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Il Tempio della Ninfa

Jezabel e Athalia. Regine bibliche e seguaci dell'antica dea
Domenica, 21 Maggio 2023 - 14:48 - 771 Letture
Storia Dalle fertili coste fenicie giunge nelle terre di Israele, portando con sé la bellezza degli antichi culti pagani. La Bibbia dell’Antico Testamento la definisce una meretrice, una donna maledetta, idolatra e cattiva. Il suo potere e la sua autorità, propri di una vera regina, spaventano coloro che si inchinano davanti al dio ebraico.
Ma nulla di diabolico scorre nel sangue della principessa Jezabel (1), seguace dell’antica dea madre Asherah e del dio della natura fertile, Baal.

Come la dea che venera, Jezabel riassume in sé la regalità, la sensualità spregiudicata, la libertà e la forza vitale di colei che genera tutte le cose e che non si piega davanti agli dèi, né tanto meno agli uomini. Abbraccia l’amore privo di ogni vergogna, la sessualità sacra e la guerra come parti diverse di una stessa energia creatrice e distruttrice, e non teme la morte. La brandisce invece, per portare a compimento i suoi intenti, mostrandosi poi pronta ad andarle incontro con dignità quando si presenta alla sua porta.



Figlia di Ethbaal, sacerdote della dea Astarte e re di Sidone, Jezabel lascia la sua città, bagnata dalle tiepide acque del Mediterraneo, e va in sposa ad Achab, re d’Israele (I RE, 16, 31) (2). Il suo nuovo regno accoglie la sua sovranità e i culti che lei porta con sé, i quali vengono accettati e fusi con quelli già presenti, com’era accaduto in precedenza con le principesse e le conturbanti fanciulle straniere, mogli e concubine del grande Salomone.
Sotto la sua guida, assai più carismatica e incisiva di quella dello stesso Achab, vengono eretti templi, altari ed effigi ad Asherah, ad Astarte e a Baal – come le massebhah, pietre appuntite con chiara connotazione fallica, esaltatrici della fertilità, e le asherah, alberi sfrondati e forse scolpiti a immagine della dea che venivano innalzati e conficcati nel terreno, oppure effigi di legno di dimensioni più piccole che erano poste nei boschi sacri e sotto gli alberi. (3)
Col suo favore, le inebrianti volute d’incenso e mirra si librano dai luoghi alti, le sacre alture di Canaan, seguendo le spire del vento caldo per giungere all’attenzione degli dèi, e per onorare il sole, la luna, le dodici costellazioni e tutti gli astri del cielo. (II RE, 23, 5)
Per sua compiacenza, i riti legati all’amore e alla sessualità vengono celebrati liberamente e le sacre prostitute di Asherah (4), tra danze sinuose e canti ammalianti, si uniscono agli uomini e concedono loro la divina essenza che scorre nel loro corpo.
A coloro che minacciano il perpetuarsi di queste usanze Jezabel offre implacabilmente la morte, assumendo le forme di quella regina violenta e spietata che viene descritta con spregio nelle pagine bibliche.
Molti furono i profeti ebraici che perseguitò e fece uccidere durante il suo regno, tanto che uno dei servitori della casa del re, Abdia, per timore del dio Yahweh nel quale credeva, dovette nasconderne cinquanta in una caverna e cinquanta in un’altra, nutrendoli a lungo con pane e acqua e rischiando la propria stessa vita se Jezabel lo avesse scoperto. (I RE, 18, 3-4)
Tra le sue grazie e i suoi favori vivevano invece i sacerdoti e le sacerdotesse di Baal, e le profetesse e i profeti di Asherah – quattrocentocinquanta di Baal e quattrocento di Asherah – che manteneva personalmente, ospitandoli nel sontuoso palazzo reale e pranzando alla loro tavola. (I RE, 18, 19)
Lei stessa, del resto, in quanto regina era anche sacerdotessa e amministratrice del tempio, nonché profetessa della dea. (5)
Era consuetudine che le principesse straniere potessero continuare ad adorare le proprie divinità nella loro nuova terra, importandone il culto. Nel caso di Jezabel, la sua religione legata alla natura, alle sue forze generatrici e distruttrici, e ai suoi cicli, venne bene accolta da re Achab, e se suscitò scandalo fra gli israeliti più devoti a Yahweh, piacque agli altri, che ne divennero seguaci. (6)

