare.
Nacque così un robusto bambino, ma la notte stessa egli sparì e le balie della regina, per tema di esserne incolpate, uccisero un cane e con il suo sangue macchiarono il viso e le mani della dormiente Rhiannon di modo che tutta la colpa ricadesse su lei sola.
Grande fu il dolore e Rhiannon fu condannata a stare a guardia delle porte della città ed a portare sulle sue spalle ogni persona volesse recarsi alla reggia, raccontando la sua storia.
Rhiannon si fa quindi cavalla lei stessa e nel momento del bisogno fa risorgere in lei lo spirito del suo animale totemico. Guida e conduce, tenendo viva la memoria.
Per tre anni durò la sofferenza finché un giorno giunse a corte un contadino, recando con sé un bambino simile nelle fattezze al sovrano.
Il figlio perduto fu quindi ritrovato e la regina poté tornare ad occupare il posto che le spettava.
Rhiannon è quindi una Dea della vita ed una Dea della morte. Infatti suoi compagni, oltre al cavallo, sono tre magici uccelli il cui canto addormenta i vivi e risveglia i morti.
Lei è l’incubo notturno che porta sogni e visioni.

Nelle dee dei cavalli sempre si intrecciano riverenza e disgrazia, sofferenza e forza.
La promessa che risuona attraverso le loro storie ci narra che la perdita non è mai definitiva. Chi si trova in pericolo o in difficoltà, chi crede di aver smarrito la via, potrà sentire su di sé il tocco delle loro mani e tramite esso essere condotto nell’incanto con l’amore di Modron, la Grande Madre.
L’aspetto predominante delle Dee dei cavalli.


Simbologia del Cavallo [1]



Fonti

Mabon and the Guardian of celtic Britain, Caitlin Matthews. Inner Tradition
Dizionario delle Dee e delle eroine, Patricia Monaghan. Red edizioni
Il vischio e la quercia, Riccardo Taraglio. Edizioni l’Età dell’Acquario
Dizionario di mitologia celtica, Miranda Green. Bompiani
Il misterioso culto delle madonne nere, Ean Begg. Edizioni l’Età dell’Acquario


Articolo scritto da ValerieLeFay. Vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autrice e senza citare la fonte.




Questo articolo è stato inviato da Il Tempio della Ninfa
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/

La URL di questo articolo è:
  http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=106

Links in questo articolo
  [1] http://www.tempiodellaninfa.net/public/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=104