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Porta sull'Altrove: Note di simbologia dello Specchio
Lunedì, 09 Giugno 2008 - 03:42 - 10902 Letture
Simboli «I am that which began;
Out of me the years roll;
Out of me God and man;
I am equal and whole;
God changes, and man, and the form of them bodily; I am the soul


Algernon Charles Swinburne, «Hertha»

L’apparenza illusoria e la rivelazione del vero, o ciò che permette di distinguere la realtà dall’illusione, sono ugualmente simboleggiati dallo specchio, il quale rappresenta inoltre la congiunzione degli opposti, come vero e falso, autentico e ingannevole, trasparenza e opacità, luce e oscurità, medesimo e altro, oppure il riflesso che irretisce, o ancora la seducente bellezza femminile: in particolare, gli occhi e la capigliatura.

Lo specchio può significare ciò che talvolta esso stesso sembra essere materialmente: una finestra che guarda lontano nello spazio e nel tempo, nel passato e nel futuro. Può essere un varco per i viaggi astrali. Può persino trasformarsi, come nella celeberrima fiaba di Alice, in un’autentica porta che permette di passare concretamente in un altro mondo. Può essere, dunque, una Porta sull’Altrove. Ma quale Altrove?

Si potrebbero elencare numerose possibilità. L’Altrove può essere ciò che è altro da noi, e l’alterità, anche se lo specchio medesimo avverte che la distinzione fra interiore ed esteriore è forse puramente illusoria, può essere sia esterna, come la natura selvaggia, sia interna, come la sessualità e l’istinto primordiale, o come l’immaginario, l’inconscio, il mondo infero: spazi dotati di un’autonomia irriducibile, pur essendo parte di noi. L’Altrove può essere inteso anche come estraneità assoluta rispetto a ciò che nel mondo attuale si suole considerare reale, vale a dire ciò che resta al di fuori del mondo materiale e razionale: il Numinoso in tutte le sue accezioni e manifestazioni. Inoltre, l’Altrove può essere interpretato come l’alterità assoluta rispetto alla vita, vale a dire quella condizione inconoscibile e ineffabile che è la morte, senza dimenticare che persino a questo proposito lo specchio suggerisce labilità di confini e reciprocità. Si potrebbe aggiungere che l’Altrove, inteso in tutti questi significati, e lo specchio, che lo simboleggia, rappresentino tutto ciò che attrae e al tempo stesso atterrisce l’uomo moderno, il quale vi reagisce con l’impulso a sottomettere e a dominare, a disprezzare e sminuire, oppure ad annientare.

Ognuna di queste immagini dell’Altrove riflette la Grande Dèa polinomica e polimorfica, «signora delle erbe dei fiori delle piante, signora delle belve e degli armenti, signora degli agricoltori e dei marinai, signora delle fanciulle mature per le nozze e delle spose feconde: a questo suo vastissimo mondo, che comprende tutta la gamma degli esseri viventi sulla terra, essa guarda benigna e soccorrevole, pronta a favorirne e proteggerne via via il prodigioso moltiplicarsi» (1).

E con lei sono riflesse nelle immagini dell’Altrove le divinità che incarnano i suoi numerosi aspetti: Diana, antica Dèa italica delle Selve; Artemide, Dèa della Natura Selvaggia, delle danze estatiche e del ramo sacro, Signora delle Belve; Persefone, Dèa della Morte e della Rinascita, Signora del Mondo Infero, in cui si possono riconoscere sia l’Aldilà, sia l’immaginario sia l’inconscio; Ecate, «trimorfa e quasi onnipotente», Sovrana degli Inferi, Dèa della Tenebra, delle Porte e dei Trivi, antica più ancora di Persefone; Afrodite, Dèa dell’Amore, possente quasi quanto Ecate, alla quale è talvolta affine; Kirke, Signora degli Animali, della Metamorfosi e dei Morti.