Secondo la Bibbia, re Achab fondò grandi città e fece costruire numerosi palazzi, fra i cui la cosiddetta casa d’avorio (I RE, 22, 39). Questa ricca dimora dalle pareti eburnee, doveva comprendere un ricco tempio dedicato a Baal, con le stanze riservate alle sacerdotesse e ai sacerdoti preposti al culto, e sembra che la sua parte più grandiosa fosse un cortile a cielo aperto, attorniato da spesse mura, nel quale era collocata una piccola cappella che conteneva i simboli di Asherah e di Baal. Sull’altare della cappella, in un largo braciere a forma di piatto, ardeva una fiamma perenne, vegliata e nutrita di legni sacri dalle sacerdotesse e dai sacerdoti del tempio. (7)
Non è difficile immaginare la stessa Jezabel aggirarsi fra quelle mura, avvolta in pregiate vesti color porpora (8), mentre svolgeva i suoi rituali e pronunciava le sue preghiere davanti alle raffigurazioni della dea, e al suo fuoco.
Alcune statuette femminili in argilla, risalenti al tempo dei re di Israele, mostrano suonatrici sacre di tamburello e flauto doppio, che si dice fossero “strumenti utilizzati nelle cerimonie religiose al tempio di Jezabel.” (9)

Il potere decisionale e talvolta aggressivo che animavano Jezabel erano pressoché inesistenti nel suo consorte Achab, il quale appare spesso nelle vicende bibliche come facile preda del timore e della codardia. Sembra infatti essere soprattutto la regina a reggere con decisione le redini e le sorti del regno.
Governando con una determinazione che talvolta sfociava nella spietatezza, per mantenere la religione pagana e il culto delle divinità antiche in Israele, Jezabel attirò su di sé l’attenzione del profeta ebraico Elijah, che per porre fine alla sua autorità colpì il regno di Achab con la maledizione della siccità e, in seguito, sfidò i sacerdoti e le sacerdotesse di Baal a dimostrare la verità del loro dio: dopo aver fatto accatastare due pire di legna sul monte Carmelo, egli ordinò loro di invocare la propria divinità perché ne incendiasse una, e quando questi, pur pregando e implorando Baal di soddisfare la loro richiesta, fallirono nell’impresa, Elijah chiese a Yahweh di compiere lo stesso prodigio. Secondo quanto riporta la Bibbia, egli ascoltò la preghiera e mandò un fulmine dal cielo, carbonizzando immediatamente la seconda pira.
In seguito al fallimento, i devoti di Baal vennero afferrati e fatti scendere sulle rive del torrente Kishon, dove Elijah, che li stava aspettando, li sgozzò tutti. (I RE, 18, 19-40)
Quando Jezabel venne informata dell’accaduto la sua ira fu tale che il profeta, terrorizzato da lei e timoroso di perdere la vita, dovette fuggire e nascondersi a Bersabea, nel Regno di Giuda.
Queste erano state, infatti, le parole che la regina gli aveva rivolto: “gli dèi mi facciano questo e anche di peggio, se domani a quest’ora non avrò reso te come uno di quelli”. (RE I, 19, 1-2) (10)

Il suo carattere e la sua volontà inflessibili emergono anche nell’episodio della vigna di Naboth di Jezreel, tanto desiderata dal re ma negata dal suo proprietario. Questi infatti, rifiutando grandi ricchezze, aveva giurato ad Achab che mai avrebbe ceduto la vigna dei suoi padri, e tale fatto aveva reso il sovrano simile ad un relitto. Quando Jezabel vide che Achab si rifiutava di mangiare e di alzarsi dal letto gli chiese il motivo della sua sofferenza – “Come mai il tuo animo è così triste? Perché non mangi?” (I RE, 21, 5) – e quando lo seppe lo rimproverò, dicendo: “Ora saresti proprio tu a esercitare la sovranità su Israele! Alzati, mangia e il tuo cuore sia lieto. Io ti consegnerò la vigna di Naboth di Jezreel”. (RE I, 21, 7)
Quindi scrisse alcune lettere col nome di Achab, le sigillò col suo sigillo reale e le fece consegnare ad anziani e notabili di Naboth, facendo poi uccidere con uno stratagemma il proprietario della vigna, e consegnandola al suo consorte per fargli riacquistare la voglia di vivere. (I RE, 1-16)
Ma proprio questo episodio segnò il destino di Jezabel.
Elijah fu informato da Yahweh stesso di ciò che Jezabel aveva fatto e raggiunse Achab nella vigna che aveva appena ricevuto in dono. Qui il profeta maledì il re e la regina, e Yahweh sentenziò che l’intera famiglia di Achab sarebbe stata sterminata e che Jezabel sarebbe stata divorata dai cani:
I cani mangeranno Jezabel nel podere di Jezreel. Quelli della famiglia di Achab che moriranno in città, saranno mangiati dai cani, e quelli che moriranno in campagna saranno pasto degli uccelli del cielo.” (I RE, 21, 23-24)
Sentendo queste parole, Achab terrorizzato si strappò le vesti e indossò sulla nuda pelle un sacco di cilicio, camminando a testa bassa. Allora Yahweh, compiaciuto perché il re si era umiliato davanti a lui, rimandò la punizione a dopo la sua morte. (11)

