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Per virtù d'erbe e d'incanti
di Erika Maderna

 

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Il Tempio della Ninfa

Il Giardino della Strega
Mercoledì, 13 Ottobre 2010 - 03:59 - 16783 Letture
Archetipi Anche se il suo ricordo non è del tutto perduto, la Strega, appartata e nascosta come la Dèa di cui è figlia, non ha libri. La sua voce è spenta nel silenzio. La sua storia è costellazione di frammenti in una Notte di quiete e di brume. È stata sempre nel tempo e fuori del tempo, sempre Qui, nel mondo, e sempre Altrove. Così è fuori del tempo che forse la si può cercare, e forse persino intravedere nel suo Giardino segreto, con il suo canestro, mentre esercita i suoi poteri: fuori del tempo, nella leggenda e nel Mito, come le Dèe di cui era Figlia e Sacerdotessa.



Nella Luna, nata dalla Notte, il cui ciclo simboleggia il potere di nascere, morire, rinascere, si può riconoscere l’immagine del mistero della vita. Luna era la Dèa Natura, «dèa madre di tutto, madre dalle molte risorse», «fine infinito», padre di se stessa e «senza padre», «di tutto padre, madre, nutrice e allevatrice», «fiorente, intreccio», «impulso delle stagioni», «portatrice di vita, fanciulla» che tutto nutre, «notturna» e «guida», «di tutto sapiente», «del tutto liquida, circolare», in perenne trasformazione (1). Luna era la più antica, Hekate, Colei che appariva nel cielo come carro lunare. Luna era Persefone, che aveva il potere di far crescere, morire e ricrescere le piante, senza cui la vita non è possibile. Alla prima donna, la Donna Arcaica, Figlia della Luna, incarnazione del ciclo e del potere della Madre, Pandora, sorta dal ventre della Terra perché era la Dèa della Terra medesima in forma di Kore, donò da un canestro provvisto di coperchio, esso stesso un dono, le piante commestibili e coltivabili, necessarie alla sopravvivenza, e quelle da cui ricavare fibre per intrecciare panieri e tessuti, nonché, senza dubbio, i semplici, e la loro conoscenza. In un cesto di fibre vegetali li custodiva a sua volta la Figlia della Luna, la Donna Arcaica, la Raccoglitrice, mediatrice con il Numinoso in quanto custode e dispensatrice al genere umano dei doni spontanei del Grembo della Madre Terra, Natura e Luna.

Come Signora delle Piante, «Potnia Phyton», la Dèa Natura, colei «che tiene insieme tutto e fa circolare il grande fuoco» (2), infinita ed eterna, polinomica e multiforme, genera alberi, fiori e frutta in un incessante alternarsi di fertilità e di sterilità, di siccità e d’inondazione, di vita e di morte, intrecciate in un tessuto di Armonia. Nelle continue metamorfosi del mondo vegetale, con gli alberi che si nutrono dell’humus delle loro stesse foglie decomposte, e i funghi che vivono su sostanze organiche morte, per cui dalla morte rinasce incessantemente la vita senza che esista un vero confine fra l’una e l’altra, si osserva il riflesso del potere di morte inseparabile dal potere di vita che è caratteristica della Madre, Terra e Luna, come pure delle sue Figlie e delle sue Sacerdotesse, le Dèe «farmakìdes», o incantatrici: Hekate, Signora di Morte, e le Ninfe lunari, Kirke, Medea, Morgue (3). Attraverso i succhi e gli unguenti preparati con le piante, le erbe, i fiori, le radici, di cui era conoscitrice perfetta, ognuna di esse, Signora della Vita e della Morte, esercitava il proprio potere sul mondo vegetale, animale e umano, restituendo la salute, la giovinezza o la vita, oppure causando la morte. Dominio delle Dèe «farmakìdes» era tutta la Natura, eppure ciascuna aveva un suo «temenos», un suo Giardino, «aiuola nel suo più vasto giardino che è il mondo» (4), sempre nel bosco, in una radura, oppure presso un lago o presso un fiume, e là intesseva indissolubilmente l’Armonia che tutto permeava. Avevano ciascuna un proprio giardino Artemide, Hera e Bona Dea, Feronia, Diana e Flora, Acca Larentia e Marica.