Figlia e sacerdotessa della Grande Dèa polinomica dalle numerose epifanie, la donna ne custodisce i poteri e gli attributi, incarna la metamorfosi e il rinnovamento in armonia con i cicli della Natura, è dispensatrice di vita, d’amore e di conoscenza, nonché d’ispirazione poetica e profetica: «la donna sola era fatta per attingere la divinità ed incarnarla» (2). In sé, ella custodisce l’Armonia e l’Altrove, a cui accede tramite il ritrovamento e la riscoperta, nella Dèa, di se stessa e delle proprie armonie: «la dèa porta in sé la donna, come la donna porta in sé la dèa» (3). La donna, dunque, è specchio agli occhi dell’uomo, che ne è attratto, e al tempo stesso atterrito, giacché ella incarna, prima ancora che rappresentare, tutto ciò che lo attrae e lo atterrisce.


GORGO: sguardo e maschera

«Before ever land was,
Before ever the sea,
Or soft hair of the grass,
Or fair limbs of the tree,
Or the flesh-coloured fruit of my branches, I was, and thy soul was in me


Algernon Charles Swinburne, «Hertha»



Esiste una divinità che è l’altro volto della Grande Dèa, come anche «l’altro aspetto della bella Persefone» (4). A lei, Athena, nell’osservare il proprio riflesso nell’acqua, si vide, con orrore, somigliante. È una dèa che fu decapitata da colui che ne guardava il viso riflesso da una lustra superficie: un guerriero la cui ombra riflessa sul mare fu successivamente azzannata da un mostro marino. Questa dèa è Gorgo, il cui volto è simile a uno specchio, per chi, seppure terrorizzato, osa fissarlo.

Figlie dell’«altero Forco» e di sua sorella, «Ceto dalla bella guancia», divinità degli abissi marini e terrestri, le Gorgoni, «tremende e innominabili» divinità marine, «avevano teste avvolte da scaglie di serpenti, zanne grosse come quelle dei cinghiali, mani di bronzo e ali d’oro, con cui potevano volare. Steno, il cui nome richiamava la forza, ed Euriale, appartenente al vasto mare, erano «immortali e prive di vecchiaia». Medusa, la sovrana, era invece mortale. Tramutavano in pietra coloro che le guardavano», e dimoravano «lontano dagli dèi e dagli uomini», «al di là dell’Oceano famoso, sul confine ultimo della notte, dove stanno le Esperidi dalla voce armoniosa» (5), ovvero nel mondo infero e tenebroso, in cui, anziché trovare silenzio, si udivano le «grida raccapriccianti» delle «schiere infinite dei morti» (6).

L’alterità radicale, pura e assoluta di questo mondo, al quale i vivi non possono accedere, se non eccezionalmente, come pure la confusione della Notte, l’orrore della Morte, il terrore primordiale e immotivato del Numinoso, ma anche l’estasi che la possessione infera produce, sono rappresentati da Gorgo, testa isolata che nessun essere umano può guardare senza morire all’istante. Oltre «sentieri sperduti e impervi», oltre «orridi nell’intrico di foreste», presso la sua dimora, «qua e là in mezzo ai campi, nei sentieri», si vedevano «figure di uomini e belve mutati da esseri vivi in granito» per averla vista (7). La sua testa, il suo volto, debbono essere paragonati a una maschera, simile a quelle che rappresentavano Ecate, e in suo onore si affiggevano. Essa era inoltre ciò che, come loro volto proprio, portavano al collo Artemide e Demeter Erinys (Demetra adirata). In essa, nel suo volto, come nello specchio, s’incrociano e si confondono gli opposti: maschile e femminile, giovane e vecchio, bello e brutto, umano e bestiale, celeste e infernale, divino e umano.

Dunque, Gorgo dimora nel mondo infero, accanto a Stige, Echidna e Cerbero. Come quest’ultimo, ella sorveglia le frontiere del regno di Persefone, ma non per impedire ai morti di uscirne, bensì per proibirne l’accesso ai vivi. Infatti, il vivo che voglia varcarne la soglia deve guardarla in faccia e diventare come lei: una testa tronca e mostruosa, ammantata di tenebre, simile a un’ombra o ad un riflesso in uno specchio: una testa di morto. Per il «verde orrore» che la «lucente Persefone» gli mandasse incontro dall’Ade la sua testa pietrificante, la quale annullava ogni identità, anche nella morte, Odisseo fuggì dall’«ombra nebbiosa» del mondo infero, in cui era sceso, vivo, seguendo le istruzioni di Kirke, per interrogare «le stirpi dei morti» (8). Specchio e maschera, Gorgo è simbolo dell’uscita da sé e dell’accesso all’Altrove, che può essere catabasi iniziatica, mediante l’invasamento e l’estasi erotica. La sua maschera rappresenta lo spirito del defunto, e la si indossa per mimare la potenza del mondo infero, estraneo tanto al mondo divino quanto al mondo umano.