Negli anni che seguirono questo episodio Achab morì sul campo di battaglia, e Jezabel regnò al fianco dei suoi figli, Acazia e Joram, per dieci anni. Accanto a loro cresceva anche la sorella Athalia, giovane principessa di Israele, ereditaria del carattere forte, della fierezza e della determinazione di sua madre.
Athalia andò in sposa al re del Regno di Giuda, Joram figlio di Giosafat (12), e portò con sé le tradizioni legate al culto della dea madre Asherah e del dio Baal. Probabilmente questa parentela fra Israele e Giuda avrebbe potuto riunire i due regni sotto la sovranità delle due donne e dell’antica religione, ma le cose andarono diversamente.
Il successore di Elijah, Elisha, mandò un suo discepolo a consacrare re di Israele il generale militare Jehu, nell’anno in cui il legittimo re era Joram, figlio di Jezabel. Il discepolo unse quindi Jehu con l’olio sul capo e disse: “Così parla Yahweh, Dio d’Israele: Io ti ho unto re sopra il mio popolo, sopra Israele, tu percuoterai la casa di Achab, tuo sovrano, ed io farò vendetta su Jezabel del sangue dei miei servi, i profeti, da lei sparso e del sangue di tutti i servi di Yahweh. Sarà distrutta tutta la casa di Achab senza lasciare alcun maschio, schiavo o libero che sia, in Israele (…). In quanto poi a Jezabel, la divoreranno i cani nel podere di Jezreel, e non vi sarà chi le dia sepoltura.” (II RE, 9, 6-10)
Jehu progettò quindi una congiura contro Joram, che in seguito alle ferite riportate nella battaglia contro il re dell’Aram si era ritirato a Jezreel insieme ad Acazia, re di Giuda. Quando i due re andarono incontro a Jehu, e gli chiesero se tutto andasse bene, lui rispose: “Com’è possibile fino a che durano il culto idolatrico di tua madre Jezabel e le sue numerose stregonerie?” (II RE, 9, 22).
Joram allora, consapevole del tradimento, si voltò per fuggire, ma venne colpito alla schiena da una freccia scoccata da Jehu. Questi ordinò poi al suo esercito di uccidere anche il re di Giuda, che morì mentre era in fuga sul suo cocchio.
A questo punto la strada fu libera per compiere la profezia di morte di Yahweh contro la regina Jezabel, vanificando anche le sue temibili intenzioni di riunire i due regni sotto il dominio suo e della figlia Athalia.
Racconta la Bibbia che Jezabel, udendo giungere Jehu, il quale aveva appena eliminato il suo secondo figlio, si truccò gli occhi con l’antimonio e si acconciò i capelli per incontrarlo (II RE, 9, 30), sapendo che insieme a lui avrebbe incontrato la propria morte.
Si affacciò alla finestra delle sue stanze e si rivolse a lui con sarcasmo, paragonandolo a un noto usurpatore, assassino del proprio re. “Tutto bene”, gli chiese “oh Zamri, assassino del suo padrone?” (II RE, 9, 31) (13)
Allora Jehu ordinò a due eunuchi che erano nelle stanze della regina di afferrarla e gettarla dalla finestra, e loro obbedirono.
La narrazione della sua morte è fra i più crudeli e sprezzanti della Bibbia:
Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Jehu passò sul suo corpo, quindi entrò in città, dove mangiò e bevve. Alla fine disse: ‘Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché è figlia di re.’ Ma andati per darle sepoltura non trovarono altro che il cranio, i piedi e le mani. Tornarono a riferire la cosa a Jehu, il quale disse: ‘Si è avverata così la parola di Yahweh predetta per bocca del suo servo Elijah, quando disse: ‘I cani divoreranno le carni di Jezabel nel podere di Jezreel; il cadavere di Jezabel nella campagna sarà come letame, così che non si possa dire: Questa è Jezabel’.” (II RE, 9, 33-37)
Così la regina Jezabel morì, e poco dopo la sua morte il generale Jehu sterminò i discendenti della famiglia di Achab. Non solo, chiamò a sé tutto il popolo che era ancora devoto ai culti di Baal – “Fate dunque venire da me tutti i profeti di Baal, tutti i suoi adoratori e i suoi sacerdoti: nessuno manchi” (II RE, 10, 19) – e fingendo di voler adorare le sue divinità ancora meglio di quanto avesse fatto Achab, lo radunò nel tempio – “(…) ed erano sì numerosi che fu gremito da un capo all’altro” (II RE, 10, 21). Quindi fece chiudere le porte, così che nessuno potesse uscire, e mandò all’interno i suoi soldati, che massacrarono tutti i presenti senza risparmiare nessuno.
I soldati e gli ufficiali li passarono a fil di spada, poi, penetrarono fin nel santuario del tempio di Baal, gettandovi dei cadaveri, ne trassero fuori le statue e le bruciarono. Fecero a pezzi la stele di Baal, ne distrussero il tempio e lo trasformarono in un luogo immondo, come ancora oggi.” (II RE, 10, 25-27) (14)
Allora Yahweh, soddisfatto delle opere di Jehu, gli disse: “Siccome tu hai eseguito bene ciò che mi era gradito e hai compiuto contro la casa di Achab tutto quello che io avevo nel cuore, i tuoi figli, fino alla quarta generazione, sederanno sul trono di Israele.” (II RE, 10, 30)