Colei che era lontana, Hekate, forse figlia della Notte, trimorfa e sovrana del mondo infero, esercitava la sua sovranità sul cielo, sulla terra e sul mare. Vagava per le strade nella notte, accompagnata dal latrare dei cani e dalle anime dei morti. Era intrecciata alla vita delle donne e dimorava in solitudine in una grotta. Conosceva le piante, da cui sapeva trarre filtri per guarire, come pure veleni per ammorbare e per uccidere, e aveva un giardino. Era un bosco sacro presso un fiume, ombroso e lussureggiante, in cui erano accolte soltanto le sacerdotesse che avevano compiuto il rito d’iniziazione e che si erano purificate con i sacrifici lustrali. Chiunque altro avesse osato tentare d’invaderlo sarebbe stato cacciato dai suoi cani furenti dagli occhi di fuoco e dalla Dèa medesima, la quale, terrificante a vedersi e terribile a udirsi, scuoteva fiamme di fuoco. Nelle radure erbose e nel prato fiorito all’interno del bosco sacro, in parte composto di cornioli, di allori e di platani, crescevano caprifoglio, aconito, alcea e ciclamino viola, dittamo, croco, asfodelo, adianto e solano, salvia, mandragora, nasturzio, peonia, verbena, camomilla, panacea, papavero nero, e molte altre piante mediche. Al centro del bosco ombroso, in cui si diceva che Hekate medesima vivesse, svettava sino al cielo una quercia antica che gettava all’intorno l’ombra delle sue fronde, e «in una macchia appartata» erano innalzati gli «antichi altari» (5) della Dèa.

Un giardino aveva Persefone nei prati alle soglie dell’Ade su cui volteggiavano gli spettri, i Campi di Asfodelo lussureggianti dei fiori grigi che persino nel mondo infero ritornavano a primavera, come ritornava nel mondo supero la Dèa onnipotente a portare la rinascita. Nel silenzio del prato incantevole—il silenzio che al fermarsi del tempo accompagna la contemplazione degli scogli e dell’oceano nel fragore del vento, della risacca e dei gabbiani, oppure dei fiori nell’ombra del bosco, o fra luce ed ombra sui prati, nel vento, con le cornacchie—fra spighe e fiori sorrideva la Salvatrice, la bellissima Fanciulla dallo sguardo enigmatico, la più potente fra coloro che portavano alto lo scettro, l’unica ad essere vita eterna, la Dèa del riposo, la quale a coloro che varcavano il fiume infero offriva un grigio asfodelo.

Aveva un proprio giardino Calypso, la «dèa luminosa», la «ninfa sovrana» (6), la quale, cantando e tessendo al telaio con la spola d’oro, dimorava insieme alle sue ancelle in un’isola oltre un mare infinito, in una grotta profonda e vasta, in mezzo a un bosco lussureggiante e odoroso di ontani, di pioppi e di cipressi dove nidificavano molti uccelli, e tutt’intorno cresceva una vite domestica, e sgorgavano in fila quattro sorgenti, le cui acque limpide scorrevano in direzioni opposte, e c’erano prati folti, morbidi e roridi di viole e di sedano in fiore: una bellezza che incantava i Numi.