Per simulare il «funereo lamento» che stillava con «luttuoso travaglio» dai «capi di vergini e dalle teste inaccessibili dei serpi» delle «violente Gorgoni», quando Medusa «dalle forti gote» fu uccisa da Perseo, la dèa Atena fabbricò il flauto (9). Chi ode o crede di udirne le note, che sono i suoni spaventosi del mondo infero e dell’Altrove, sprofonda nell’entusiasmo, nell’estasi, e si abbandona a una trance furiosa in cui è invasato dalla divinità, la quale gl’impone la maschera della possessione e lo monta come una cavalcatura, trascinandolo nel delirio. È la musica del terrore soprannaturale, la musica della Gorgone, anguicrinita figlia della Notte, dallo sguardo pietrificante. È la possessione di Ecate, dèa della Luna Nera, spesso evocata con il nome di Gorgo. Invaso dal terrore che ascende dal mondo infero, il posseduto danza all’orribile melodia del flauto, mimando la Gorgone, di cui indossa la maschera, e trasformandosi in essa, cioè in una potenza dell’Altrove.

Come uno specchio, la maschera di Gorgo rivela se stesso a chi la guarda, nella verità della propria immagine riflessa: il viso stravolto dell’invasato che danza nell’estasi terrifica [del terrore] alla musica infernale. Esige che la si guardi negli occhi, restandone affascinati, come dall’ombra o dal riflesso da cui non ci si può staccare, privati della vista e pietrificati dal terrore, smarriti nello sguardo alieno, accecati dal fulgore della Notte, spossessati di se stessi e posseduti dalla divinità, nella fusione e nella distanza del contatto intimo, come nell’amplesso degli amanti, proiettati e trasformati nel mondo che la divinità medesima governa, ovvero l’orrore terrificante dell’alterità radicale del mondo infero, il soprannaturale che è nell’umano: l’Altrove, in cui ci si identifica diventando pietra, e da cui si è posseduti. Allora Gorgo si specchia in chi la osserva e si riconosce nel proprio doppio, l’umano divenuto fantasma.

Come la maschera di Gorgo riflette l’Alterità con cui ci si identifica attraverso un incrocio di sguardi che pietrifica, così lo specchio riflette colui che guardandosi diviene altro da sé, qualcosa di enigmatico e di misterioso, come l’ombra, il fantasma, il doppio. Attraverso lo specchio, ci si riconosce e ci si ritrova, purché ci si divida, ci si distanzi da sé; si appaia a se stessi come esterni, estranei, altri. Così lo specchio è illusione, apparenza, e al tempo stesso la realtà dell’Altrove, «una potenza demoniaca e soprannaturale» (10). È una porta sull’ignoto, attraverso la quale ci si sdoppia e si diviene affini all’Altrove, cioè si vive l’esperienza essenziale, la quale consiste nel divenire altro da sé.

Qualcosa di analogo avviene nell’amore. Il delirio erotico è una forma di follia divina, ovvero di possessione da parte di una potenza soprannaturale (nonché di iniziazione ai Misteri). Quando gli amanti si guardano, e il flusso erotico scorre dall’uno all’altra attraverso gli occhi, l’uno si vede riflesso nella pupilla dell’altra come in uno specchio, vede se stesso attraverso l’altra, si perde, diviene altro da sé, si vede trasfigurato nell’altra come in uno specchio che non mostra il riflesso, bensì il volto della divinità da cui si è posseduti, l’alterità assoluta che si nasconde nel profondo, e che trasfigura gli amanti, illuminandoli con lo splendore dell’Altrove, con la luce e l’immagine della Bellezza. Così, per ritrovare se stessi attraverso l’amore, occorre perdersi nell’altro. Per l’uomo, questo significa perdersi nell’Altrove e nel Numinoso attrraverso la donna, ossia perdersi nella donna. Allorché il patriarcato prevale, quando l’armonia è infranta, tanto che il rinnovamento non appare più possibile, e perciò questa esperienza di smarrimento per giungere a ritrovarsi risulta spaventevole, annichilante, la donna appare all’uomo come una minacciosa incarnazione dell’annientamento. Non più una dèa della vita, bensì un demone della morte.