La fine del regno di Jezabel e la sua morte non segnarono tuttavia la fine dei suoi progetti.
Athalia stava infatti proseguendo nel Regno di Giuda ciò che sua madre aveva iniziato in Israele, e in una occasione, insieme ai suoi figli, aveva danneggiato il tempio di Yahweh, utilizzando poi gli strumenti sacri che si trovavano al suo interno per il culto di Baal (II CR, 24, 7).
Alla morte di suo figlio Acazia – per mano di Jehu – che era divenuto re dopo il padre Joram, poiché “non vi era nessuno della stirpe di Acazia che allora fosse in grado di regnare” (II CR, 22, 9), Athalia decise di rivendicare il trono per se stessa, eliminando tutta la discendenza reale.
Fu una delle sue figlie, Joseba, moglie del sacerdote ebraico Ioiada, a nascondere uno dei suoi nipoti, Gioas figlio di Acazia, e a mantenerlo segretamente insieme alla sua nutrice durante il regno della regina. (II RE, 11, 2)
Athalia regnò da sola per sei anni, e per governare è evidente che avesse l’appoggio dei politici e di coloro che desideravano l’alleanza tra il Regno di Israele e quello di Giuda, così che tornassero all’antica unità; ma non aveva quello dei devoti a Yahweh, che sostenendo la religione ebraica aborrivano i culti pagani e il potere regale della donna.
Fu così che al settimo anno del regno di Athalia, il nipote Gioas, ormai cresciuto, venne incoronato e unto dal sacerdote Ioiada, che lo elesse re di Giuda nel tempio di Yahweh all’insaputa della regina.
Sentendo le urla e il clamore del popolo che si accalcava intorno al giovane sovrano, Athalia si diresse al tempio per capire cosa stesse accadendo e lì, rendendosi conto della congiura ordinata contro di lei, si stracciò le vesti e gridò “Tradimento, tradimento!”. Allora Ioiada dette l’ordine ai capi dell’esercito di trascinarla fuori e di colpire con la spada chiunque avesse voluto seguirla. Aggiunse anche di non ucciderla nel tempio, ma fuori dalle sue mura.
Athalia fuggì quindi verso il palazzo reale, e non appena ebbe varcato la porta dei cavalli venne brutalmente uccisa. (II RE, 23, 12-15)

Trascorsi alcuni anni, alla morte del sacerdote Ioiada, i capi del Regno di Giuda chiesero a re Gioas di poter tornare ad adorare gli dèi, e lui li ascoltò. Allora abbandonarono di nuovo Yahweh e il suo tempio e “ricominciarono a onorare i simulacri della dea Asherah e gli idoli.” (II CR, 24, 17-18)