Un proprio giardino aveva Kirke, la Ninfa «riccioli belli» (7), la cui dimora era una casa in pietre lisce «tra i fitti querceti e la macchia» (8) , in un vallone di un’isola oltremondana. Là, fra le belve, cantava e tesseva, assistita dalle sue ancelle, «figlie dei fonti e dei boschi e dei fiumi sacri che scendono al mare» (9). Attraverso le erbe di Hekate (10) e gli unguenti, la «dèa luminosa» (11), «ricca di farmachi» (12), trasformò Scilla e i compagni di Odisseo, esercitando così il potere di mutare una forma nell’altra, equivalente a quello di dare la vita, toglierla e restituirla, perché tutto, non soltanto nel mondo vegetale, è metamorfosi in Natura, grembo di Dèa Madre. Alla «tremenda dèa dalla parola umana» (13) appartenevano anche il potere di avvelenare, quello di ringiovanire e quello di rendersi invisibile, quello d’inviare l’anima in volo nell’aria e quello di dominare le forze naturali: «annebbiare il volto niveo della luna e stendere una coltre di nuvole davanti a quello» (14) del sole, oscurare il cielo, suscitare le nebbie dalla terra, addensarle o diradarle, come avvenne alla sua invocazione di Hekate e dei numi della Notte prima di rapire e di trasformare Pico e i suoi compagni.

Sacerdotessa di Hekate, del cui tempio si occupava per tutto il giorno, era Medea, fanciulla che praticava la magia nel nome di Hekate Perseide, la quale aveva insegnato a lei, «più che ad ogni altro mortale l’arte dei filtri, quanti ne producono la terra e il mare immenso: con essi doma la vampa del fuoco infaticabile, e ferma all’istante il corso dei fragorosi fiumi, incatena le stelle e il sacro cammino della luna» (15). Assistita dalla Notte, «fedele custode di misteri» (16), e da Hekate stessa, la quale assisteva gli incantesimi e l’arte dei maghi, nonché dalla Terra, che ai maghi procurava erbe prodigiose, e anche dai venti, dai monti, dai fiumi, e dai laghi, dai numi dei boschi e della notte, la fanciulla divina poteva ricondurre i fiumi alle sorgenti, suscitare o placare le tempeste sul mare, diradare o addensare le nubi, allontanare o attirare i venti, sradicare massi e boschi, scuotere i monti, trarre muggiti dal suolo, evocare le ombre dai sepolcri, e chiamare a sé la Luna. Con la veste sciolta, i piedi nudi, la testa scoperta, la chioma sparsa sulle spalle, nel silenzio sepolcrale del cuore della notte, quando la Luna era piena e fulgida, Medea vagava sola in una quiete e in una immobilità in cui soltanto le stelle palpitavano, e recideva le piante con lame in bronzo falcate come la Luna. Custodiva in un cestello, ovvero un «talaros», o canestrello, o cofanetto, le erbe e le radici con cui operava i propri prodigi, anche «a distanza, per semplice diffusione delle virtù magiche» (17). Con le sue erbe e con il suo canestro, Medea, «signora dei filtri» (18), guariva dalla follia e dalla vecchiaia, oppure uccideva, o mutava una forma nell’altra, o risanava e restituiva la giovinezza, invocando proprio Persefone e Ade. Disponeva dunque dei poteri di donare la vita, di toglierla e di restituirla, analoghi a quelli di conferire fertilità, sterilità e rinascita al mondo vegetale, riservati a Persefone, Luna.

Come rivela il testo più antico a noi pervenuto che testimonia di lei, era dotata degli stessi poteri e li esercitava attraverso i «farmaka» un’altra Ninfa, un’altra dèa «farmakìs», ovvero Morgue, la cui dimora era Avalon, un Meleto, un Paradiso, un Giardino oltremondano in cui spontaneamente la Natura produceva non soltanto le piante selvatiche, bensì anche il grano, l’uva e ogni altra cosa. Là, bellissima e sapiente, la Fata poteva compiere metamorfosi, come la propria in uccello o quella di Arthur in corvo, e poteva inoltre circondarsi di belve, «allestire filtri e unguenti» (19) e guarire le ferite, giacché conosceva le virtù di tutte le erbe. Dall’Isola Fortunata di cui era sovrana poteva volare ovunque perché conosceva il segreto del volo. Nell’altra sua dimora, un altro giardino, la Val Sans Retour, rapiva e tratteneva gli eroi, come Kirke aveva trattenuto Odisseo e i suoi compagni presso la sua casa, nel vallone sull’isola remota in cui dimorava. La sua solitudine, necessaria alla coltivazione delle erbe e delle piante, non era annullata dalle sue Sorelle, analoghe alle Ninfe di Persefone, di Kirke, di Calypso, e di Medea.