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Porta sull'Altrove: Note di simbologia dello Specchio | Login/crea un profilo | 5 Commenti
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Re: PORTA SULL’ALTROVE: Note di simbologia dello Specchio (Punti: 1)
da Violet 09 Giu 2008 - 03:53
(Info utente | Invia il messaggio) http://www.tempiodellaninfa.net)
...cosa posso dire di questa vera e propria opera d'arte...?
non so se ci sono parole che possano descriverla, o meglio, che possano descrivere ciò che ho provato leggendola... enigmatica sublimità che fluisce in parole misteriose e cariche di significato...
una meraviglia, in poche e semplici/semplicistiche parole...
leggerò di nuovo e rileggerò ancora questo tuo scritto, perchè occorre tempo per comprendere fino in fondo la miriade di contenuti e la loro bellezza...
Quanto all'appendice, che tu mi hai detto "si è scritta da sola"... beh... forse hai sperimentato leggermente quello che Alce Nero descrive come un "buco", ovvero una "porta" che lascia fluire parole e immagini direttamente dalle dimensioni sottili. Vuoi dire che, quindi, per un attimo sei diventato lo Specchio che tanto ami...?
Grazie per questo saggio... di nuovo mi inchino dinnanzi alla tua imponente bravura.
Con tutto il rispetto possibile...

Re: PORTA SULL’ALTROVE: Note di simbologia dello Specchio (Punti: 1)
da Elke 10 Giu 2008 - 04:23
(Info utente | Invia il messaggio)
Mi unisco a Violet nel dire che questo è davvero un canto di ispirazione e Bellezza!
Come hai saputo descrivere le antiche dee, e come concepisci con reverente rispetto e Amore il femminile, come nell'ultima parte si riesca quasi a vedere la radura incantata, le sacerdotesse e l'uomo che le osserva...sono tutte cose che emozionano.
Rileggerò quest'articolo, perchè credo che per cogliere tutto quello che dice servano varie letture.
Infiniti complimenti, sorrisi e inchini a te che hai saputo cogliere il femminile in maniera così potente...

Re: PORTA SULL’ALTROVE: Note di simbologia dello Specchio (Punti: 1)
da fabiola (favola61@libero.it) 13 Giu 2008 - 23:23
(Info utente | Invia il messaggio) http://.....)
mi sono allontanata dal tempio per un breve tempo che è durato un'eternità e al mio ritorno ho trovato un dono bellissimo che mi porterà avanti nel mio sentiero. Grazie Alessandro per l'amore, la sensibilità e la conoscenza che ci hai regalato e grazie anche per la bellissima visione finale che mi fa intravvedere in lontananza la fonte da dove sgorga il mio (nostro) essere. In questo specchio guardo e spero un giorno di entrare.

Re: PORTA SULL’ALTROVE: Note di simbologia dello Specchio (Punti: 1)
da fairymoon (alphazulu@interfree.it) 23 Giu 2008 - 13:34
(Info utente | Invia il messaggio)
un lavoro imponente e ricco di passione, di suggestioni, di competenza e di amore, un lavoro splendido!
grazie infinite, lascia senza fiato!

Re: PORTA SULL’ALTROVE: Note di simbologia dello Specchio (Punti: 1)
da Alessandro 24 Giu 2008 - 01:50
(Info utente | Invia il messaggio) http://creviceweeds.over-blog.net)
Non so come ringraziarvi per le vostre generose parole, che mi rendono felice, ma quello che c’è di buono in questo testo lo devo a voi, perché sebbene la strada per giungere qui sia stata lunga e il cammino sia tutt’altro che concluso, senza arrivare al Tempio e all’Isola, e senza incontrare voi, non avrei mai potuto «vedere nello Specchio» e scriverlo…Vi abbraccio forte… Grazie!



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