Così si conclusero i regni delle due regine, che con forza e risolutezza avevano tentato di far riaffermare e mantenere gli antichi culti pagani, e che per un certo periodo, nonostante la condanna della nuova religione ebraica, ci erano riuscite.
Le loro vicende sono raccontate con evidente dispregio nelle pagine bibliche dell’Antico Testamento, ma ciò che Jezabel e Athalia rappresentarono realmente sembra essere molto diverso dal modo in cui sono state descritte.
Dietro alla loro temibile e impietosa immagine, e alla loro disinvoltura nel mettere a morte i loro oppositori – che tuttavia appare inferiore a quella dimostrata dai profeti di Yahweh – si nascondono due donne devote al culto della antica dea, e in particolare a uno dei suoi aspetti più materni e benevoli.
Asherah era infatti la divina madre primitiva, generatrice di tutte le cose. Veniva raffigurata con il triangolo pubico accentuato, simbolo del suo prorompente potere creativo, ovvero mentre sosteneva con le mani le sue prosperose mammelle nell’atto di allattare e nutrire i suoi innumerevoli figli.
Considerata la progenitrice di tutti gli dèi e le dee, mostrava anche attributi marini, ed era chiamata Signora Asherah del Mare, o Colei che cammina sul mare, poiché incarnava la sorgente della creazione, l’acqua salmastra in cui la vita si plasma e da cui ogni forma vivente ha origine.
Asherah viveva dunque nelle acque feconde, era il liquido amniotico primordiale, il grembo originario, e al contempo veniva onorata nelle case come dea domestica, protettrice della famiglia e dei bambini. Invocata dalle donne, rendeva fecondo il loro ventre, facilitava il parto e riempiva di latte il loro seno, rendendole capaci di nutrire come lo era lei.
Simile ad Asherah e spesso confusa con lei era la grande Astarte o Ashtartu, che nelle pagine bibliche è citata alcune volte come la regina del cielo. Astarte era infatti la dea della luna che illumina la notte, delle stelle e della volta celeste, e in suo onore le donne cananee cuocevano focacce schiacciate a forma di crescente lunare, che offrivano nelle sue libagioni (15). Era legata altresì all’amore, alla sessualità esuberante, e alla guerra. Veniva infatti raffigurata in piedi sul carro da battaglia, oppure nuda e florida, con fiori di loro fra le mani, leoni e serpenti ai suoi piedi. Come Asherah, reggeva i seni abbondanti di latte, o allattava un bambino, ed era onorata come madre universale, creatrice di tutti i viventi.
Anche il dio Baal, venerato dalle due regine, rappresentava la natura fertile, giovane e vigorosa, il potere del seme che germoglia nella terra e i cicli stagionali di vita-morte-rinascita. Come la vegetazione, egli nasceva, moriva e rinasceva ogni anno. Accanto a lui, regnava la sua sposa e sorella Anath, la possente dea che brandiva due forze attive opposte, ovvero la guerra e la sessualità. Nutrice degli dèi, dei principi e degli uomini nobili, Anath era spesso raffigurata in piedi sul dorso di un leone. Incarnava tutte le forze naturali più aggressive, indomabili e impetuose, era violenta e sanguinaria, dei suoi stermini di giovani guerrieri godeva ed esultava, “lieta di procedere nel sangue fino alle ginocchia e alle reni”, ma al contempo era “suscitatrice e diffonditrice dell’amore fecondo”. (16)
Spesso confusa con Asherah e Astarte, in origine era unita a loro a formare un’unica grande dea madre, la cosiddetta Potnia mediterranea. (17)

Considerando nella loro pienezza le divinità a cui erano votate, è forse possibile guardare Jezabel e Athalia sotto una luce diversa, più completa e inclusiva di quegli aspetti positivi che i testi ebraici non consideravano né riportarono.
I culti che le due sovrane e sacerdotesse praticavano e proteggevano erano legati alla natura fertile e libera, creatrice e distruttrice, ed esaltavano soprattutto l’amore libero, la sessualità estatica, la voluttà, la fecondità e la prosperità della terra e delle sue creature. La fierezza combattiva e a volte spietata che le due donne dimostrarono, era ai loro occhi necessaria a difenderli, e quindi a ostacolare l’affermarsi di una nuova religione patriarcale che li ripudiava e non comprendeva più la sacralità della terra e della donna.
Una nuova religione che pur tuttavia ebbe la meglio, ma che non riuscì mai a sradicare completamente le tradizioni precedenti, a sottomettere il sacro femminino e quindi a spegnere nelle donne la loro indole naturale. Quel sacro istinto che, risvegliato e ascoltato, può ancora renderle regine di se stesse e portatrici consapevoli del duplice potere della natura, con le sue luci e le sue ombre unite insieme in una comunione perfetta.


Note:

1. Il nome Jezabel, le cui varianti più note sono Jezebel o Gezabele, viene fatto derivare sia dall’ebraico izebhel o izebel col significato di “casta”, “non sposata” – a richiamare la donna vergine nel senso antico del termine, ovvero autonoma e libera dalla subordinazione al marito – sia più probabilmente dal fenicio ezbel, ovvero “amante di Baal”.