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Il Giardino della Strega | Login/crea un profilo | 7 Commenti
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Re: Il Giardino della Strega (Punti: 1)
da Violet 13 Ott 2010 - 04:11
(Info utente | Invia il messaggio) http://www.tempiodellaninfa.net)
E' un testo delicato come i fiori del Giardino della Strega, ricco come le proprietà delle erbe che lei raccoglie sotto i raggi materni della Luna, e ha i loro stessi poteri benefici, perchè leggendolo si viene invasi dalla bellezza e dall'armonia di quegli antichi gesti e di quelle antiche donne che ogni cosa facessero davano forma all'armonia.
Un testo davvero raro, splendido, pieno... pieno di tutto ciò che di bello potrebbe essere detto.
Complimenti sincerissimi... sono come sempre onorata di poter ospitare queste perle sul Tempietto, grazie a te che ce le doni :)

Re: Il Giardino della Strega (Punti: 1)
da fabiola (favola61@libero.it) 13 Ott 2010 - 22:05
(Info utente | Invia il messaggio) http://.....)
Definire stupendo questo articolo è certamente riduttivo (anche se è l'unica parola che a caldo viene in mente). Si intuisce in esso il grande lavoro di ricerca e la profonda e delicata riflessione su un argomento che è il cuore della ricerca che in questo Tempio si compie.
Grazie

Re: Il Giardino della Strega (Punti: 1)
da Danae 14 Ott 2010 - 00:39
(Info utente | Invia il messaggio) http://)
Favoloso.. *.* è una piccola perla da custodire nel nostro scrigno, una lucina che illumina il sentiero.. è un regalo prezioso..!
Non ho mai pensato alla sovrappopolazione in questi termini, ovvero come causa di continui concepimenti.. non c'è più vera libertà oggi, si concepisce senza riconoscere la vera forza della creazione, la quale irrimediabilmente riconduce a una fine che è un nuovo inizio.. per questo le nascite sono sempre più numerose, perchè si teme la morte, non più intesa come trasformazione..
Davvero, sai meravigliare.. i tuoi scritti suscitano vivide immagini che sanno rimanere impresse :))
Grazie Ale ^^

Re: Il Giardino della Strega (Punti: 1)
da LaZiaArtemisia 17 Ott 2010 - 22:58
(Info utente | Invia il messaggio) http://laziaartemisia.blogspot.com/)
Il concetto di giardino a volte è in disaccordo con l'idea di natura selvaggia e spontanea che mi appassiona. Tuttavia, con il passare del Tempo, ho iniziato ad accettare che fosse giusto e doveroso curare un pezzo di terra che ci è stato affidato. L'imposizione delle proprie scelte è inequivocabile, quando si decide quali, quante, e dove andranno messe le piante: di selvaggio questo posto non ha piu niente (o quasi), ha però un utilità: curativa, aromatica. E non solo per noi: è molto visitato dai gatti del vicinato che mangiano le erbette più depurative, gli uccelli che cercano i 'semi della salute' e un coniglio che sceglie le foglie della borragine. Leggendo queste parole che mi hanno incantato, ho rivisto tra tutti i giardini appartenuti alle Sagge anche il mio.. E' davvero un pezzo straordinario, se non ti conoscessi farei una grande fatica a pensare che sia stato scritto da un uomo! Complimenti Ale!
Ps bellissima la trasposizione delle foglie cadute che nutrono l'albero..
la Zia Artemisia



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