2. Secondo quanto riporta l’Antico Testamento, Achab fu il settimo re d’Israele e il suo regno durò dall’874 all’853 a.C. Dopo di lui, Jezabel regnò con i propri figli per dieci anni, fino all’843 a.C.

3. Cfr. Raphael Patai, The Hebrew Goddess, pagg. 38-39 e Judith Hadley, The Cult of Asherah in Ancient Israel and Judah, pag. 4 ss.
Il clima umido e piovoso della Palestina non ha permesso la conservazione delle antiche asherah di legno, ma fortunatamente sono state raccolte diverse statuette di terracotta raffiguranti la dea Asherah nell’atto di offrire il latte dai suoi seni prosperosi, ovvero attorniata da eleganti attributi vegetali e animali a richiamare la sua appartenenza al regno naturale.



4. Nei tempi antichi la prostituzione era una delle pratiche rituali che potevano essere svolte dalle sacerdotesse delle dee dell’amore e della sessualità. Le cosiddette prostitute erano coloro che, incarnando la divinità, si sostituivano a essa, e congiungendosi sessualmente a certi uomini scelti, infondevano loro le sacre emanazioni di cui erano portatrici. In questo modo gli uomini amavano la dea attraverso il corpo della donna.

5. Come i re biblici erano spesso sacerdoti delle divinità del proprio popolo, lo stesso valeva per le regine, le quali erano sacerdotesse e amministratrici del culto e dei templi.
Jezabel viene altresì definita una profetessa nel Libro dell’Apocalisse, sebbene gli autori della Bibbia la considerassero una falsa profetessa, in quanto devota alle divinità pagane e non a Yahweh.
Disse Gesù Cristo all’apostolo Giovanni: “E all’Angelo della Chiesa di Tiatira scrivi: (…) Ma ecco quello che ho contro di te: tu lasci che Jezabel, questa donna che si dice profetessa, insegni e seduca i miei servi, sino a farli fornicare e a mangiare le carni immolate agli idoli. Le ho dato tempo, perché si ravveda, ma non vuol pentirsi del suo duplice peccato. Ecco, io sto per gettarla sopra un letto e colpire con una grande tribolazione lei e quanti commettono con lei fornicazioni, se non si pentiranno delle loro opere. Anzi colpirò di morte anche i suoi figli, e tutte le Chiese verranno a conoscere che sono io colui che scruta i reni e i cuori, e darò a ciascun di voi secondo le vostre opere.” (AP, 2, 20-23)

6. I Cananei, civiltà di carattere agricolo e sedentario, adoravano divinità agresti legate al potere generativo e distruttivo della natura come Asherah, Astarte, Baal, Anath, El, Qedesh, Melqart, Tanit e altre dee e dèi meno conosciuti, associati alla fecondità, alla guerra e alla guarigione. La loro cultura era omogenea in tutta la Palestina e la Siria al tempo di Mosè e degli altri Patriarchi, e quando questi, considerando Canaan la Terra Promessa, la occuparono e vi importarono la nuova religione ebraica, il popolo cananeo si trovò nella condizione di dover difendere e preservare i propri culti, opponendosi spesso ai profeti di Yahweh. (Cfr. Ernest Wright, Personaggi e Popoli della Bibbia, pagg. 206-207)

7. Cfr. Ernest Wright, Op. cit., pagg. 206-207.

8. Il primo popolo a produrre la porpora furono i fenici, che la lavoravano in particolare nelle città costiere di Sidone e Tiro. La Fenicia è infatti, letteralmente, la terra della porpora, o terra purpurea, in quanto il termine “fenicio” deriva dal greco phoinix che significa “rosso porpora”.
Il pigmento naturale veniva ricavato dal liquido vischioso, denso e opaco secreto dalla ghiandola mucosa del Murice comune – Murex brandaris o Bolinus brandaris, un mollusco marino che appartiene alla famiglia dei Muricidae. Questa sostanza, chiamata purpurina, era in principio di colore bianco-giallastro, e solo dopo il processo di fermentazione – la purpurasi – passando da varie tinte di giallo, verde e viola, assumeva la tipica colorazione rossa.
Nella sua Naturalis Historia, Plinio il Vecchio descrive due tonalità diverse di porpora, ricavate rispettivamente dal Murex trunculus, o Murice troncato, da cui si otteneva la porpora blu conosciuta come “blu reale”, e dal Murex brandaris, con cui si produceva il classico colore rosso scuro e intenso, chiamato anche “porpora di Tiro”. Entrambi i pigmenti erano indelebili, una qualità rara e assai apprezzata tra le tinture antiche.
Secondo una leggenda sull’origine della porpora, il mitico re di Tiro, Fenice, si invaghì talmente tanto di questo colore da decidere che tutti i futuri sovrani fenici avrebbero dovuto indossare vesti color porpora come segno di regalità. (Cfr. Mark Woolmer, La porpora fenicia, la più pregiata delle tinture; e AA. VV., La porpora. Realtà e immaginario di un colore simbolico.)
In merito alla regina Jezabel, di origine fenicia, è quindi più che probabile che possedesse numerose tuniche e stole tinte di porpora, e che proprio in virtù della sua regalità le indossasse spesso.

9. Cfr. Ernest Wright (a cura di), Op. cit., pag. 180.

10. Le parole di Jezabel colpirono Elijah a tal punto che egli “impaurito, si alzò e partì per mettere in salvo la propria vita. Or, giunto che fu a Bersabea di Giuda, licenziò il suo servo e si inoltrò da solo nel deserto per una giornata di cammino. Poi si sedette sotto una ginestra e chiese per sé la morte, esclamando: ‘Basta, o Yahweh! Prendi la mia vita, perché io non sono migliore dei miei padri.’ Intanto si adagiò per terra e si addormentò all’ombra della ginestra.” (I RE, 19, 3-5)
In seguito, camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte Oreb, dove si nascose in una caverna e desiderò ancora di morire. Alla domanda di Yahweh: “Che fai qui, Elijah?”, egli rispose per due volte, “Io mi struggo di zelo per Yahweh, Dio degli eserciti, perché i figli di Israele hanno abbandonato il tuo patto, hanno abbattuto i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti, sicché sono rimasto io solo e cercano di togliermi la vita.” (I RE, 19, 9-14)
Appare curioso che Elijah, dopo aver appena ucciso di spada ottocentocinquanta profeti e sacerdoti di Baal e di Asherah si affligga per l’ira di Jezabel, e tema la propria uccisione per mano sua a tal punto da desiderare il suicidio.

11. “Allora Yahweh rivolse la sua parola a Elijah, il Tesbita, e gli disse: “Hai visto come Achab si è umiliato dinanzi a me? Or, poiché si è umiliato al mio cospetto, io non farò venire quel male fino a che egli vive, ma lo farò piombare sulla sua casa durante la vita di suo figlio.” (I RE, 21, 28-29)

12. L’utilizzo degli stessi nomi per indicare sovrani diversi può trarre in inganno, per cui occorre precisare che Achab e Jezabel ebbero come figli Acazia e Joram, che divennero entrambi re di Israele dopo Achab, mentre Athalia, loro sorella, divenne sposa di Joram figlio di Giosafat, re di Giuda, ed ebbe come figlio Acazia, che divenne re di Giuda dopo il padre.

13. Di Zamri – o Zimri – ufficiale a capo dei carri da battaglia di re Ela (885-884 a.C.) figlio di Baasa, parla il primo Libro dei Re, 16, 8-20. Zamri aveva atteso che il legittimo re fosse ubriaco e poi era entrato nella sua sala e lo aveva ucciso, rubandogli la corona e sedendosi sul trono. Quindi aveva sterminato tutta la discendenza di Baasa senza lasciar vivere alcun maschio, né fra i parenti né fra gli amici, poiché avevano adorato “i vani idoli” provocando l’ira di Yahweh.
L’usurpatore governò in Tersa per soli sette giorni, durante i quali l’esercito di Israele, venuto a conoscenza del suo gesto, incoronò re il proprio capo Omri, e assediò la città. Allora Zamri, vedendo che Tersa era perduta, si chiuse nel fortilizio del palazzo, vi appiccò il fuoco e morì nelle fiamme insieme alla casa reale. (I RE, 16, 8-20)
Queste vicende successero undici anni prima del regno di Achab e di Jezabel.

14. Il passo completo dice: “Poi [Jehu] radunò tutto il popolo e proclamò davanti a loro: “Achab ha onorato poco Baal! Io l’onorerò molto di più. Fate dunque venire da me tutti i profeti di Baal, tutti i suoi adoratori e i suoi sacerdoti: nessuno manchi, perché io voglio offrire un gran sacrificio a Baal: chiunque mancherà, non rimarrà in vita”. Jehu agiva con astuzia in tutto questo, per sterminare gli adoratori di Baal.
(…) Si radunarono dunque nel tempio di Baal: ed erano sì numerosi che fu gremito da un capo all’altro. Jehu ordinò allora al guardarobiere: ‘Metti fuori tutte le vesti per gli adoratori di Baal’. Ed egli le tirò fuori. Poi Jehu, entrato nel tempio di Baal (…) disse agli adoratori di Baal: ‘Cercate bene e badate che fra di voi non vi sia qualche adoratore di Yahweh, ma soltanto adoratori di Baal’. Questi allora entrarono per offrire sacrifici. Or, Jehu aveva fatto disporre fuori ottanta armati, ai quali dette quest’ordine: ‘Chi lascerà fuggire uno qualunque di questi uomini che vi metto nelle mani, pagherà con la propria vita quella del fuggito’.

Terminati che furono i sacrifici rituali, “Jehu ordinò ai soldati e agli ufficiali: ‘Entrate e uccideteli: non ne scampi neppure uno’.” (II RE, 10, 18-25)
Considerando l’incalcolabile numero di sacerdoti, profeti e semplici seguaci delle divinità pagane sterminati da Jehu e da Elijah prima di lui, le uccisioni provocate da Jezabel, e da Athalia dopo di lei, sembrerebbero addirittura esigue, nonostante la voluta enfatizzazione della loro efferatezza.

15. Dal Libro di Geremia: “I bambini raccolgono la legna ed i padri accendono il fuoco, le donne preparano la pasta e fanno delle schiacciate per la regina del cielo.” (GER, 7, 18)
E ancora: “E se noi – soggiunsero le donne – offriamo incenso e libagioni alla regina del cielo, è forse senza il consenso dei nostri mariti che le abbiamo fatto delle schiacciate simili alla sua immagine e le abbiamo offerte libagioni?” (GER, 44, 19)
La regina del cielo era la dea Astarte, la luna, cui erano tradizionalmente offerte schiacciate a forma di crescente lunare.

16. Cfr. Uberto Pestalozza, I miti della Donna-giardino, pagg. 126, 127.

17. Il nome Potnia è stato attribuito dal grande studioso Uberto Pestalozza alla dea madre mediterranea, che sotto varie sembianze e con molti nomi diversi venne onorata in tutta l’area del Mediterraneo in epoca precristiana. (Cfr. Uberto Pestalozza, Eterno Femminino Mediterraneo, Neri Pozza Editore, Venezia, 1954; I miti della Donna-giardino da Iside alla Sulamita, Edizioni Medusa, Milano, 2001; Nuovi saggi di religione mediterranea, Sansoni Editore, Firenze, 1964; Pagine di religione mediterranea (II), Milano-Messina, Principato, 1945; Religione mediterranea: Vecchi e nuovi studi, a cura di Mario Untersteiner e Momolina Marconi, Milano, Bocca, 1951)


Bibliografia

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Hadley Judith M., The Cult of Asherah in Ancient Israel and Judah: Evidence for a Hebrew Goddess, Cambridge University Press, Cambridge, 2000
La Bibbia di Gerusalemme, EDB - Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna, 2009
La Sacra Bibbia. Testo Ufficiale CEI, Edimedia, Firenze, 2012
La Sacra Bibbia, Edizioni Paoline, Roma, 1962
La Sacra Bibbia, Vol. I, Vecchio Testamento, Selezione dal Reader’s Digest, Milano, 1974
Longo Oddone (a cura di), La porpora. realtà e immaginario di un colore simbolico. Atti del Convegno di Studio, Venezia, 24 e 25 ottobre 1996, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Venezia, 1998
Monaghan Patricia, Figure di donna nei miti e nelle leggende, Edizioni Red, Milano, 2004
Patai Raphael, The Hebrew Goddess, Wayne State University Press, Detroit, 1990
Pestalozza Uberto, I miti della Donna-giardino da Iside alla Sulamita, Edizioni Medusa, Milano, 2001
Pianigiani Ottorino, Vocabolario Etimologico della Lingua Italiana, Albrighi & Segati, Milano, 1907
Woolmer Mark, La porpora fenicia, la più pregiata delle tinture, Storica - National Geographic, 28 ottobre 2022
Wright Ernest (a cura di), Personaggi e Popoli della Bibbia. Chi erano, come vivevano, edizione italiana a cura di Marini Osvaldo, Selezione dal Reader’s Digest, Milano, 1981

Sitografia

Bible History. Maps, Images, Archaeology
Encyclopædia Britannica
The Jewish Encyclopedia e The Catholic Encyclopedia
Enciclopedia Treccani, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Roma, 1929

Immagine: Contemplation, di John William Godward


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